Eremo o mondo falsa contraddizione

Antonio e Francesco sono l’esempio che azione e contemplazione non sono due opposti, ma due polmoni di un unico corpo.
09 Maggio 2003 | di

«Eremo» è una parola che sembra stridere con la figura di Antonio e con quella del suo grande maestro e modello Francesco d`€™Assisi.
In effetti, facciamo fatica a immaginare Francesco, il servo dei lebbrosi e dei poveri o Antonio, il predicatore dagli indici di ascolto incredibili, raccogliere le proprie povere cose e andare a fare gli eremiti in qualche grotta. Nonostante ciò, se tra i luoghi francescani qualcuno più di altri sembra avere il potere di evocare quasi la persona fisica del «Poverello» di Assisi, sono proprio gli eremi. A tal punto da pensare che esattamente da lì si debba partire per ritrovare lo spirito autentico di Francesco, in altri luoghi forse tradito.
Chi non si è commosso alle Carceri? Chi non si è sentito in qualche modo in francescana sintonia con il creato allo Speco di Narni? Quale luogo più della Verna per assaporare lo straordinario rapporto d`€™amicizia che ci fu tra Francesco e il suo Dio?
E che dire di Antonio, la cui vicenda umana e spirituale sembra potersi racchiudere nella cornice di due luoghi significativi, che ne hanno segnato l`€™inizio e la fine: l`€™eremo di Montepaolo, sopra Forlì, e il solitario noce nei pressi del piccolo convento francescano di Camposampiero.

Belli fuori, ricchi dentro

Francesco, che, orgoglioso, dall`€™alto di un monte mostra a madonna Povertà  il mondo intero indicandolo come «il chiostro» dove i suoi frati vivranno, pregheranno e opereranno, dove, cioè, saranno chiamati a incontrare Dio e i fratelli, è lo stesso che, calendario alla mano, trascorreva centinaia di giorni all`€™anno in preghiera in qualche luogo solitario. E Antonio di Padova è, da questo punto di vista, una delle «concretizzazioni» meglio riuscite dello spirito francescano.
È Dio che «costringe» Antonio alla solitudine. Ed è lo stesso Dio, quello conosciuto nel Vangelo attraverso Gesù, che gli «ordina» di farsi fratello e servo di tutti. Per Antonio, come per Francesco, non c`€™è contrapposizione o contraddizione tra questi due poli e soluzioni: l`€™equilibrio non era probabilmente da risolvere in un senso o nell`€™altro, ma, eventualmente, da vivere in tutta la sua tensione e drammaticità . L`€™esigenza è la stessa: cercare lo Spirito di Dio, dovunque si annidi!
Perché l`€™uomo, così come Francesco d`€™Assisi, Antonio di Padova, ciascuno di noi, ha il diritto di respirare con entrambi i polmoni, quello dell`€™azione e quello della contemplazione, la carne e lo spirito; ha diritto di sentirsi «unificato» in entrambi questi aspetti così essenziali della struttura di ogni uomo e donna, credente o meno che sia. Di poter vivere con le mani di Marta e il cuore di Maria.
Con Antonio e Francesco vorremmo quasi proclamare ed esigere ad alta voce questo diritto. E lo vogliamo fare oggi, in una società  che ci impone ritmi frenetici, che ci illude di essere vivi solo perché corriamo dalla mattina alla sera. Che ci fa credere che tutto ciò che non risponde a guadagno, a tornaconto, è, nella migliore delle ipotesi, solo perdita di tempo. Immaginarsi che fine può fare la spiritualità ! Una società  che non ci lascia più in silenzio, nemmeno mentre attendiamo al telefono. Che afferma si possa essere «belli fuori» pur essendo «vuoti dentro». E noi crediamo, invece, che si possa essere «belli»`€¦ double face!

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017