Emigrazione figlia dell'Unità d'Italia

Volontariato, solidarietà, interesse per la propria cultura. La coscienza della storia e dell'identità del Paese d'origine può rafforzare il ruolo e le dinamiche della presenza italiana all'estero.
12 Aprile 2011 | di

Basilea
Sono numerose anche all’estero le iniziative per celebrare i 150 anni dell’unità d’Italia. Molte di queste avvengono in tono minore, all’interno di piccoli gruppi. Il «pudore» che circonda gli eventi organizzati all’estero è anche motivato dall’atteggiamento ufficiale delle istituzioni italiane che, pure in questa occasione, hanno dimostrato poco interesse nei confronti delle comunità residenti all’estero, mirando soprattutto a individuarne le potenzialità economiche. Appare perciò preziosa la ricerca portata avanti in questi anni da studiosi come Tindaro Gatani, che stanno rileggendo la storia dell’unità d’Italia attraverso le fonti «straniere», e stanno cercando di correggere molti stereotipi che circondano questo capitolo della nostra storia.
Italia? Leva ed esattore
A Basilea Città e Campagna, le tre Missioni rette dai Padri Scalabriniani hanno proposto un ciclo di conferenze su questo tema. Una relazione si è soffermata, in particolare, sull’emigrazione intesa come effetto negativo dell’unità d’Italia. Il relatore non ha mancato di far notare che, tra una larga maggioranza di italiani all’estero, la conoscenza dell’Italia unita fosse qualcosa di estraneo; e ha riportato il commento di monsignor Giovanni Battista Scalabrini , il quale aveva giustamente affermato che i migranti «senza rimpianto si disponevano ad abbandonare la patria poiché essi non la conoscevano che sotto due forme odiose: la leva e l’esattore, e perché pel diseredato la patria è la terra che gli dà il pane, e laggiù, lontano lontano, speravano di trovarlo il pane, meno scarso se non meno sudato».
Quasi a dispetto di tutto ciò, in emigrazione è nato e si è sviluppato un forte amore per la patria. Un amore che – grazie anche all’opera capillare delle Missioni e delle parrocchie nazionali – ha portato al superamento dei regionalismi e all’utilizzo di una sola lingua. Un amore che ha spinto i tanti analfabeti appena sbarcati in terra straniera a organizzare, come priorità assoluta, una società di mutuo soccorso per i fratelli indigenti, e una scuola di italiano per i figli, sebbene nel 1861 il 99 per cento della popolazione non parlasse italiano, e il 90 per cento fosse analfabeta.
Emigrati popolo di volontari
Questa «Italia all’estero» è cresciuta lentamente. E anche la pratica della democrazia, appresa attraverso la vita associativa, ha favorito la vivacità della diaspora italiana nel mondo, nonostante l’esercizio del diritto di voto sia stato concesso dopo quasi un secolo di emigrazione. È evidente che oggi la mancanza di una chiara politica migratoria favorisce un esasperato e amorale individualismo. Ma, anche in questa circostanza, la diaspora italiana sta mostrando il volto più autentico dell’italiano nel mondo. Vanno sviluppandosi gesti di solidarietà, pur nel silenzio che comunque contraddistingue la nascita delle grandi imprese. Può sembrare scontato parlarne in questo 2011 che è l’anno europeo del volontariato, ma la solidarietà e il volontariato in emigrazione hanno radici profonde, e oggi conoscono nuovi sbocchi e nuove aree d’azione. Non parliamo qui dei tanti volontari che dall’Italia vanno ancora oggi in ogni parte del mondo. Esiste, anche in emigrazione, un volontariato dinamico e intraprendente, fatto di piccole gocce che si riversano nel grande oceano di chi chiede aiuto; un volontariato che discende da una rilettura della vita degli emigrati, e che dà significato alla loro esistenza.
Due volontari di Basilea, Rina e Giuseppe, che hanno prestato la loro opera alla caffetteria del Servizio pastorale ecumenico presso il Centro di registrazione per i richiedenti asilo, a Basilea, hanno dichiarato in un’intervista di essere «gente semplice. Noi non facciamo niente di speciale». Eppure, ha commentato la loro intervistatrice, «ascoltandoli non si può fare a meno di pensare: ecco due esperti di emigrazione; esperti di vita e di umanità che potrebbero sedersi in un’aula universitaria e spiegare con parole sapienti perché si decide di partire dal proprio Paese, quali difficoltà s’incontrano, e com’è cambiato oggi il fenomeno migratorio rispetto al passato» (cfr. Sulle strade dell’esodo, gennaio-febbraio 2010, p. 23).
In questi volontari che perseguono l’ideale della solidarietà, si è sviluppata la coscienza di non essere più solo forza lavoro, ma di possedere molte qualità da poter condividere con altri. In questo modo si lanciano segnali nuovi che testimoniano alla comunità sociale un modo alternativo di vivere la propria esistenza.
Piccoli gestidi grande solidarietà
Ecco allora, a Basilea, un gruppo di volontari che agiscono da buoni samaritani nei confronti dei richiedenti asilo. E poi gli ex-alpini di Stoccarda che partono alla volta del Guatemala con l’obiettivo di costruire una casa per gli sfollati. E, ancora, sempre a Basilea, l’impegno e la determinazione della Pro Migrante e delle Missioni affinché in una casa di riposo per anziani, un piano sia destinato agli italiani. Ogni mese, un gruppo di volontari prepara un pasto all’italiana. Padre Sandro Curotti, parroco di San Pio X, accompagnato da un gruppo di animatori, celebra per loro la Messa in italiano. I volontari organizzano le feste. La Missione di Allschwil sta pensando di prelevare i degenti che lo desiderano per portarli alla messa domenicale o per farli partecipare alle feste della comunità. Ma si sta facendo molto anche per le missioni all’estero, soprattutto nei Paesi più poveri, come il Progetto Nampula in Mozambico, nella Parrocchia San Francesco Saverio. Qui le tre Missioni di Basilea Città e Campagna intendono sostenere due iniziative specifiche: il progetto «Nutrizione dei bambini» e un altro a favore dell’assistenza extrascolastica basato sul «Progetto Ludica» finalizzato ad accompagnare i più piccoli in situazioni di emergenza. Si tratta di portare avanti alcune iniziative sociali nel silenzio, lontane dai mass media a volte invadenti. Si respira la volontà di ricostruire all’estero il volto nuovo di un’Italia che compie 150 anni, e in cui la solidarietà diventa un punto di riferimento. Un’identità diversa che va oltre gli stereotipi, permeata di creatività e di universalismo solidale, capace di superare i ricorrenti particolarismi e regionalismi, e di aprirsi al mondo rileggendolo attraverso le trame della propria storia di vita.
Sebbene siano ormai in tanti a classificare la realtà migratoria italiana solo come una categoria di italiani all’estero che ha raggiunto un notevole successo economico o si è affermata in ambito universitario, di fatto gran parte dell’emigrazione agisce in modo silenzioso, diffondendo con coraggio e con speranza i germi di una cultura diversa. Qui non valgono i metri di giudizio basati sul successo, sulla produzione, sull’efficientismo che, quando divengono gli unici valori guida, portano inequivocabilmente alla difesa delle mafie e dell’illegalità presenti in Italia, e che offendono gli italiani all’estero. Mariapia Bonanate sostiene che la solidarietà «indica a chiare lettere dove sta il marcio, l’inganno, la corruzione». La solidarietà autentica indica «le nuove strade da percorrere per ritrovare l’etica del vivere, le scelte da fare – prosegue – per un vero cambiamento del nostro povero Paese, andato in frantumi e disperato, nelle case, nelle famiglie, nei quartieri, nelle città. Per far rinascere la speranza e intravedere un futuro che oggi non c’è».
All’estero c’è un’Italia nuova
Un’emigrazione diversa, stanca di beghe e di lotte di partito. Un’emigrazione che vuole rimboccarsi le maniche per portare avanti progetti nuovi. Il silenzio che circonda questa nuova Italia aiuta anche a riflettere sul senso di una vita trascorsa in emigrazione e la cui priorità sembrava, all’inizio, una preoccupazione meramente economica. Ora questo non basta più. Questo tempo d’introspezione porta il migrante a capire l’appannaggio dell’italiano all’estero nonostante i dolori, le croci e il razzismo subiti negli anni. Quello che è stato fatto spinge a riflettere soprattutto chi ora sta muovendo i primi passi sullo stesso cammino della storia. I piccoli gesti di solidarietà da sollecitare, animare e sostenere, sono il segno che la comunità non si è chiusa in se stessa, ma che ha conservato la sua vivacità, e sta aprendo le porte e le finestre di casa per guardare il mondo con occhi nuovi. Si respira davvero aria di primavera: all’estero sta nascendo un’Italia nuova!

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017