Facciamo appello alla speranza

Il costo della vita in Argentina è più elevato che in Italia. Le pensioni minime viaggiano sui 150 pesos- dollari al mese quando ne servirebbero almeno 500.
04 Settembre 2001 | di

«Sono il presidente delle Acli in Argentina e sono anche membro del Consiglio Direttivo della FAI, Federazione Acli Internazionale, in veste di coordinatore per l";America Latina.
«Vorrei portare a conoscenza degli italiani che vivono nel mondo la triste situazione che stanno attraversando i connazionali residenti in Argentina e nel resto dell";America Latina che, come tutte le zone depresse del pianeta, sta soffrendo le conseguenze della globalizzazione che arricchisce ancora di più i Paesi ricchi a scapito delle zone depresse.
«L";Argentina è afflitta da una crisi economica che dura da molti anni e che si è aggravata negli ultimi tempi. Pertanto sono numerosissimi i nostri connazionali emigrati e i loro discendenti che vivono in condizioni di indigenza. Per lo più si tratta di persone anziane, considerando che l";emigrazione di massa verso l";Argentina si è chiusa negli anni Cinquanta. Questi anziani riscuotono pensioni misere: la maggior parte di loro hanno la pensione minima mensile di 150 pesos o dollari (dal 1992 un pesos equivale ad un dollaro), quando per vivere decentemente sarebbero necessari almeno 500 pesos. Il costo della vita qui è più caro che in Italia. L";assistenza sanitaria per i pensionati è curata dal PAMI (Programma di Assistenza Medica Integrale), ente statale che è in crisi finanziaria permanente, e ciò fa sì che molti pensionati non sono curati come si dovrebbe perciò esiste un tasso di mortalità  di molto superiore a quello dei Paesi industrializzati. I più facoltosi, una minoranza, possono ricorrere alle prestazioni sanitarie private. Per i disoccupati (il 20% della popolazione) la situazione è ancora più grave in quanto sono abbandonati a se stessi.
«Sotto l";aspetto economico aveva suscitato qualche speranza la creazione del Mercosur, ma dopo un miglioramento iniziale, l";unico Paese che ha veramente beneficiato di questo mercato è il Brasile in quanto gli altri partner (Argentina, Uruguay e Paraguay) non possono competere a causa della sproporzione delle loro economie rispetto a quella brasiliana.
«Di fronte a questa gravissima situazione l";Italia, che è un Paese generoso e spende miliardi per i Paesi del Terzo Mondo, non ricorda i suoi figli che si trovano all";estero in situazioni di indigenza. Per i cittadini italiani all";estero dovrebbero esserci strumenti efficaci di assistenza attraverso accordi di cooperazione con enti pubblici e privati. Se gli emigrati dovessero ritornare in massa in Italia, lo Stato sarebbe costretto a stanziare per loro, in assistenza e pensioni, finanziamenti che moltiplicherebbero di molto le cifre che si impiegano attualmente per l";assistenza all";estero. Quelli che godono delle pensioni in convenzione internazionale sono una minoranza.
«In quanto ai giovani, figli di emigrati, si crea un paradosso. Infatti di fronte alla situazione descritta, molti vogliono lasciare l";Argentina per stabilirsi all";estero. Considerando che la popolazione argentina è formata specialmente da discendenti di italiani e spagnoli, molti giovani fanno la fila davanti alle ambasciate e ai consolati d";Italia e Spagna per ottenere l";agognata cittadinanza e il relativo passaporto che permetterà  loro di stabilirsi nei Paesi d";origine dei loro nonni.
«Disgraziatamente l";Argentina, che è un Paese ricchissimo, ha una classe dirigente impreparata che ha portato il Paese alla triste situazione attuale. Speriamo che in futuro le cose possano migliorare».
Cav. Alfonso Grassi

La lettera del Presidente delle Acli d";Argentina ci presenta in modo lucido e triste, la situazione di un Paese che dopo gli anni di miracoloso sviluppo all";epoca della grande emigrazione, è entrato in un tunnel di decadenza economica che appare senza uscita.
La lettera ci presenta le conseguenze di questa decadenza sulle fasce di popolazione più esposte: gli anziani e i giovani. Si tratta del passato e del futuro, le due grandi forze dello sviluppo entro cui l";Argentina è prigioniera senza riuscire a intravedere una via d";uscita. All";inizio della lettera, il Presidente delle Acli in Argentina illustra l";attuale situazione nella chiave interpretativa della globalizzazione, come causa fondamentale dei crescenti dualismi tra le aree ricche e quelle povere del nostro pianeta. Si tratta di un punto estremamente controverso e complesso, ma che ci deve spingere a non rimanere passivi di fronte alle conseguenze della forte accelerazione del progresso tecnico nei Paesi ricchi, alla crescente concorrenza, alla maggiore mobilità  internazionale, alla distribuzione della ricchezza a livello mondiale. In estrema sintesi, si tratta del dovere morale della responsabilità  e della solidarietà  che occorre coniugare con lo sviluppo, come mai si stanca di ricordarci Giovanni Paolo II.
La crisi economica e sociale argentina si colloca in questo scenario, e la lettera fa molto bene a ricordarcelo, prima di passare ad esaminare le cause più strettamente interne o legate alla presenza del Mercosur, il Mercato comune del Sud America.
Sul piano interno, il presidente delle Acli in Argentina parte giustamente dalla scelta fatta dieci anni fa della convertibilità  del peso, sulla base di un cambio fisso di parità  con il dollaro, certamente necessaria per sconfiggere l";iperinflazione che stava scardinando tutti i rapporti economici e sociali. Per alcuni anni è stato possibile vedere gli effetti positivi di quella scelta con tassi di sviluppo dell";economia argentina molto soddisfacenti e inflazione bassa e calante. Il quadro muta profondamente qualche anno fa con l";inizio della svalutazione della moneta brasiliana rispetto al dollaro e le prime difficoltà  del Mercosur. Da allora le difficoltà  interne dell";Argentina, causate dall";alto costo della vita e dai conseguenti effetti depressivi sulla domanda interna (consumi e investimenti) si sono sommate a quelle sulla domanda estera dovute alla crescente sopravvalutazione del peso e ai conseguenti effetti negativi sulle capacità  di esportazione nell";area del Mercosur e sulla riallocazione degli investimenti esteri diretti nell";area a favore del Brasile. Questo complesso di cause interne ed esterne ha fatto precipitare l";Argentina in una profonda depressione, con diminuzione del prodotto interno lordo che durano da un triennio e che hanno finito per condizionare in maniera sempre più pesante le finanze pubbliche per l";inevitabile ripercussione sulle entrate. Il contenimento del deficit imposto sul piano internazionale per non pregiudicare il ricorso al mercato dei capitali, ha finito per abbattersi sulla spesa e, in primo luogo, su quella di carattere sociale. Come ci ricorda la lettera qui commentata, a pagare le conseguenze di questa situazione che si trascina da anni sono le categorie sociali più deboli e, tra queste, i pensionati.
Il neo ministro per l";Economia, Domingo Cavallo, ha tentato di tamponare la crisi, con misure che cercano di rilanciare la competitività  dell";economia argentina con provvedimenti di tipo valutario e daziario, senza disporre però di un programma a medio termine in grado di dare al Paese prospettive concrete e credibili, soprattutto da parte dei mercati internazionali dei capitali. L";Argentina infatti ha un enorme bisogno di capitali per ripagare i debiti contratti in passato e per coprire il deficit delle partite correnti della bilancia dei pagamenti. Lo stesso provvedimento valutario di Cavallo di aggancio del peso per metà  al dollaro e per l";altra metà  all";euro si è rivelato nei fatti un tentativo non riuscito, con un occhio rivolto agli Stati Uniti e l";altro rivolto all";Europa. I mercati finanziari internazionali hanno subito colto lo «strabismo» di questa operazione e hanno continuato a penalizzare l";Argentina con premi al rischio sui tassi di interesse internazionali elevatissimi. Al punto in cui siamo giunti, per uscire dalla crisi, all";Argentina non è rimasta che una strada: riportare il cambio del peso a un livello realistico, possibilmente agganciandosi alla moneta brasiliana per riequilibrare la struttura dei costi e dei prezzi, e contemporaneamente varare un programma economico a medio termine che ridia prospettive al Paese con il sostegno degli Stati Uniti e dell";Europa.
Alcuni possono essere scettici sulla praticabilità  di questo percorso, soprattutto alla luce della politica americana di largo respiro per la creazione di una grande area di libero scambio delle Americhe, sostenuta dal processo già  in atto di «dollarizzazione» dei Paesi dell";America Latina. L";Europa e, in particolare, l";Unione Europea deve fare la sua parte per sostenere la ripresa del cammino, ora bloccato, del Mercosur e per aprirsi all";Argentina senza il timore di mettere in discussione la propria politica agricola comune (Pac). Ci potranno essere nell";immediato delle perdite economiche, ma queste non sono nulla rispetto al bene supremo della salute dei cittadini europei (vedi il caso della mucca pazza) in una prospettiva di medio-lungo periodo.
Impraticabile risulterebbe anche l";aggiustamento del tasso di cambio del peso rispetto al dollaro perchè le famiglie e le imprese argentine sono molte indebitate in dollari. Una svalutazione del peso renderebbe traumatico il rimborso dei debiti accumulati in valuta forte.
In un recente intervento su La Nacion, l";ex presidente dell";Uruguay, Julio Maria Sanguinetti, parla della grande singolarità  della storia economica dell";Argentina rispetto ai consueti paradigmi di analisi dei processi di sviluppo economico. Sanguinetti ricorda che nel 1908 l";Argentina aveva un prodotto medio per abitante superiore a quello di Germania, Giappone e Francia, e le distanze erano ancora più forti rispetto all";Italia e alla Spagna. Nel 1928, prima della grande crisi economica mondiale, il prodotto medio pro-capite dell";Argentina si collocava al dodicesimo posto nel mondo. Se l";Argentina avesse mantenuto nel tempo questa posizione, il reddito per abitante sarebbe oggi di 26 mila dollari, più del triplo di quello attuale. Il vero problema, ci dice Sanguinetti, è che l";Argentina è stato un grande Paese, grazie alla spettacolare combinazione degli inizi del secolo scorso tra enormi risorse naturali, capitale umano (emigrazione) con la voglia di riscattarsi e di creare sviluppo sostenuto dalla finanza. Questa Argentina non c";è più, o non si sente di essere per una serie complessa di fattori ai quali è stato possibile solo accennare. Leggendo la lettera del Presidente delle Acli in Argentina si respira questa sensazione.
Inoltre va rimarcato il crescente dualismo della situazione economica e sociale tra Buenos Aires e le altre città  del Paese poste nella cintura della capitale federale. Fa eccezione La Plata molto simile a Buenos Aires. E potrebbero crescere tremendamente i problemi di controllo sociale e di ordine pubblico in queste parti più povere dell";Argentina.
Bisogna avere il coraggio di riprendere la via della modernizzazione con un";iniezione di fiducia agli argentini, grazie anche a una nuova politica estera da parte dell";Unione Europea, facendo leva sui profondi legami storici, culturali e linguistici che ci legano al popolo argentino. Come conclude Sanguinetti, l";Argentina deve recuperare la fede in se stessa, la fede e l";etica del lavoro che possedevano gli emigrati che nel secolo scorso arrivarono dalla Spagna e dall";Italia in condizioni di estrema povertà  e che costruirono la sua grandezza.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017