Due piccole stelle nel cielo di Gaza

L’esigua comunità cattolica di Gaza City apre due case di accoglienza per bambini e adolescenti disabili, due segni di pace in un territorio impoverito dall’embargo israeliano e lacerato dalla guerra.
27 Dicembre 2011 | di

Sovraffollata, distrutta dalle guerre, sottoposta a un embargo pesante da parte di Israele, governata da un partito fondamentalista, la striscia di Gaza, con i suoi 40 chilometri di lunghezza per 10 di larghezza, è uno dei luoghi più difficili del Medio Oriente e più caldi della terra. Ci vivono circa 1 milione e 400 mila persone, in maggioranza profughi, con un’età media che si aggira sui vent’anni. Scarsi i servizi, quasi nulle le possibilità di lavoro, mentre l’esasperazione cresce e con essa la rabbia e la deriva fondamentalista. In questo contesto vive una piccola comunità di cattolici, 250 in tutto, riuniti nella parrocchia della Sacra Famiglia a Gaza City. È una delle comunità più antiche, risalenti alle origini del cristianesimo, eppure oggi appare come un corpo estraneo, un innesto innaturale. Essere arabi e cristiani sembra, infatti, una contraddizione. «In quanto palestinesi – spiega Tommaso Saltini, direttore di Ats Pro Terra Sancta, la ong della Custodia di Terra Santa con la quale Caritas Antoniana sta collaborando – subiscono il blocco israeliano, con tutte le sue limitazioni, di movimento ma anche di mancanza di cibo, di medicine, di acqua pulita; in quanto cristiani vengono considerati aperti simpatizzanti dell’Occidente» e quindi dalla parte di Israele. In questa posizione, tra incudine e martello, la piccola parrocchia cerca di essere segno di distensione e pace: «La chiesa – afferma Jorge Hernandez, il giovane parroco argentino della Sacra Famiglia, appartenente alla Comunità del Verbo Incarnato – è carità operante. Non possiamo fare tutto, ma possiamo dare il nostro contributo, essere testimonianza in modo particolare qui, nella terra dove un tempo passò la sacra famiglia».

La parrocchia segue con attenzione i giovani e le famiglie povere, grazie all’aiuto delle suore Missionarie della Carità e di quelle del Rosario. Da qualche tempo si è fatta carico di un’altra emergenza, aggravata dalla povertà, di cui nessuno si occupa: «Sono cresciuti esponenzialmente – spiega padre Hernandez – i casi di disabilità fisica e mentale, dovuti per il 46 per cento alla mancanza di assistenza sanitaria alla nascita». I problemi non derivano solo dalle difficoltà oggettive, vi è un retaggio culturale che dipinge la disabilità come una maledizione, un castigo divino, una vergogna da nascondere. «Molti bambini peggiorano per non aver avuto cure adeguate fin dal primo momento», mentre non esiste alcuna forma di assistenza da parte del governo.
 
L’impegno della Chiesa locale
E così, di recente, le congregazioni religiose presenti nel territorio hanno aperto le loro case ai bambini disabili in gravi condizioni di abbandono: «Le nostre quattro sorelle della Carità – racconta padre Jorge – hanno aperto la Casa della pace per accogliere i bambini da 0 a 11 anni, mentre noi padri del Verbo Incarnato ci dedichiamo ai più grandi, che le sorelle non riescono più ad assistere adeguatamente. Le nostre case però non erano attrezzate per accogliere bambini e ragazzi che hanno bisogno di un’assistenza totale, 24 ore su 24. Bisognava abbattere le barriere architettoniche, ristrutturare i bagni, comprare mobilio adeguato ed attrezzature mediche. Tutte spese straordinarie, fuori dalla nostra portata».

Il segno di carità non poteva però fermarsi a un pugno di casi, per quanto gravi; doveva diventare una luce, un seme per tutta la Palestina, visto il grande numero di bambini disabili che a tutt’oggi giacciono emarginati e senza cure nelle povere case dei palestinesi. Ma come fare? «Abbiamo pensato di organizzare – riprende Saltini – corsi di formazione sul tema del rispetto, della cura e della tutela dei disabili in varie città palestinesi, con l’intento di sensibilizzare i ragazzi delle scuole e le famiglie».
La ristrutturazione delle case per i piccoli disabili e i corsi di formazione sono confluiti in un unico grande progetto, chiamato «Emergenza Gaza, farsi carico degli ultimi. Accoglienza e formazione», un pacchetto d’interventi che Ats Pro Terra Sancta ha proposto a Caritas Antoniana. «La nostra istituzione – spiega padre Valentino Maragno, direttore di Caritas Antoniana – ha sostenuto la prima parte del progetto, quella riguardante l’adeguamento delle due case, l’acquisto di tutte le attrez­zature necessarie e delle medicine, perché ritenuto più urgente. Una somma di 25.500 euro è stata inviata nel luglio del 2010. I lavori sono stati conclusi l’11 maggio scorso». Oggi le due strutture accolgono in tutto trentaquattro minori, offrendo un’assistenza adeguata alla loro condizione e, nello stesso tempo, ricca di pazienza e di amore, che nessuna istituzione è in grado di dare a Gaza.
Scrive padre Pierbattista Pizzaballa, frate minore, custode di Terra Santa e presidente di Ats: «Grazie per il sostegno che avete dato al progetto “Emergenza Gaza”. Gli ultimi anni sono stati difficili per tutti i cristiani di Terra Santa, sia nei Territori palestinesi che in Israele. Il sostegno della comunità cristiana, dove i bisogni delle “pietre vive” più fragili continuano a rimanere particolarmente urgenti, è di fondamentale importanza. Siamo riconoscenti verso Caritas Antoniana e verso i vostri amici e sostenitori. Vi chiedo di continuare ad accompagnare, insieme a noi frati, la comunità cristiana locale. È un modo semplice ma concreto per diffondere quel messaggio di speranza che i Luoghi Santi desiderano comunicare al cuore di ogni uomo».
 
Il progetto in breve

. Ristrutturazione bagni,
abbattimento barriere architettoniche, mobilio, medicine

. Periodo:
Luglio 2010 – Maggio 2011

. Costo totale:
Euro 25.500
           

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017