Fa il lustrascarpe a Nuova Delhi l'interprete del 'Piccolo Budda'
Un giubbotto di pelle nera, una mountain bike gialla, un televisore, uno stereo portatile con una ventina di cassette, un condizionatore d'aria e alcune valigie griffate, gli stivaletti bianchi, tirati a lucido, riposti con cura assieme a un paio di scarpe da ginnastica difficili da trovare nei quartieri poveri di Nuova Delhi. È quanto rimane di un sogno che per Raju è stato davvero effimero.
A undici anni - oggi ne ha ventuno - Raju è stato tra i protagonisti del film Il piccolo Budda di Bernardo Bertolucci, uscito nel 1993. Raju mostra con orgoglio gli oggetti ricordo di un momento di celebrità durato quanto il passaggio di una meteora.
Ricchezza e fama, infatti, le ha solo sfiorate. Nella valigia i vestiti, ancora piegati e ordinati, sembrano pronti per un viaggio n Occidente inutilmente atteso. È lo stesso bagaglio che ha portato con sé in Italia, Francia, Inghilterra, America e Giappone. A guardarlo sembra che il tempo si sia fermato.
Tanta dovizia di ricordi stride con la condizione attuale della precocissima star del cinema, approdata al mondo dorato di Hollywood da uno sconosciuto quartiere indiano, per poi tornare nell'ombra di uno dei ghetti più squallidi di Paharguni, nei pressi della stazione di Nuova Delhi, zona di miseria e di emarginazione. Vive con la madre, il fratello e alcune sorelle più giovani. Figlio di uno zingaro che per guadagnarsi da vivere modellava statue di divinità locali, era stato selezionato per la realizzazione del film Il piccolo Budda.
Hollywood l'aveva scoperto nell'estate 1993 nel bazar di Katmandu, Nepal, dove faceva il lustrascarpe: la favola di Cenerentola in un ghetto dell'India di oggi. L'approdo a Hollywood fu come una magia: sul set, nei momenti di pausa, l'attore-bambino si incollava alla tv per vedere il film preferito, Mamma ho perso l'aereo. Venne sommerso da giocattoli e promesse: altri film, pubblicità in tv e, al suo ritorno a Nuova Delhi, l'iscrizione nelle migliori scuole della città .
Raju ritornò a casa come un eroe e i fotografi, giornalisti e televisioni costretti ad avventurarsi nelle strade più povere per trovare la casa dove la famiglia dell'intagliatore nomade viveva con undici figli.
Poi il film uscì, ebbe successo, ma il piccolo Budda fu presto dimenticato, e con lui le promesse di una vita migliore. Nessuna delle buone scuole di Delhi lo volle: apparteneva a una casta inferiore.
Ancor oggi Raju non sa leggere né scrivere. Forse non imparerà mai. Le condizioni economiche non glielo permettono, pur avendo a suo tempo incassato per il film un compenso di 15 mila dollari; una cifra enorme per la famiglia Lal. Sembra che metà di quei soldi siano andati rapidamente spesi per far sposare due sorelle, il resto lo ha fatto la scarsa dimestichezza della famiglia a gestire quei soldi: Siamo povera gente - ha confidato il papà a chi è andato a trovarlo quando i tempi duri erano già cominciati -. Noi non abbiamo diritto ai sogni.
Eppure, Raju il sogno continua a coltivarlo. L'aria dell'attore gli è rimasta: quando indossa il giubbotto nero acquistato in America, calza gli stivaletti bianchi alla occidentale e si passa il gel sui capelli sembra un divo pronto a entrare in scena.
Se oggi conosciamo questa piccola triste storia di vita, lo dobbiamo al fotografo Roberto Dotti che ha scoperto l'attore dimenticato durante uno dei suoi reportage dall'India. Le immagini documentano esattamente il sogno del piccolo Budda finito troppo in fretta. Raju è ritornato a fare il lustrascarpe. Lo sguardo, malinconico, rivela tristezza ma anche orgoglio per essere stato, lui bambino povero, uno dei principali protagonisti di un film hollywodiano. La speranza è dura a morire. A chi va a trovarlo confida: So recitare, se qualcuno mi offre una parte....
Post scriptum. Una curiosità . Alla ricerca di altre notizie sul dimenticato interprete de Il piccolo Budda, abbiamo provato a chiedere lumi al computer, via internet. Quasi certi di un insuccesso, abbiamo compilato nell'apposita casella cerca il suo nome: Raju Lal, e poi premuto il tasto trova. Ed ecco immediatamente apparire sullo schermo l'home page di un sito americano, aggiornato al 2003, che ha delle pagine riservate a quanti vogliono inviare messaggi e interloquire con Raju Lal. Il sito è uk.imdb.com. Impossibile sapere se qualcuno lo abbia frequentato e, soprattutto, se a Raju Lal sia mai giunto qualcosa, visto che è ancora analfabeta e vive in un quartiere dove i computer probabilmente non sono di casa. Sarebbe bello se a ricordarsi di lui fossero coloro che gli avevano promesso un'istruzione adeguata. I soldi, come si è visto, fanno presto a finire. L'istruzione serve a dare dignità , a porre le basi per un futuro costruito con le proprie mani, e su fondamenta più solide di un colpo di fortuna insperato.
Che cosa racconta il film di Bertolucci
Il piccolo Budda racconta la storia della reincarnazione del Lama in un bimbo americano, Jesse Konrad. La vicenda del film comincia quando alla porta dei Konrad si presentano dei monaci buddisti convinti che Jesse possa essere la reincarnazione di uno dei loro più rispettati Lama. I genitori dapprima sono scettici, ma poi il padre accompagna Jesse nel Nepal, dove deve confrontarsi con altri due candidati (uno di questi è interpretato da Raju). Qui i due scoprono un mondo completamente diverso, vivendo nei monasteri tibetani. Il vecchio Lama Norbu racconta a Jesse la storia del mitico principe Siddharta, vissuto 2 mila 500 anni prima e destinato a diventare la personificazione storica del Budda. Il film torna così indietro nei millenni, fino alla corte del principe Siddartha per raccontare la storia della sua illuminazione.