Febbraio, mese della vita
«Educare alla pienezza della vita», è il tema del messaggio per la Giornata della vita che in Italia si celebra il 6 febbraio. Un tema che pone l’educazione come sfida e compito urgente a cui tutti siamo chiamati, promuovendo, in realtà culturali sempre più secolarizzate e incominciando dalle nuove generazioni, una cultura e un’accoglienza della vita dal suo nascere al suo naturale compimento. Educare oggi è una sfida perché i contesti in cui ci muoviamo e operiamo sono pervasi da una cultura in cui domina il relativismo, che nega l’esistenza di una verità interprete di una «ragione più alta» chiamata a orientare le nostre scelte di vita, come aveva ben sottolineato Giovanni Paolo II nell’enciclica Veritatis splendor. Siamo immersi in una cultura nichilista che nega alla radice l’esistenza dei valori cristiani, non accettando l’idea ebraico-cristiana dell’uomo immagine di Dio.
Come educare, allora, vivendo in ambiti familiari e in strutture formative, pubbliche e sociali, che rifiutano una visione dell’uomo e della vita alimentata da valori e criteri originari, legati alla natura dell’uomo? «Occorre diffondere un nuovo umanesimo», sottolinea il messaggio della Giornata del malato (11 febbraio), vale a dire promuovere una svolta culturale propiziata dalle numerose testimonianze di speranza e di solidarietà esistenti nelle comunità cristiane. Sono presenze, come quella di Madre Teresa di Calcutta, che ci aiutano a guardare alla vita come al dono più alto che Dio ha fatto all’umanità. Ed è significativo che papa Benedetto XVI nel suo Messaggio per la XXVI Giornata Mondiale della Gioventù 2011, abbia scritto che «l’uomo è veramente creato per ciò che è grande, per l’infinito. Il desiderio della vita più grande è un segno del fatto che ci ha creati Lui, che portiamo la sua “impronta”. Dio è vita, e per questo ogni creatura tende alla vita; e in modo unico e speciale la persona umana, fatta ad immagine di Dio, aspira all’amore, alla gioia e alla pace». Sono proprio la bellezza e la forza dell’amore a dare pienezza di senso alla vita e a tradursi in spirito di sacrificio, in dedizione generosa e in accompagnamento assiduo.
«Se ogni uomo è nostro fratello, tanto più il debole, il sofferente e il bisognoso di cura devono essere al centro della nostra attenzione, perché nessuno di loro si senta dimenticato o emarginato», scrive Benedetto XVI nel suo messaggio per la Giornata del malato. Questo vale per il singolo, ma anche per la società. Infatti, riprendendo un passo significativo della Lettera enciclica Spe salvi, egli riafferma che «la misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana».
Il messaggio del Pontefice per la Giornata Mondiale del Malato è scritto in un momento difficile, nel quale una crisi economica globale, sta attanagliando lo sviluppo e togliendo speranza a tante prospettive umane. In tale contesto l’attenzione della Chiesa si rivolge ai diritti e ai bisogni della persona, opponendosi a scelte politiche e sociali che tolgono garanzie e sicurezze all’esistenza. La tentazione di impostare riforme sanitarie al mero fine di ridurre i costi, può aprire, per esempio, scenari negativi sulla vita delle persone bisognose di particolare assistenza. Il rischio è di giungere a giustificare politiche di sostegno all’eutanasia, non riconoscendo che il valore della vita non dipende dall’età e dalle condizioni sanitarie di una persona. Se fosse così, perderemmo molto: il significato stesso della vita, di ogni vita, sarebbe depauperato.