Dottor Di Bella

04 Marzo 1998 | di
   
   

Non so davvero se lei leggerà  la lettera, anche se in essa parlo di ciò che la vede al centro di un concitato e per tanti versi doloroso dibattito, o magari proprio per questo.   

 

 non mi sono ingannato sul suo carattere, e sul suo modo di pensare, la vedo assai poco incline a distrarre una parte, pur minima, del tempo che destina al suo laboratorio, e alla cura del cancro, per cose che devono sembrarle trascurabili, se non addirittura futili.

Confido, tuttavia, che possa indurla a fare un'eccezione il fatto che non di lei soltanto si tratti, ma di una vicenda clamorosa e drammatica, e fino a pochi mesi fa impensabile, che riguarda tutti: investe, infatti, questioni gravi e scottanti, per esempio quelle dell'effettiva garanzia del diritto alla salute, incluso come fondamentale nella nostra Costituzione, e del potere della cosiddetta medicina ufficiale nelle proprie articolazioni accademiche e istituzionali; e ciò ha per materia il tormento del malato e dei suoi familiari, i quali ripongono la speranza di sfuggire a quello che per loro è l'inferno grazie al metodo di cura, alternativo agli strazi e alle umiliazioni della chemioterapia, dovuto proprio a lei, dottor Di Bella. Vorrei, intanto, esortarla a non adombrarsi per le molte prove di malagrazia che la circondano; lei, dopotutto, appare come il vincitore di uno scontro che l'ha opposta, nientemeno, al sistema sanitario nel suo complesso; al punto che quanti fino a ieri la trattavano con sbrigativo disprezzo accettano ora di condurre, a condizioni definite con lei, una sperimentazione del suo metodo imposta a 'furor di popolo'.

Ma davvero, come ha scritto la più autorevole rivista medica del mondo, 'The Lancet', che in inglese significa 'Il bisturi', parola quanto mai appropriata, siamo testimoni di 'un grande fenomeno di suggestione collettiva'? Ossia, per dirla in altro modo, di una sorta di allucinazione, con gli ingannati dal miraggio che riescono a trascinare gli altri, compreso chi ha l'autorità  per decidere? Di certo, c'è stato un moto d'inconsueta rapidità  e potenza, dovuto non a un indistinto umore popolare, ma a un'autentica 'opinione pubblica'; così dev'essere definita, perché è stata capace di motivare le sue richieste, e di trovare i canali adatti ad esprimerle, coagulando consensi e promuovendo interventi.

È fenomeno di sempre il 'sentire diffuso', per dir così, che esprime uno stato d'animo o un'opinione largamente condivisa, ma è dei nostri giorni la fulminea efficacia che esso può ricavare dal circuito comunicativo - radio, televisione, stampa - il quale influenza le istituzioni (governo, parlamento, partiti, regioni, tribunali), provocando un'onda emotiva alimentata da argomentazioni suggestive, che suscitano strumenti persuasivi e perciò, in qualche modo, di pressione.

Infatti, abbiamo visto un ministro contestato, per il quale si è fatta l'ipotesi - subito, in verità , lasciata cadere - di una mozione di 'sfiducia individuale', e poi cortei di ammalati, e persino le cure ordinate dai pretori. Non poteva mancare la savia osservazione che non si decidono le terapie per referendum, o per sentenze: argomento ineccepibile, anche se questa volta non del tutto pertinente, perché a essere rivendicato era il diritto di scegliere tra le cure e il modo di darvi concretezza.

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'era, inoltre, la convinzione di ribellarsi a un'arroganza con qualche tratto di soperchieria, sebbene lei sia uscito più forte e risoluto proprio dalle derisioni, a volte persino ingiuriose, di non pochi dignitari della medicina ufficiale. Da qualcuno è stato definito 'ciarlatano'; ma in televisione, con il suo fragile muoversi nel marasma suscitato dalla querelle, sordo alla concitazione, di poche e semplici parole, lei era la negazione di ogni ciarlataneria; e refrattario, per giunta, a ogni tentazione furbesca. Seppure schietto quando occorre, non di meno si è messo sotto i piedi ogni diplomazia.

'Il cancro è una malattia ricca, essa mobilita tutti i mezzi per difendersi, per esistere, e continuerà  a farlo', ha detto in una conferenza stampa, a Bruxelles, dove l'avevano invitato a parlare ai deputati del Parlamento europeo. 'Chi soffre di tumore rinuncia a tutto pur di lottare - ha aggiunto - perché di cancro si muore, e male, e soffrendo, e lungamente. Allora vende ogni cosa, anche la casa, e si rovina. C'è una casta che sul tumore si arricchisce. Ci sono case farmaceutiche con bilanci pari a quelli di una media potenza. Secondo voi, che cosa conviene loro? Se di tumore si guarisce, gli affari sono finiti. Le lobby sono potenti, anche nella politica, anche nei Parlamenti. Non posso fare nomi, ho già  avuto un attentato. Da allora mi sono confinato nel mio laboratorio. Prima, tutte le mattine andavo a lavorare in bici. Una volta mi risvegliai in ospedale. Non so altro. Mi avevano tirato un sasso. Da allora vivo dove lavoro. Stendo una coperta su una poltrona e dormo lì'.

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arole crude, che a taluno è parso non le somigliassero. Ma che hanno avuto un'eco allarmata e ammonitrice in quelle pronunciate, poi, da Scalfaro. Parole, insomma, che suonano come un'invettiva, e proprio per questo hanno il potere di trarci, bruscamente, da sonni, pigrizie e rassegnazioni. Un dire le cose ben diverso da quello ovattato e aulico dei membri delle grandi corporazioni, che pone un problema drammatico: i poteri economici hanno dimensioni mondiali, mentre quelli di controllo e regolazione possono essere esercitati, ancora oggi, soltanto dai singoli stati nazionali.

La sproporzione, evidente, è la stessa che si coglie nella sua vicenda di isolato, di uscito dall'oscurità , che deve misurarsi con avversari agguerriti e aggressivi. Per ora, solo un portento scaturito dall'azione dei mass media ha bilanciato lo squilibrio. Ma la tensione è alta. Sebbene le sia stato rivolto da alcuni autorevoli personaggi della medicina un attestato di attendibilità , volonteroso e prudente insieme, il Comitato etico dell'Istituto Tumori di Milano ha denunciato la decisione di sperimentare la sua cura come 'il frutto di una pressione sociale ed emotiva che contrasta con le linee guida di una buona pratica clinica', e inoltre 'rischia di sovvertire un consolidato metodo scientifico, uso a imporre rigorose sperimentazioni prima della somministrazione di qualsiasi terapia'.

Intanto, va detto che nessuno, e lei meno tutti, propugna l'abbandono dei metodi di cura finora praticati; e proprio in questa realtà , oggi enormemente enfatizzata dall'effetto moltiplicatore dei mezzi d'informazione, va ricercata la causa profonda che ha scatenato una sorta di tempesta nella sanità  italiana. Lei, modesto e schivo, intendeva offire non soltanto una speranza nuova, bensì qualcosa d'altro: una strada per evitare la chemioterapia, con le sue attuali, solitarie risorse, ma anche con i suoi veleni e la penosa condizione in cui, non di rado, fa precipitare il malato.

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n acuto cronista - Pierangelo Sapegno, de 'La Stampa' - ha interrogato decine di ammalati e di loro familiari tra quanti tentano in tutti i modi di farsi includere nella sperimentazione. Le risposte convergono tutte nell'indicare una volontà  di fuga da una condizione spesso insopportabile perché vissuta con il sentimento del dubbio, se non anche dell incredulità  e della rassegnazione.

È la rivelazione di una crisi di sfiducia che porta con sé anche giudizi ingiusti e generalizzazioni arbitrarie, ma guai a non tenerne conto. Lei non aveva certo in mente di scatenare il finimondo: perseguiva il disegno della sua vita, e sarebbe stato pago di un confronto scientifico senza partiti presi. Suo malgrado, ne sono convinto, è diventato un simbolo dell'antisistema.

Ciò vuol dire che d'ora in avanti ogni sua parola avrà  una risonanza centuplicata. Non credo che ciò la turbi e le impedisca di restare, sino in fondo, fedele a se stesso. È stato a lungo un ricercatore solitario; finché, davanti all'ostinato rifiuto di ascoltarla, si è imposto come un interlocutore di pari dignità . Per giunta, 'a furor di popolo'. 'Se continuiamo a ripetere le domande - ha scritto Rilke - finiremo con l'entrare insieme nelle risposte': vale anche per lei, dottor Di Bella, e per il dialogo che stoltamente le veniva negato. Vale per la lotta contro il male, e quindi anche contro il cancro.

Mi pare di sapere, senza conoscerla, che lei sarà  prudente nell'amministrare i primi segni della sua rivincita, tenendosi lontano dalla tentazione di rincararla; sapendo che i malati non sono dei 'fans& ma delle persone deboli, spesso senza voce, e che una grande quantità  di medici legati a terapie ormai convenute, e quasi di routine, sperano purtroppo a loro volta che la via da essi intrapresa abbia in serbo, non dobbiamo escluderlo pregiudizialmente, un panorama più rasserenante. Non credo, infine, di sbagliare credendola persuaso che questa battaglia esige l'umiltà  di chi si misura non solo con la durezza e la crudeltà  del dolore, ma anche con il suo mistero.

Ogni buon augurio, da tutti. Sincero e, può ben capire, terribilmente interessato. l

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017