Editoriale

01 Giugno 2001 | di

Si chiamava Jonathan. Un nome bello e impegnativo, così diverso dalla tradizione siciliana. È il bambino di otto mesi la cui dolente vicenda è riuscita a emergere dall`€™intasamento mediatico post-elettorale. Aveva otto mesi, Jonathan, e i genitori lo stavano portando dalla Sicilia all`€™ospedale pediatrico di Genova. Una meta mai raggiunta perché il loro viaggio si concludeva mestamente a La Spezia, quando il piccolo cuore di Jonathan cessava di battere. Avevano viaggiato in treno, non potendo permettersi l`€™aereo: un biglietto carico di speranza e di sogni per una vita che si sarebbe voluta più lunga.

 

Non ci poteva essere ricordo più appropriato di quello di Jonathan ad accompagnare il tema del classico appuntamento di giugno. O meglio, degli appuntamenti: la campagna di solidarietà  proposta e promossa dalla Caritas antoniana e la memoria di sant`€™Antonio.

 

L`€™iconografia antoniana di maggiore successo raffigura il Santo con il Bambino in braccio. Il riferimento è all`€™episodio avvenuto, secondo la tradizione, a Camposampiero dove Antonio s`€™era ritirato, esausto, nell`€™ultimo mese della sua vita. Lì, gli sarebbe apparso il Bambino. Vero, non vero, miracolo o no, l`€™episodio sta a dire della profonda e vibrante esperienza del Santo con la realtà  umana di Gesù Cristo. Un`€™esperienza analoga a quella vissuta pochi anni prima dal suo «maestro» e «padre», Francesco, nel luogo della Verna, quando ricevette le stimmate. Ma di Francesco si ricorda anche l`€™intensa commozione e gli occhi bagnati di lacrime quando, nella grotta di Greccio, volle drammatizzare l`€™evento di un Dio che si fa bambino, avviando la tradizione del presepio.

 

Sant`€™Antonio con il bambino in braccio: è dunque l`€™immagine più cara e più diffusa del Santo, perché il bambino è riferimento simbolico di trasparenza, di gratuità , nella sua innocenza e dipendenza dall`€™adulto. Così come l`€™altro segno iconografico del «pane di sant`€™Antonio» rimanda al nutrimento fondamentale, quello che chiediamo ogni giorno nella preghiera del Signore, il Padre nostro, è segno di solidarietà , di condivisione, ricordando molte altre fami che travagliano l`€™esistenza dell`€™uomo.

 

Da anni la nostra rivista, nel numero di giugno, propone e condivide con la famiglia antoniana i progetti di solidarietà  nel nome di Antonio: per essere oggi la sua parola annunciata, il braccio che ha sorretto il Cristo anche lui bambino, il pane che ha distribuito in soccorso alle fami di quel tempo, non so se diverse da quelle di oggi, comunque sempre fame.

 

I progetti di solidarietà , il pane che condividiamo con chi più di noi è nel bisogno, quest`€™anno fanno riferimento alla drammatica realtà  dei bambini malati di aids; hanno per scopo `€“ come è spiegato ampiamente nelle pagine ad essi dedicate `€“ il possibile recupero della salute della madre e del bambino e verranno realizzati in Africa e in Brasile. I progetti si riferiscono soprattutto ai bambini, vittime innocenti di un flagello epocale che colpisce, ancora una volta, i paesi più poveri, e tra questi la sempre più desolata terra d`€™Africa.

 

Sono quasi un milione e mezzo nel mondo i bambini ammalati di aids e più di tredici milioni gli orfani a causa dell`€™infezione. La quasi totalità  di costoro vive in Africa. Sono vittime innocenti di una povertà , di uno squilibrio economico e sociale di un`€™in-differenza che ci coinvolge un po`€™ tutti. Non possiamo ignorarli. Dobbiamo accettarli come figli, compiendo un gesto piccolo, insufficiente a riparare il dolore, ma significativo.

 

Sarà  prenderli braccio da parte nostra. È un ritrovarci ancora una volta come grande famiglia che vive la festa di sant`€™Antonio, capace di portare le fatiche degli altri. E mi sovviene di quella festa annunciata nel Vangelo che chiuderà  la Storia `€“ così come l`€™immagina il vangelo di Matteo `€“; e non sarà  una contabilità  di grandi opere e azioni, ma la festa delle beatitudini, del pane dato all`€™affamato, del bicchiere offerto all`€™assetato, della carezza e del sorriso dato nell`€™amarezza della solitudine, della vita, della speranza ridata a bambini innocenti, vittime della malattia. Una festa che può iniziare oggi. E sia buona e bella, allora.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017