Fratello straniero

Occorrono strategie politico-economiche libere dagli interessi delle multinazionali, per sperare che il terzo millennio sia tempo di giustizia e di pace.
01 Novembre 1999 | di

Stiamo entrando nel terzo millennio con una forte speranza, ma consapevoli che esso sarà  come noi lo costruiamo. I messaggi giubilari che Giovanni Paolo II continuamente lancia al mondo, ci invitano a entrarvi con cuore nuovo, perché solo se rinnovati nella vita e nel modo di pensare potremo promuovere una coscienza di fraternità , di giustizia e di pace.
L'impegno delle istituzioni internazionali e di tante organizzazioni di ispirazione cristiana e laica è rivolto soprattutto ai Paesi in via di sviluppo per la salvaguardia dei diritti umani, per l'abolizione della pena di morte e dell'uso iniquo di fanciulli e adolescenti nei conflitti che si perpetuano in diversi Paesi dell'Africa e dell'Asia; per la messa al bando delle mine antiuomo e per la cancellazione o consistente riduzione del debito internazionale che pesa sul destino di tanti popoli in stato di bisogno. È infatti ingiusto che i Paesi ricchi esigano da nazioni ancora povere quanto essi, da creditori, già  hanno largamente recuperato. Ma nonostante questi interventi per superare le sfide che continuamente emergono contro i diritti dell'uomo, urge la mobilitazione di tutte le forze morali, spirituali e sociali dell'intera società . Non esistono ricette facili, ma già  il nostro metterci insieme, può incidere e far crescere una nuova coscienza anche attraverso quella «purificazione della memoria», suggerita dal Papa, che aiuta i popoli a dimenticare le guerre e gli errori del passato, per costruire con cuore nuovo un futuro migliore.
Padre Bruno Mioli, scalabriniano, ci ha trasmesso un caro ricordo personale. A una recente «Festa dei popoli» organizzata in una parrocchia romana, era accanto a Teresinha, immigrata brasiliana. La donna teneva con sé due figli minori; il maggiore è in Messico, a Tijuana, in attesa di varcare la frontiera con gli Stati Uniti, mentre il più piccolo è ancora con la nonna al paese nativo. «Mi batte il cuore quando sento dire dopo la consacrazione: Ricongiungi a te, Padre misericordioso, tutti i tuoi figli ovunque dispersi. Questi figli dispersi siamo io e i miei figli, siamo noi immigrati; già , dispersos pelo mundo inteiro, ha esclamato. Questa donna sta vivendo un'esperienza emblematica in un momento storico segnato da flussi migratori, da un crescente pluralismo etnico, culturale e religioso. In questo contesto, l'esperienza vissuta da tanti italiani che hanno raggiunto i più lontani Paesi del mondo per cercare un lavoro e dare una migliore prospettiva ai figli, può essere d'aiuto per guardare con speranza il futuro di nazioni con etnie, culture e religioni diverse. Ricordando le sconvolgenti immagini della guerra del Kosovo o la situazione drammatica dei Nuba nel Sudan, ci poniamo tutti un interrogativo: com'è possibile che le istituzioni e quanti gestiscono oggi il potere, non intervengano più celermente per salvaguardare la vita delle persone?
Teresinha e i suoi figli dispersos pelo mundo inteiro ci ricordano che noi siamo su questo pianeta membri di una comunità  in continua trasformazione, ma in cammino verso un patria senza i ristretti confini della geografia umana. Ci ricordano che ogni straniero, giunto in mezzo a noi, è un fratello e che «Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto» Atti 10,35. Ogni incontro tra popoli di etnia, cultura e religione diversa, può trasformarsi, in questo spirito, in momento e occasione in cui le persone si riconoscono per i valori di cui sono portatrici. Sono molte le esperienze vissute da comunità  interetniche che sono riuscite a mettere insieme i loro valori culturali e religiosi. La loro esperienza conferma che siamo tutti chiamati a condividere i nostri doni e la nostra identità .

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017