E’ Cristo il seminatore del Vangelo

08 Gennaio 2000 | di
   
   
LA PAROLA DI ANTONIO      

Il seminatore è Cristo. Trovi scritto nella Genesi: «Isacco seminò nella terra di Gerar e in quello stesso anno raccolse il centuplo» (Genesi 26,12). Isacco s'interpreta «gaudio», ed è figura di Cristo che è il gaudio dei santi. L'espressione «nella terra di Gerar» raffigura, invece, questo mondo. Nella terra di Gerar dunque, cioè in questo mondo, Cristo ha seminato tre specie di sementi: la santità  della sua vita esemplare, la predicazione del regno dei cieli, il compimento del miracoli.
«E in quello stesso anno raccolse il centuplo». Rammenta che tutta la vita di Cristo è detta «anno del perdono e della misericordia». Come, infatti, nell'anno ci sono quattro stagioni: l'inverno, la primavera, l'estate, l'autunno, così nella vita di Cristo ci fu l'inverno della persecuzione di Erode, la primavera della predicazione - e allora apparvero i fiori (Cantico dei cantici 2,12) - , ci fu l'estate della passione, c'è infine l'autunno della sua risurrezione, per la quale, soffiate vie le paglie della sofferenza e la polvere della mortalità , unita al Verbo, gloriosa e immortale, fu posta alla destra di Dio Padre. Giustamente, dunque, è detto «In quello stesso anno raccolse il centuplo».

( Sermone dom. di sessagesima, l, n. 3) ( Sermone dom. di sessagesima, l, n. 3)

 

 Commento

PICCOLI SEMI PER UN GRANDE RACCOLTO

L'interpretazione antoniana della parabola del seminatore ci apre a una lettura davvero profonda e originale dell'anno giubilare: il seminatore è Cristo stesso che viene a visitarci. Antonio fa osservare che «tutta la vita di Cristo è detta anno del perdono e della misericordia». Anche per noi, quindi, l'anno giubilare può divenire presenza viva di Cristo nella nostra vita, se ci apriremo alla divina seminagione di grazia che il Signore vuole donarci.
Come tutto ciò possa avvenire ci viene spiegato dalla stessa lettura di Antonio della parabola. Il seme è Cristo stesso, e le difficoltà  che esso incontra prima di essere accolto e di attecchire nel terreno buono sono le incomprensioni e le ostilità , culminate nella croce, che incontrò nella sua vita. Tuttavia, le umiliazioni, i fallimenti e le sofferenze non resero vana la sua missione, che anzi si realizzò proprio attraverso tali difficoltà .
Antonio vuol fare comprendere che se da una parte la parabola illustra la vita di Gesù, dall'altra fornisce importanti indicazioni per rinnovare la nostra vita cristiana. Antonio ci parla di quattro stagioni: due ricche di fragranze e due che sanno di aridità  e di prova. Lo sappiamo bene com'è fatta la vita: se non è solo sofferenza, essa non manca di portarci spesso stagioni e momenti di prova. Queste stagioni dure e sfavorevoli sono, però, la preparazione nascosta e silenziosa di un nuovo periodo di fruttificazione, se sapremo viverle con amore e con fede. Entreremo dunque nel piano di Dio, e nel suo divino Giubileo, se la grazia divina ci farà  comprendere l'importanza di essere umili, e di saper accettare difficoltà  e prove come occasioni di amore e di dono. È, insomma, la logica del seme vissuta da Gesù, lui stesso piccolo seme preso e gettato nel campo della storia umana.
Sappiamo tutti come sia difficile vivere così. Antonio ci invita a vivere il Giubileo come occasione speciale di grazia, per crescere in una fede che crede anche senza vedere, e in una speranza contro ogni speranza. Il Giubileo non sarà  passato invano se mi insegnerà  a essere un poco più umile, nascosto, e modesto, meno arrogante e arrivista, e a «portare frutto», non nonostante, ma grazie alle resistenze, alle difficoltà  e alle prove, vivendole come altrettante occasioni di amore. Nella speranza, che è già  certezza, di raccogliere il centuplo.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017