Editoriali

29 Giugno 2009 | di

Politica di Francesco Jori

Sindaco... fuori dal comune


Fino a oggi era famosa solo per una popolarissima canzoncina che aveva come protagonisti i pompieri («che quando passano / i cuori infiammano»). Dalla sera di lunedì 8 giugno Viggiù, provincia di Varese, è entrata di diritto nel più impegnativo mondo della politica per un significativo record, anzi due: ha eletto il primo sindaco di colore d’Italia; candidata oltretutto dalla Lega Nord, cioè il partito più esposto nelle polemiche sull’immigrazione. Un inedito che tra l’altro parla al femminile: a conquistare il successo è stata una donna, Sandy Cane, 47 anni, in Italia da quando ne aveva 10, americana di Springfield. Un’immigrata atipica, se si vuole, visto che viene da un Paese benestante e non dalle terre della disperazione e della miseria. Ma comunque un segnale di cambiamento importante, in una nazione come l’Italia dove appena una quindicina di anni fa uno straniero di diverso colore della pelle che girasse per le strade era un fatto inusuale, quasi folkloristico.

Serve a ricordarci che l’immigrazione non è solo e sempre un fenomeno di emarginazione. Non è fatta soltanto di «vu’ cumprà», come li chiamavamo sprez­zantemente all’inizio, né di manovalanza del lavoro in nero o, peggio ancora, del crimine. C’è chi ha saputo inserirsi a livelli qualificati, salendo la scala sociale e portando un patrimonio importante al Paese in cui è andato a vivere: proprio negli Usa di Sandy Cane, vietnamiti, coreani, cileni, senegalesi, marocchini, uomini e donne di tante nazionalità, lavorano al meglio in prestigiosi centri di ricerca, sono diventati imprenditori di successo, dirigono laboratori e aziende di primo piano. Per non parlare del caso più famoso, quello di un uomo dalla pelle nera che una quarantina di anni fa doveva salire nella parte posteriore degli autobus, e adesso è presidente degli Stati Uniti. Ecco perché la «prima volta» di Sandy rappresenta per noi italiani un messaggio da non sottovalutare: ci invita a volare un po’ più alto rispetto alle polemiche quotidiane sull’immigrazione, per riuscire ad accorgerci che c’è dell’altro, al di là dei nostri ristretti orizzonti. Ricordandoci tra l’altro dei nostri remoti antenati: i popoli che Roma chiamava sprezzantemente «barbari» seppero inserirsi al punto da occupare cariche di primo piano, politiche e militari. E qualcuno di loro, dalla pelle di altro colore, riuscì a diventare perfino imperatore. Come dire che Barack Obama non può vantare l’esclusiva…



Esteri di Carmen Lasorella

Iran, tempo di cambiare


È prepotente il segno del cambiamento in Iran, bagnato di sangue come accade nelle rivoluzioni, ma senza evocare il fantasma della rivolta islamica, che giusto trent’anni fa rovesciava Rheza Pahlevi. Non è solo il tempo a fare la differenza, benché i giovani che vediamo nelle strade di Teheran, ragazzi e ragazze, non siano oramai così diversi dai loro coetanei ad altre latitudini: anch’essi appartengono alla generazione di internet, che elude le censure. Allora, la teocrazia di Khomeini, dopo un’accurata preparazione, sostituì radicalmente il sistema, mettendo fine alle aperture occidentali dello Scià; oggi, mentre la piazza si muove spontanea e chiede più di quanto i suoi leader siano disposti a concedere, il conflitto resta tutto interno al potere. Non è in discussione la repubblica islamica, i vertici laici dell’una e dell’altra parte appartengono tutti alla stessa storia, ma è la casta dei mullah che risulta divisa e la guida suprema, l’ayatollah Khamenei, ha perso di prestigio. Il mondo persiano sciita, nonostante i lacci stretti che ne hanno trattenuto lo sviluppo sociale e intellettuale, dimostra in sostanza di aver maturato una coscienza critica; anzi, a dispetto delle semplificazioni politiche occidentali, che l’hanno dipinto come il perno dell’asse del male, afferma il suo diritto alla democrazia a condizioni diverse: le sue. E secondo la sua cultura. Probabilmente, «l’onda verde» (verde, dal colore scelto da Mifhossein Moussavi, lo sfidante del presidente Ahmadinejad, che negli anni della guerra Iran-Iraq era primo ministro) non diventerà tzunami, almeno questa volta, ma lascerà una traccia profonda, dentro e fuori il Paese. Ahmadinejad, sulla cui riconferma elettorale oramai i dubbi sono pesanti e dichiarati, non potrà avvalersi unicamente del solito armamentario dei regimi nel solco della repressione. Per smontare la piazza, dovrà ritrovare «la faccia» – come conta nel mondo islamico – anche con gli strumenti della credibilità e con la furbizia, che non gli manca. E con lui, la guida suprema, l’ayatollah Khamenei, che per la prima volta è stato apertamente contestato dai manifestanti e dalla gerarchia. La partita continua, mentre l’altra incognita è la tenuta dell’esercito, meno allineato dei Basiji, la milizia paramilitare integralista.

Per l’Occidente, intanto, la questione aggiunge legna al fuoco. Non solo in termini geo-politici, con l’Iran strategica sull’asse che va dalla Palestina all’Afghanistan e che tocca anche il Pakistan e l’Iraq, ma anche economici e di sicurezza, considerando le mire nucleari di Teheran. Le grandi nazioni europee (ancora una volta l’Europa non parla con una sola voce), Francia, Regno Unito, Germania, hanno preso posizione contro il regime per l’illegittimità del voto e la violenza della repressione; il Vaticano preme per una soluzione diplomatica; Super-Obama, invece, per il momento attende. Ma nella sua politica della mano tesa verso l’Iran, non potrà farlo a lungo.



Economia di Leonardo Becchetti

L’invidia rende infelici


Nell’ultimo secolo la condizione lavorativa dell’umanità è straordinariamente migliorata grazie a un forte incremento del salario reale e delle ore di tempo libero. Eppure, in quasi tutti i Paesi industrializzati si segnala un aumento della percezione della ristrettezza di tempo a nostra disposizione. Ciò si spiega tenendo conto del contestuale grande aumento delle opportunità di utilizzo del tempo libero, in particolare di quelle non relazionali, caratterizzate da soddisfacimento immediato, senza costi e non soggette al rischio del fallimento. Chi ha però la lungimiranza e la saggezza di coltivare la vita di relazione, sa che la soddisfazione per quello che si è realizzato non è effimera, al contrario di molte forme di investimento in altre attività che creano assuefazione e infelicità. E le ultime ricerche confermano questo dato. Un’altra attività che contende l’utilizzo del tempo all’investimento in relazioni è il tempo che spendiamo per costruirci uno status e competere con gli altri. Gli studi più recenti degli economisti della felicità sottolineano come la reazione più naturale e istintiva all’incontro con i nostri simili è quella di istruire paragoni e di soffrire spesso d’invidia, provando infelicità quando ci scopriamo inferiori da qualche punto di vista a chi incontriamo. È proprio nel discernimento e nell’elaborazione di questa esperienza primaria che si gioca il senso, il successo e la realizzazione della nostra vita. Possiamo paralizzarci e deprimerci, oppure entrare in competizione. Ma esiste anche una terza reazione, più costruttiva dal punto di vista sociale e della stessa soddisfazione di vita. Si può infatti imparare a vedere il gruppo di lavoro o di amici come una squadra che, per funzionare e crescere, ha bisogno di ruoli diversi tra loro complementari e non sovrapponibili. Scoprendo la legge della superadditività che consente a un gruppo di individui, che condividono le proprie risorse e decidono di lavorare insieme, di realizzare insieme un valore superiore alla somma di ciò che avrebbero raggiunto da soli. Così nascono le squadre vincenti, che devono essere guidate da capi in grado di convincere i partecipanti del valore e dei frutti della cooperazione, aiutandoli a rielaborare in senso positivo confronti e invidie. È però necessario un passo iniziale fondamentale: la consapevolezza che non nasciamo buoni e puri e che la reazione istintiva dell’invidia alberga nel nostro animo e in quello degli altri. È dalle azioni da essa ispirate che dobbiamo apettarci i pericoli peggiori per il buon esito e la coerenza delle iniziative intraprese e soprattutto di quelle più nobili.
 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017