Educare coi fatti, più che con le parole

10 Dicembre 2012 | di
Lettrice e ministra dell’eucaristia, ma prima di tutto catechista. Per Francesca Mazza accompagnare i giovani nel loro percorso di fede è un incarico di grande responsabilità.

Lo svolge a New York, nella chiesa della Divina Misericordia di Brooklyn (che comprende le parrocchie di San Francesco di Paola, Santa Cecilia e San Nicola) dove, a detta del parroco Tommaso Vassalotti e dell’intera comunità, questa italiana originaria di Polla (Salerno) – emigrata giovanissima nella Grande Mela, assieme ai genitori, ai nonni, agli zii e alle sei sorelle – incarna il modello della «catechista ideale».

Il segreto del successo? Educare coi fatti, più che con la voce. «Poco giovano le belle parole uscite dalla bocca del catechista – spiega Francesca Mazza –, se altre parole escono dalla sua condotta».

Msa. Da dove nasce la sua passione per il catechismo?
Mazza. Dall’ascolto dei messaggi papali e dalla lettura di alcuni libri dei Pontefici. Ho sempre ammirato Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Una stima particolare conservo per Giovanni Paolo I e Giovanni XXIII: le loro parole semplici, concrete e scaturite direttamente dal cuore mi hanno sempre affascinata.

Quali sono gli strumenti del «catechista ideale»?
Quando insegno uso un testo fornitomi dalla parrocchia, ma si tratta più che altro di un sussidio, uno stimolo. Il libro, per quanto ben fatto, resta cosa morta. Tocca a me rendere vivo il suo contenuto, amando i giovani cristiani che mi sono affidati e rendendo percepibile il mio interesse nei loro confronti.

Che verità cerca di trasmettere ai giovani?
Le verità che penetrano nell’anima e che le apportano beneficio. Mi riferisco a quelle contenute nelle Sacre Scritture e spiegate con chiarezza a catechismo. Andare a messa e a confessarsi sono tappe fondamentali nel percorso di fede dei ragazzi. Ma se prima non spieghiamo loro il significato e la preziosità di questi «appuntamenti», come possiamo pensare che li rispettino?

Quali obiettivi si prefigge di raggiungere insegnando il catechismo?
Vorrei che i miei «scolari» diventassero testimoni di Gesù in mezzo alla gente. Le persone ascoltano più volentieri i testimoni che i maestri o, se ascoltano i maestri, lo fanno perché sono dei testimoni. Per renderli tali, io per prima devo dare loro l’esempio. Se, come maestra, non irradiassi in maniera semplice e spontanea l’amore per Gesù, per il Vangelo, per la Chiesa, per i comandamenti e per il prossimo, la mia parola rischierebbe di essere vana e infeconda.


Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017