Frei Rovilio, icona della cultura sud-rio-grandense

«Compagno di strada indispensabile e indimenticabile» per tanti ricercatori e antropologi, il frate capuccino di Porto Allegre dal 1968 ad oggi è punto di riferimento anche per le sue grandi qualità spirituali e umane.
15 Marzo 2007 | di

Porto Alegre RS

Rua Verissimo Rosa, nel quartiere Santo Antonio, è una trasversale della Avenida Ipiranga, la grande arteria che si snoda a sud del Centro di Porto Alegre. La capitale del Rio Grande do Sul è una vasta e verdissima metropoli di circa un milione e mezzo di abitanti, oltre quattro milioni se vi si aggiungono i residenti nei vari sobborghi. Purtroppo non esenti dal fenomeno delle favelas. Il cuore della città, con la bella cattedrale cattolica, la piazza Matriz e i palazzi governativi, conserva l’impronta impressa dai primi abitanti, provenienti dalle Azzorre portoghesi. Qui hanno avuto luogo finora tre Forum sociali mondiali e varie Conferenze internazionali. Per i congressisti e i turisti, visitatori occasionali, ci sono grandi alberghi,  moderni centri commerciali, ristoranti di qualità (eccezionali le «churrascherie»). Per la popolazione residente? Mah... ho visitato una serie di negozietti, ben tenuti e con personale cordiale e sorridente, difesi da inferriate su porte e vetrine. «Tutto il mondo è paese», ma non è bene arrendersi a impressioni superficiali. In Rua Verdissimo Rosa sto per trovare risposte e orientamenti più profondi.

Sono partita da Vancouver con un’idea fissa, quella di poter incontrare il leggendario Frei Rovilio Costa. Un personaggio sentito nominare con particolare riverenza da almeno tre decenni, un punto di riferimento per una mia ricerca su alcuni aspetti dell’emigrazione veneta nel sud del Brasile. Mete principali del mio viaggio sono state Nova Padua ed Aratiba, per il secondo grande raduno della numerosissima famiglia Pan sudamericana. Ma finalmente potrò conoscere anche Frei Rovilio. Un cappuccino nel suo austero convento? Minuto e ascetico, un tipo alla padre Leopoldo dei miei anni infantili? L’incontro col personaggio è scioccante. Mi trovo davanti un omone in comune abbigliamento borghese e dai modi affabili: alta statura, candidi capelli, volto scavato, sguardo arguto e indagatore, vivace parlata Taliana condita da battute ora provocatorie ora confidenziali. Vive in una casetta circondata da verde e fiori (c’è anche una pergola di viti), all’interno piena zeppa di libri. Ci sono libri dappertutto, nel basso scantinato e su per le strette scale. Pareti rivestite di libri, scaffali e ripiani ricoperti di libri. Questo è il suo abitacolo, uno spartano giaciglio nella minuscola camera da letto dove ci sta appena una scrivania nei cui cassetti sono ricoverate alcune memorie care, come le decine di kippah donatigli dai suoi amici ebrei. Qui nascono i famosi libri, elaborati da solo o in cooperazione con altri, e i molti articoli per giornali e riviste. Frei Rovilio, che è poliglotta, preferisce parlare e scrivere nel prediletto Talian, koiné linguistica di cui è instancabile paladino e che deriva dalla sintesi di vari dialetti regionali: veneto, trentino, friulano, lombardo, con infiltrazioni di portoghese. Da casa coordina e dirige le migliaia di edizioni EST, e da qui corre in giro per il suo apostolato di prete pieno di energia umana e spirituale. È una sensazione inebriante, passo da un libro all’altro, li tocco con la voglia di sfogliarli tutti, ne ritrovo alcuni già conosciuti e altri che mi ripromettevo di procurarmi. C’è anche, in edizione EST bilingue, la Storia dimenticata del compianto Deliso Villa. E la bella trilogia Far la Cucagna di Mario Gardelin, Far la Vita di Amelia Diomira Lain e Far la Storia di Geraldo Sostizzo, tutti in perfetto Talian. Intanto lui parla scherzosamente, ma non racconta di sé, se non di essere nato a Veranopolis da famiglia di agricoltori (o meglio «coloni», come si usa dire in Rio Grande), «ceo» di sette figlioli. I genitori, oriundi cremonese il padre e trevisana la madre, discendevano dai fondatori di una delle prime comunità di immigrati italiani nella Serra gaucha.

Com’è avvenuta la sua scelta francescana? «Par scaparghe ai Maristi...», risponde sornione. Solo più tardi verrò indirettamente a sapere della sua precoce vocazione, da lui attribuita alla religiosissima madre e alla madrina-maestra degli anni infantili. L’attitudine allo studio e alla ricerca, la naturale capacità di comunicare e socializzare, la pratica delle attività domestiche e di lavoro nella fattoria di campagna, l’avere condiviso con la mamma la cura a bisognosi, malati e defunti, lo hanno inizialmente ispirato. Per farlo diventare, inevitabilmente, un leader sia in campo sociale che culturale. Ma non chiamiamolo storico, per carità... i suoi insegnanti di storia, precisa, anziché aiutarlo ad apprenderla, lo aiutarono a detestarla. «Para mim historia era historia do pai, da mae, da familia, dos avos» (per me la storia era quella del papà, della mamma, della famiglia, dei nonni). «A verdadera historia, aquela que è dita maestra da vida, fundamenta-se nas experiencias da vida» (la vera storia, quella detta maestra di vita, è fondata sulle esperienze della vita). Ecco la chiave di interpretazione della sua originale opera di antropologo e di testimone dell’epopea di uomini e donne, famiglie e comunità, popoli e movimenti nel Brasile, in particolare nel Rio Grande do Sul.

Sfoglio Etnias & Carisma: Polianteia em Homenagem a Rovilio Costa, volume di oltre mille pagine curato nel 2000 da Antonio Suliani ed edito dalla Pontificia Universidade Catolica do Rio Grande do Sul. Vi sono raccolti scritti di insigni ricercatori – teologi, filosofi, antropologi, educatori, psicologi, sociologi e studiosi del processo immigratorio – che hanno voluto omaggiare nel frate cappuccino «una icona della cultura sud-rio-grandense». L’occasione per tale speciale convito, è detto in prefazione, è nata da una serie di commemorazioni: i 66 anni di vita e i 40 di sacerdozio di Frei Rovilio, i 125 anni dell’immigrazione italiana e i 175 di quella tedesca nel Rio Grande do Sul, e i 500 anni della scoperta del Brasile. Vi è anche contenuto un saggio del direttore della Fondazione Agnelli, Marcello Pacini, che conclude: «Per la sua intelligenza di studioso e di ricercatore, per le sue doti di organizzatore culturale e, non da ultimo, per le sue grandi qualità spirituali e umane, la Fondazione Giovanni Agnelli ha trovato in Rovilio Costa un compagno di strada indispensabile e indimenticabile». Sottomano ho un altro recente libretto: Rovilio Costa - Homem, Obra e Acervo, a cura di Vania Heredia & Loraine Giron, edito in Porto Alegre con la sponsorizzazione della Fondazione Cassamarca di Treviso. Presenta una rassegna delle opere del frate, a partire da tematiche, obiettivi e metodo: raccolte nell’Archivio storico del Rio Grande do Sul, «le sue sono le uniche che riportano le singole voci dei coloni con le loro vivide storie tramite i ricordi trasmessi di generazione in generazione». È errato affermare che c’è un prima e un dopo Rovilio Costa per chiunque si occupi delle vicende  dell’immigrazione italiana in Brasile? Mi allontano da Rua Verissimo Rosa commossa, e arricchita dalla benedizione di Frei Rovilio.
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017