Frère Roger Schutz profeta della riconciliazione

Una folle ha ucciso, lo scorso agosto, il fondatore di Taizé, un'esperienza di pace e di ecumenismo che ha affascinato milioni di giovani.
26 Settembre 2005 | di

È morto mentre pregava insieme con i suoi giovani, come ogni sera, nella chiesa della Riconciliazione. Lui che ha speso la vita intera a testimoniare la pace, è caduto vittima di una folle mano omicida.
Eppure quella mano ha consegnato frère Roger, fondatore della Comunità  ecumenica di Taizé, alla storia della Chiesa con un sigillo in più: quello del martirio.
Un martirio non cercato, sicuramente diverso da quello di tanti altri uomini di Dio caduti in odio alla fede, in terra di missione, ma certamente quell`€™anziano, piccolo e fragile monaco ha versato il sangue per la sua fedeltà  a Cristo.
Frère Roger, 90 anni compiuti il 12 maggio, era un simbolo della cristianità  di oggi e per questo è stato colpito.
E poco importa se ciò è avvenuto per un lucido disegno o per le deviazioni di una mente annebbiata dalla follia, come sembra (ad ucciderlo a coltellate è stata una trentaseienne romena squilibrata). Di certo la sua testimonianza luminosa di uomo di preghiera, di instancabile tessitore di unità  tra i cristiani, la sua figura carismatica e profetica in anni spesso difficili, restano come modello e segno di speranza per la Chiesa intera.

Con quella straordinaria intuizione chiamata Comunità  ecumenica di Taizé `€“ «questa primavera per la Chiesa», come la definì Giovanni XXIII `€“ frère Roger ha cercato di aprire nuove strade che portassero «alla guarigione delle lacerazioni che dividono i cristiani» e proprio nella riconciliazione dei credenti in Cristo egli ha visto la strada per superare anche i conflitti nell`€™umanità .
Non aveva una politica, non seguiva ideologie. Aveva Dio. E nonostante la sua figura minuta, aveva la tempra forte di chi crede fino in fondo, senza tentennamenti.

La notizia della sua morte, avvenuta la sera del 16 agosto, giorno di apertura della Giornata mondiale della Gioventù a Colonia, ha colpito tutti.
Benedetto XVI lo ha ricordato all`€™Udienza generale il giorno seguente, rivelando che solo qualche ora prima aveva ricevuto un messaggio dal priore di Taizé. Nella lettera frère Roger si scusava di non poter essere a Colonia a causa delle precarie condizioni di salute, ma rinnovava la profonda comunione della Comunità  con il Papa, dalle cui mani aveva ricevuto l`€™Eucaristia durante le esequie di Giovanni Paolo II, cui era legato da amicizia.

La storia della Comunità  ha un prologo il 21 agosto del 1940, quando frère Roger, 25 anni, monaco protestante il cui cognome è Schutz, lascia il suo Paese natale, la Svizzera, e si ferma a Taizé, `€“ nel cuore della Borgogna, tra Cluny e Citeaux, in Francia `€“ dove decide di coronare il suo sogno.
Colpito dalla tubercolosi, matura la chiamata a creare una comunità  dove la semplicità  e la bontà  del cuore sarebbero state vissute quotidianamente, dove fosse possibile vivere ogni giorno nel concreto l`€™esperienza della riconciliazione.
Non solo. Egli vuole realizzare questo progetto nel cuore delle sofferenze del momento storico, nel pieno della seconda guerra mondiale.
Il piccolo villaggio di Taizé, vicino alla linea che divide in due la Francia, appare il luogo ideale per accogliere quanti fuggono dagli orrori della guerra (tra i rifugiati, si conteranno numerosi ebrei). Ma l`€™attività  `€“ alla quale partecipa la sorella Geneviève `€“ viene scoperta e, nel 1942, il monaco deve lasciare il Paese.
Può fare ritorno a Taizé poco meno di due anni dopo. Ma non è più solo. Con lui ci sono alcuni fratelli, tra cui Max Thurian, con i quali ha intrapreso una vita comune.

Una preoccupazione: la ricerca dell`€™unità 
Sin dai primi tempi la principale preoccupazione di frère Roger è la ricerca dell`€™unità  visibile dei cristiani. Intuisce che il vero scandalo agli occhi del mondo è la divisione dei discepoli di Cristo. L`€™abate Couturier di Lione è per lui una grande guida. È proprio l`€™abate ad organizzare, nel settembre 1942, un incontro ecumenico nell`€™abbazia des Dommes.
Da quel momento la vocazione di Taizé è delineata inequivocabilmente: vita liturgica, preghiera per l`€™unità  e per la riconciliazione nella Chiesa.
Significativa la scritta che accoglie gli ospiti e i pellegrini: «Voi che giungete qui: riconciliatevi! Cattolici, protestanti, ortodossi, giovani e anziani, bianchi e neri».

Con Max Thurian, confondatore della Comunità , studia san Francesco e la vita di Taizé viene modellata secondo la Regola francescana.
Con il passare degli anni, si aggiungono altri fratelli. E se all`€™inizio sono solo di origini evangeliche, i primi fratelli cattolici non tardano a entrare nella Comunità  che oggi li raccoglie da oltre venticinque Nazioni.
Alcuni vivono in piccole fraternità  nei quartieri poveri delle città  dell`€™Asia, dell`€™Africa, dell`€™America.
Dal 1962 fino al crollo del Muro di Berlino fratelli e giovani mandati da Taizé continuano a fare la spola con molta discrezione con i Paesi dell`€™Europa orientale per essere accanto a quanti sono bloccati dalla cosiddetta «cortina di ferro».

Fin dall`€™inizio sono i giovani i principali interlocutori di frère Roger, che in essi ripone grande fiducia. Anche negli anni difficili della contestazione non perde la speranza: «Con loro `€“ afferma `€“ la Chiesa andrà  lontano». Pensa a un «Concilio dei giovani», convinto che occorra adattare il linguaggio della fede alle esigenze delle nuove generazioni.
I giovani lo ascoltano, sono attratti dal quel frate, dalle sue parole, dall`€™esperienza di fede e di vita che propone. E così sono sempre più numerosi quanti giungono a Taizé per partecipare di settimana in settimana agli incontri che riuniscono giovani di ogni parte del mondo (a volte si toccano le 6 mila presenze da cento nazioni).  

È di frère Roger anche la grande intuizione che anticipa e ispira le Giornate mondiali della Gioventù volute da Giovanni Paolo II. Dal 1978, infatti, la Comunità  anima un significativo «pellegrinaggio di fiducia sulla terra» che tra la fine di un anno e l`€™inizio di quello successivo prevede un Incontro europeo di sei giorni che riunisce decine di migliaia di giovani in una grande città  (il prossimo sarà  a Milano).

Pastore protestante, frère Roger ama molto la Chiesa cattolica, tanto da ricevere numerosi attestati di stima e di affetto dai Papi. A cominciare da Pio XII.
Frère Roger è già  da quasi dieci anni a Taizé quando viene a Roma, con Max Thurian, per incontrare papa Pacelli, nel 1949. È in questo periodo che nasce una forte amicizia spirituale anche con l`€™allora monsignor Giovanni Battista Montini. È lui a preparare con cura l`€™udienza con il Papa, che si mostra attento alla ricerca dell`€™unità  cristiana nella preghiera e nel dialogo, della vita monastica a Taizé.
Un rapporto strettissimo si stabilisce anche con Giovanni XXIII che invita frère Roger e Max Thurian a seguire i lavori del concilio Vaticano II come Osservatori. Quell`€™esperienza dà  un impulso ancora maggiore all`€™impegno ecumenico della Comunità .
Con Paolo VI `€“ che nel 1969 autorizza l`€™ingresso di religiosi cattolici nella Comunità  `€“ continua un rapporto già  ben saldo.
Come pure con Giovanni Paolo II, che frère Roger ha conosciuto durante il Concilio da arcivescovo di Cracovia, e che riceve ogni anno in udienza privata in Vaticano. Visite che il Santo Padre ricambia il 5 ottobre 1980, durante il terzo pellegrinaggio in Francia, recandosi a Taizè.
Il discorso pronunciato da Giovanni Paolo II resta scolpito nel cuore dei presenti e un passaggio in particolare assume il segno di una consegna: «Come voi, pellegrini e amici della Comunità , il Papa è di passaggio. Ma si passa a Taizé come si passa accanto ad una fonte. Il viaggiatore si ferma, si disseta e continua il cammino».

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017