Donatello e l’Uomo della Croce
Straordinario impatto emotivo ha sul visitatore accedere al Salone dei Vescovi del Museo diocesano di Padova e trovarsi di fronte il Crocifisso della chiesa di Santa Maria dei Servi, della cittadina euganea, che solo recentemente è stato attribuito a Donatello (1386-1466). Stupore ancor più grande è scorgere, a poca distanza da questo capolavoro, altri due crocifissi di inestimabile valore e bellezza, quello bronzeo della Basilica di Sant’Antonio e quello ligneo proveniente dalla chiesa di Santa Croce a Firenze. C’è chi si è commosso fino alle lacrime e non senza motivo.
La storia del Crocifisso dei Servi è più che singolare. L’opera fu oggetto di una amnesia attributiva dal Cinquecento fino quasi ai giorni nostri, anche perché il Crocifisso divenne soprattutto oggetto di devozione, essendo prima di tutto considerato «miracoloso»: nel febbraio del 1512, e nella successiva quaresima, il Crocifisso, infatti, trasudò sangue.
I professori Marco Ruffini e Francesco Caglioti, oggi docenti rispettivamente nelle Università di Roma e di Napoli, solo qualche anno fa attribuirono l’opera a Donatello. Ruffini, nel 2006, aveva scoperto, nella biblioteca della Yale University, una postilla di un anonimo lettore padovano del Cinquecento a margine delle Vite di Giorgio Vasari che diceva: «Ha ancor fato il Crucifixo quale hora è in chiesa di Servi di Padoa» cioè: (Donatello) ha fatto anche il Crocifisso della chiesa dei Servi a Padova. Successivi riscontri hanno portato all’attribuzione (condivisa da quasi tutti gli storici dell’arte) dell’opera a Donatello.
Quindi nel 2013 è cominciato il restauro, eseguito nei laboratori di Udine dalle Soprintendenze del Veneto e del Friuli. È stato un intervento estremamente rispettoso, che ha tenuto conto della storia particolare del Crocifisso che oggi, tolta la patinatura in finto bronzo, è tornato a mostrare l’originale policromia del legno. Ci sarebbe da chiedersi se ora la bellezza di questa scultura non finirà per adombrare la devozione dei fedeli. Risponde padre Cristiano Cavedon, parroco della chiesa dei Servi di Maria (che sono tornati a Padova solo dal settembre del 2014): «La riscoperta della paternità dell’opera, attribuita a Donatello ormai senza ombra di dubbio, potrebbe farci correre il rischio di rendere questo Crocifisso un mero simbolo culturale e artistico, facendoci perdere il valore devozionale e miracoloso. Correremmo il rischio di dimenticare la lunga storia di questo Crocifisso e di svuotarlo di significato. È pertanto doveroso, e nostro compito, trovare il giusto equilibrio tra arte e fede». Il 14 settembre 2015 l’opera verrà ricollocata dov’era: nella chiesa dei Servi, nella cappella a sinistra del presbiterio, tra i rilievi novecenteschi in impasto di gesso dello scultore Renzo Canella.
Elisabetta Francescutti, della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Veneto, ha diretto l’intervento di restauro e spiega: «È una scultura straordinaria, di legno di pioppo, dalle fattezze umane delicate. Il volto ha una sofferenza composta e quasi serena, la pelle ha ora i colori della carne umana, i piedi e le mani traccia dei chiodi e del sangue, la bocca semiaperta nell’atto di pronunciare le ultime parole. È un Cristo che esprime misericordia prima ancora che sofferenza». E sul restauro aggiunge: «Ci ha permesso di veder nascere una scultura completamente nuova. La pellicola pittorica, simulante il bronzo, condizionava anche la percezione della forma. È stato un restauro abbastanza veloce, perché l’opera è uscita dalla chiesa dei Servi nell’aprile del 2013. Abbiamo ultimato la fase diagnostica, con un passaggio alla Venaria Reale per fare la TAC, nel luglio 2013. Abbiamo cominciato a lavorare effettivamente nello stesso mese e l’opera è già in mostra. Forse anche noi siamo rimasti stupiti dal grande impatto di questa scultura, perché c’è un naturalismo talmente marcato che si ha veramente l’impressione di trovarsi di fronte a un uomo vero». Un convegno tutto dedicato al restauro del Crocifisso dei Servi è in programma il 15 maggio a Udine.
«Ci siamo volutamente concentrati sul tema della croce», dice Andrea Nante, direttore del Museo diocesano e curatore di questa mostra «Donatello svelato», insieme a Elisabetta Francescutti.
Al museo infatti, di fianco a quello dei Servi, campeggia un altro crocifisso, a noi ben noto, quello della Basilica del Santo (1443/’44-1449) eccezionalmente trasferito qui dalla sua sede abituale. Visto da vicino, non sembra quasi opera umana. Colpiscono la perfezione delle forme, l’armonia, la compostezza del corpo. È il più precoce crocifisso in metallo fuso a grandezza naturale che fece scuola nell’arte italiana. Come scrive Caglioti nel catalogo (Marsilio): «Capace come pochi, tra gli innumerevoli Crocifissi che mai si siano visti, di esaltare la morte quale vittoria, nel più pieno inveramento del Vangelo».
Il terzo crocifisso di Donatello, che precede cronologicamente gli altri due, arriva dalla chiesa di Santa Croce di Firenze. È un’opera in legno di pero, intagliato e dipinto (1408-1409), dove è ancora evidente l’influenza del tardo gotico. Questo crocifisso è protagonista di un famoso aneddoto: Donatello avrebbe mostrato l’opera al Brunelleschi che biasimò l’amico per «aver messo in croce un contadino».
Secondo monsignor Paolo Doni, vicario generale della diocesi di Padova, «questi crocifissi parlano, accolgono, sono anche opere di una grande fede. Solo persone che hanno avuto una grande esperienza di fede possono fare opere del genere. Riflettono l’esperienza interiore vissuta dal Donatello che sembra voglia fare del Cristo l’emblema di tutte le sofferenze della storia».
Donatello a Padova
Sempre a Padova, ai Musei civici agli Eremitani e a Palazzo Zuckermann sono allestite, fino al 26 luglio, le mostre «Donatello e la sua lezione. Sculture e oreficerie a Padova tra Quattro e Cinquecento»: vi sono esposte anche numerose opere provenienti dal complesso basilicale, perché parlare di Donatello a Padova significa soprattutto Basilica del Santo. Qui, infatti, si trovano un numero straordinario di suoi capolavori, oltre ai contratti superstiti tra Donatello e i Massari dell’Arca, alle attestazioni dei pagamenti conservati nell’archivio della Veneranda Arca. E qui dal 29 maggio su Donatello c’è un’altra mostra. Ha spiegato il professor Leopoldo Saracini, direttore del Museo antoniano: «una mostra permanente che parte col giugno antoniano di quest’anno. Si tratta di un momento propedeutico e didattico per poter visitare l’altare della Basilica con le opere del Donatello.
Sono visibili materiali che noi abbiamo in deposito presso il Museo antoniano: calchi in gesso, documenti della Veneranda Arca che testimoniano la presenza di Donatello al Santo». Si può ripercorrere la complessa storia dell’altare maggiore, che oggi non è quello originale concepito da Donatello (su cui si sono fatte tante ipotesi) ma è la ricostruzione ideata nel 1895 da Camillo Boito.
Donatello (che viene definito negli archivi Maistro Donato da Fiorenza intalyatore) restò a Padova dal 1443-44 fino al 1454 circa: fu un artista travolgente, creativo, instancabile. Con lui iniziò il Rinascimento. Aggiunge l’ingegner Lamberto Briseghella, consulente della Veneranda Arca del Santo che si è occupato dell’allestimento di questa mostra: «Donatello arrivò a Padova a 57 anni, un’età abbastanza avanzata per l’epoca, e iniziò la lavorazione del bronzo, assai impegnativa. Deve aver lavorato al maglio (nei documenti mayo, fonderia) in via Orto botanico, dove riuscì a coinvolgere e a travolgere orafi e altri artisti in uno slancio che poi continuò per anni. Qui in Basilica c’è la storia di Padova e anche dell’arte italiana di quel periodo». Oltre al Crocifisso, al monumento equestre del Gattamelata (Erasmo da Narni), la celebre statua della piazza antistante la Basilica, per cui lo stesso ingegner Briseghella auspica un serio progetto di studio e un piano di interventi, Donatello al Santo lasciò un numero ingente di capolavori.
Già da aprile scorso sono possibili visite guidate al presbiterio della Basilica dove si trovano le opere di Donatello di solito non visibili da vicino (previa prenotazione infobasilica@ santantonio.org).
Ci sono i bassorilievi con i miracoli del Santo (come quello della mula, del neonato che parla, del cuore dell’avaro e del piede riattaccato), la Pietà, la Deposizione in pietra di Nanto e le statue dellaMadonna, di sant’Antonio, di san Francesco e di altri santi. Tutti capolavori di un genio ineguagliato.
INFO
Donatello svelato. Capolavori a confronto
Padova Museo diocesano
Fino al 26 luglio 2015
Tel. 049 8761924
e-mail info@museodiocesanopadova.it;
sito www.museodiocesanopadova.it