Ezzelino, solo un tiranno?

Dal 15 settembre al 6 gennaio il cinquecentesco Palazzo Bonaguro di Bassano ospita un’indovinata mostra per ricordare e studiare gli Ezzelini, controversi signori della Marca nel cuore dell’Impero di Federico II.
08 Novembre 2001 | di

La città  di Bassano del Grappa dal 15 settembre al 6 gennaio ospita in uno dei suoi più splendidi edifici, il cinquecentesco Palazzo Bonaguro una mostra per ricordare gli Ezzelini, signori della Marca nel cuore dell`€™Impero di Federico II (questo ne è anche il titolo) e il loro tempo. Oltre duecento opere, provenienti da una novantina di istituzioni italiane e straniere, ricostruiscono il sacro e il profano, (le arti, la cultura, la scienza, la religiosità , la vita di corte...) di un tempo che fu insieme ricco di fermenti (è il tempo di Francesco d`€™Assisi e di Antonio di Padova) e atroce, anche in una terra conosciuta come Marca gioiosa, con Treviso capoluogo.

Il tempo è quello del sorgere dei Comuni, quando la ricca borghesia delle arti e dei commerci prendeva il potere nelle città  scalzando la vecchia nobiltà , arroccata nei propri sontuosi castelli di campagna. L`€™appetito vien mangiando, e così i nuovi potenti andarono subito alla conquista delle terre feudali per fare più vasto il Comune; ma le terre che appartenevano o erano sotto la protezione dell`€™Impero, governato in quel torno di tempo da Federico II, un imperatore di spiccata personalità , di vaste vedute. Un grande.

Lo scontro fu inevitabile: guelfi (i Comuni associati in leghe) contro ghibellini (imperatore e amici). E poi i papi, gelosi della loro autorità  morale e del proprio potere spirituale (e materiale), contro l`€™imperatore che invece agognava e brigava per diventare punto di riferimento politico assoluto, distinguendo tra sacro e profano. Seguirono decenni di lotte spietate, dove a rimetterci di brutto era la povera gente, perché in questi frangenti sono sempre gli stracci a saltare in aria.

Gli Ezzelini. La famiglia dei Da Romano era una nobile casata di origine germanica stabilitasi nel trevigiano. La loro storia, per quel che ci interessa, pende avvio da Ezelo e si snoda attraverso le vicende di tre o quattro personaggi, il più importanti dei quali è stato l`€™ultimo, Ezzelino III. Lo aveva preceduto Ezzelino il Balbo, un eroico combattente delle crociate che fu ricompensato per le sue gesta dal Patriarca di Aquileia e dai vescovi della Marca, con pingui terre che aumentarono le sostanze e il prestigio della famiglia nella loro città , Treviso. Nell`€™epica lotta tra Comuni, Papato e Impero, Ezzelino si schierò con i Comuni, e come rettore della Lega lombarda guidò la delegazione delle città  che siglarono, a Montello, la pace con Federico Barbarossa, meritandosi la stima sia degli alleati che dell`€™imperatore.

E poi Ezzelino II, detto il Monaco per aver scelto alla fine la pace di un monastero, nauseato da contese e liti che non avevano mai fine. In quel periodo l`€™autorità  imperiale un po`€™ sfocata, aveva lasciato campo libero ai Comuni e alle potenti famiglie (i Camposampiero, gli Estensi, i Salinguerra, i Caminesi, i Sanbonifacio), che non trovarono di meglio che scannarsi tra loro per avere di più, in terre e in potere. Ezzelino II fece la sua parte, gettando paglia sul fuoco per ricavare il massimo dalle contese altrui. Con una serie di mosse ardite (cedette ai Padovani la città  di Bassano che non gli apparteneva), riuscì a diventare signore di Treviso e di Vicenza con annesse le cittadine-roccaforti che alle due più importanti città  facevano riferimento.

Il suo successo infastidì gli Estensi di Ferrara, che coalizzarono contro di lui un bel po`€™ di signorotti, contro i quali ebbe però la meglio (vittoria nel 1212 a Ponte Alto, nei pressi di Vicenza) conquistando così anche Verona, ma triplicano il numero dei nemici. Le cose cominciarono a ingarbugliarsi e allora per allacciare nuove alleanze o confermare le vecchie, ricorse alla politica dei matrimoni. Aveva sei belle figlie da maritare e due maschi: il figlio Ezzelino sposò Zilia, sorella del conte Rizzardo di Sanbonifacio che a sua volta impalmò Cunizza, la migliore delle Da Romano. Ma la cosa non funzionò. Ezzelino, allora, con le spalle al muro, spiazzò tutti andando a rinchiudersi in un monastero, dopo aver diviso terre e quattrini tra i figli Alberico ed Ezzelino.

Ezzelino III, signore della Marca. Ma sarà  Ezzelino, il terzo della serie, a dominare, e con pugno di ferro, la Marca zojosa. Per oltre vent`€™anni signore e tiranno, protagonista in prima fila non solo nelle lotte tra gli scalpitanti signori dell`€™Italia del Nord, ma anche in quelle dove in gioco c`€™erano equilibri più grandi: Papato e Impero protesi a far valere il proprio potere e a rintuzzare le invadenze l`€™uno dell`€™altro.

Ezzelino si schierò senza incertezze con l`€™Impero e di Federico II, fu alleato fedelissimo. I due avevano molto in comune: oltre allo stesso anno di nascita, la forte personalità , l`€™intelligenza, la cultura della famiglia, la consapevolezza del loro ruolo uniti a un`€™avversione viscerale verso le città  comunali. Quando si incontrarono per la prima volta, forse ad Aquileia, si intesero subito e ne nacque un sodalizio inossidabile. Ezzelino sposerà  in seconde nozze la figlia di Federico, Selvaggia e di lui diventerà  «nunzio precursore». Il sovrano ricambiò assicurando a lui e alla famiglia la protezione imperiale. I nemici erano avvisati.

La leggenda nera. Di nemici Ezzelino ne ebbe a iosa. E per attaccare e difendersi combatté decine di battaglie (qui ne citiamo solo alcune). Lo avversarono le città  comunali, molti signori invidiosi o danneggiati dalle sue vittorie. Riconquistò nel 1236 Verona, quindi Vicenza e poi anche Padova insieme ad altre cittadine della Marca diventando uno dei signori più potenti e temuti dell`€™Italia del Nord.

Anche i papi lo videro come il fumo negli occhi. Innocenzo IV, che contro di lui organizzerà  addirittura una crociata, lo definì «nemico di ogni virtù e persecutore della fede, protettore di eretici ed eretico lui stesso». E gli lanciò contro una scomunica (1248) bollandolo come «belva sanguinaria in sembianze di uomo». Parole terribili che diventarono l`€™inizio di una leggenda nera che farà  di Ezzelino un tiranno assetato di sangue, accecatore di bambini innocenti, capace di inventarsi ogni genere di tortura, rotto a tutti i vizi, «il diavolo della Marca». Di quella leggenda nera Salimbene de Adam da Parma e il notaio cronista Rolandino da Padova furono i più ascoltati corifei.

Scriveva tra l`€™altro Salimbene (Cronaca n.1735): «Costui fu veramente membro del diavolo e figliolo d`€™iniquità . Infatti un giorno nel campo S. Giorgio di Verona (...) fece bruciare undicimila padovani (diventati in narrazioni successive cinquantamila, ndr), dentro una grande casa dove li teneva prigionieri e in catene; e mentre venivano bruciati, egli e si suoi cavalieri giravano attorno cantando e svolgendo un torneo. Fu il peggiore uomo del mondo». E Rolandino, nel raccontare come vivevano i suoi prigionieri rinchiusi nella torre «Malta» di Cittadella, dice: «Lì pianto e stridore di denti, lì dolore e urla, lì continue tenebre, lì vermi, lì fetore e angustie e sete e fame». Per liberare i rampolli di alcune nobili famiglie prigionieri di Ezzelino si mosse, invano, lo stesso frate Antonio (vedi riquadro).

Anche Dante assecondò la leggenda ponendo il signore della Marca all`€™inferno a penare dentro una palude di sangue bollente, in compagnia di efferati tiranni come Dionigi di Siracusa. Così imbeccata, la fantasia popolare si librò nei cieli dell`€™assurdo: quattro metri diventò alto, issato sul cavallo, Ezzelino, gli fu aggiunta la gobba e sul naso un ciuffo di pelo nero; sua madre diventò una strega di nome Brabadura; e lui in definitiva non poteva essere che il diavolo in persona.

Esagerazioni a parte, Ezzelino fu crudele. Ma né più né meno di altri signori del tempo, nei quali «l`€™enorme e il delicato», ferocia e dolcezza, pietà  e vendetta, ascetismo e baldoria convivevano in una, per noi inconcepibile promiscuità . Ad esempio, non fa da meno di Ezzelino fra Giovanni da Vicenza, focoso predicatore e abile diplomatico: era riuscito a convincere guelfi e ghibellini a una «tregua di Dio». Si dice che l`€™esuberante frate abbia fatto bruciare vivi sulla pubblica piazza, in nome di Dio, settanta tra uomini e donne delle più ragguardevoli famiglie ghibelline, accusati di eresia, mentre la loro sola colpa era di militare nella parte avversa.

La conquista di Padova. I padovani furono tra i più duri avversari di Ezzelino. Ma divisi in fazioni e dediti a furibondi contrasti, non seppero difendere la loro città  che cadde facilmente nelle mani del tiranno. Fu conquistata (1237) a nome di Federico II, che due anni dopo vi veniva accolto con grandi onori e feste. Ma la conquista della città  del Santo segnò anche l`€™inizio della fine di Ezzelino. Rimangiandosi alcune promesse fatte, aveva usato la mano dura contro alcuni avversari, tra cui Giordano Forzaté, abate di Santa Giustina, mandato in esilio. Poi affidò Padova al nipote Ansedisio che in fatto di crudeltà  volle superare lo zio. La sua perfidia raggiunse gli avversari fin nelle alcove: impose a Guglielmo Camposampiero di divorziare dalla moglie, e poiché il giovane nicchiava e minacciava di rivolgersi ad Ezzelino, Ansedisio lo prevenne catturandolo e facendolo decapitare. Il suo corpo, rimasto insepolto per giorni, fu raccolto da alcune donne che lo seppellirono sfidando l`€™ira di Ansedisio.

Con Padova in saccoccia il potere di Ezzelino raggiunse il massimo, tanto che qualcuno pensò di dover correre ai ripari. A coalizzare il malcontento ci pensò papa Alessandro IV, che «contro il figlio della perdizione» organizzò la «crociata» cui si accennava, la prima nella storia contro un uomo solo. I crociati, nobili e molti popolani convinti di andare a combattere per Dio contro «il Malefico», l`€™ebbero facilmente vinta sulle deboli resistenze degli ezzeliniani e il 20 giugno 1256 Padova ritornava guelfa, con l`€™inevitabile contorno di distruzioni e di feroci vendette eseguite dai vincitori. Ansedisio, per non essere riuscito a salvare la città , finì strangolato dai sicari dello zio.

Ezzelino tentò di riprendersi Padova: giunse con un agguerrito esercito fin sotto le mura, ma la città  resistette. La sconfitta fu segno del declinare della potenza del signore della Marca. Cercherà  di difendere con i denti le città  e i castelli che ancora possedeva nel veronese e in Lombardia, tallonato da vecchi e nuovi nemici che avevano giurato di sterminare lui e l`€™intera famiglia.

La vendetta giunse tre anni dopo la liberazione di Padova. Il mai domo Ezzelino, occupata Brescia (sua ultima vittoria), aveva tentato di impadronirsi di Milano con un colpo di mano, ma a Cassano, sconfitto e ferito, cadde prigioniero (27 settembre 1259). Trasportato a Soncino, il terribile signore, fedele al proprio copione, moriva rifiutando i conforti della fede e i soccorsi della medicina.

Anche i suoi familiari uno ad uno caddero stritolati dalla macchina vendicatrice messa in moto in nome di Cristo dal Papa. Lo stesso fratello di Ezzelino, Alberigo, che pure s`€™era posto al servizio della crociata contro il fratello, fu preso nel castello veronese di San Zenone e barbaramente trucidato assieme alla moglie e ai figli.

Chi era Ezzelino? Con la strage di San Zenone finiva una delle più potenti e temute famiglie della Marca, fatta di uomini spietatamente crudeli ma che furono, in linea con le vistose contraddizioni dei tempi, anche amanti delle arti, della cultura e della scienza. Come Ezzelino che era appassionato di astrologia, allora considerata scienza, che amava circondarsi di scienziati e astrologi, di giullari e novellatori (il più noto di questi fu Sordello).

Allora chi era davvero Ezzelino? Solo un tiranno assetato di sangue da giustificare una crociata contro di lui? Crudele lo è stato di certo, tanto quanto lo furono altri nel suo tempo. Di certo la sua statura morale si ergeva al di sopra degli altri. Giorgio Cracco, uno storico che ha dedicato importanti studi al personaggio, lo ha affiancato ad altri due grandi del tempo, Francesco d`€™Assisi e Federico II. «Ezzelino `€“ scrive Cracco `€“ non fu né un imperatore né un santo, ma certamente ebbe qualcosa di entrambi». Con loro condivise un sogno, spento da quegli stessi poteri che hanno stravolto l`€™intuizione di Francesco, abbattuto l`€™Impero per clericalizzare la Chiesa.

Le molte e preziose testimonianze dell`€™arte, della cultura, della scienza e della religione del tempo, presenti alla mostra, offrono spunti per una risposta.

Dove e quando

Sede: Bassano del Grappa, Palazzo Bonaguro, via Angarano 17.

Durata: 15 settembre 2001 - 6 gennaio 2002.

Orario: tutti i giorni dalle 9.00 alle 19.00, chiuso il lunedì.

Costo del biglietto: intero: lire 12.000; ridotto, gruppi e convenzioni: 8.000; scolaresche: 8.000.

Per informazioni: numero verde: 800 712 712. Internet: www.ezzelini.it.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017