In dono un mondo «a portata di mouse»
«Sono un prete indigeno». Si presenta così padre Eulogio Quito. E aggiunge: «Eulogito per gli amici», fondendo insieme ironicamente il suo nome e cognome in una parola che in spagnolo diventa un diminutivo, come a dire «Eulogiuccio». Indio nell’anima e nell’aspetto: il viso tondo e un casco di capelli dritti e scurissimi. È parroco a Sibambe e Huigra, due puntini minuscoli sulla carta geografica, in una zona montagnosa e desertica nella provincia di Chimborazo, in Ecuador. Appartiene alla diocesi di Riobamba, la stessa nella quale fu vescovo il grande Leònidas Eduardo Proaño Villalba (1910-1988), ancora ricordato come taita Proaño, «papà Proaño» in lingua quechua, perché aveva fatto propria la causa degli indios, il popolo più umile, emarginato e povero del Paese. Eulogito sembra uno dei suoi discepoli, così vigile e attento alle necessità della sua gente, così severo quando qualcu-no ap-profitta della loro buona fede. «Di solito siamo dimenticati da tutti. Ora in campagna elettorale, i politici corrotti arrivano fin qui, chiedono il voto, si atteggiano a vittime». E aggiunge: La ley es solo para el del poncho, letteralmente «la legge colpisce solo quelli che portano il poncho», lo scialle tipico dei contadini indios: un modo per dire che in galera ci finiscono solo i ladri di galline e i poveri cristi.
Anche i suoi parrocchiani portano il poncho. «Sono poverissimi – spiega Eulogito –, però hanno fede, speranza, valori». È per loro che bussa alla porta di Caritas Antoniana. Non chiede grandi somme. Non ha in mente grandi progetti. A sorpresa vuole tre computer per i ragazzi della parrocchia di Sibambe, che in casa magari non hanno abbastanza da mangiare. «Vorrei collegarli a internet – spiega –. Il futuro dipende dalla rete. Se loro non ne sapranno niente, saranno tagliati fuori dall’era dell’informazione, non tro-veranno lavoro, saranno sempre meno liberi». Eulogito sa vedere lontano, oltre le sue montagne a quadratini verdi e ocra, oltre la povertà della sua gente. E il suo sguardo è una piccola grande profezia.
È ormai dalla seconda metà degli anni ’90 che è emersa una nuova disuguaglianza, destinata ad aggravare le povertà del Sud del mondo e a compromettere lo sviluppo di interi Paesi. Si chiama digital divide, ed è il divario esistente tra coloro che hanno accesso alle nuove tecnologie dell’informazione, soprattutto a internet, e coloro che ne sono esclusi. Nel 2003, i Paesi dell’Ocse, quelli cioè più sviluppati, detenevano il 50 per cento delle linee telefoniche del mondo e il 67 per cento degli utenti di internet. Oggi l’Africa, pur rappresentando il 12 per cento della popolazione mondiale, ha solo l’1 per cento di utilizzatori di internet; di questi la maggior parte vive in Sud Africa, uno dei Paesi più sviluppati del Continente.
L’esclusione dalle nuove tecnologie è un fatto gravissimo, perché oggi tutte le attività umane dipendono dal potere dell’informazione e dalla capacità di produrre continue innovazioni tecnologiche. L’accesso a queste tecnologie è quindi fondamentale per lo sviluppo sociale ed economico di un Paese, così come lo era l’elettricità nell’era industriale.
Inoltre, la velocità dei cambiamenti rende i ritardi sempre più incolmabili, e rischia di allargare a dismisura le disuguaglianze tra Nord e Sud del mondo.
Già nel 1999, Kofi Annan, segretario generale dell’Onu, affermava che per i Paesi poveri «esser tagliati fuori dai servizi di telecomunicazione è una difficoltà grave quasi quanto la mancanza di cibo, lavoro, abitazione, assistenza medica e acqua potabile».
Oggi il digital divide è inserito puntualmente nell’agenda dei grandi incontri internazionali. Favorire l’accesso dei Paesi poveri alle nuove tecnologie è diventata un’altra grande frontiera della solidarietà.
Caritas Antoniana ha iniziato da tempo a raccogliere questa sfida. Negli ultimi cinque anni, ha finanziato sette microprogetti proposti dai missionari per avviare o aumentare le competenze sulle nuove tecnologie dei ragazzi delle loro parrocchie e delle loro scuole, per un totale di 34 mila euro. «Per noi – afferma padre Valentino Maragno, direttore della Caritas Antoniana – la formazione ha sempre avuto una grande importanza. Se si vuol dare a un popolo, o anche a una sola persona, la possibilità di reggersi sulle proprie gambe, di guadagnarsi da vivere, di conoscere i propri diritti, bisogna dargli la possibilità di accedere alle informazioni e ai saperi che gli servono. Ieri ci impegnavamo a dare un’istruzione tradizionale, oggi, accanto a quella, siamo disponibili a facilitare la conoscenza delle nuove tecnologie. Siamo convinti che è un investimento prezioso, per i ragazzi e per i loro Paesi».