Galileo, l'uomo che voleva la Luna

Quattro secoli fa, lo scienziato pisano spalancava i cieli alla ricerca astronomica. Una fascinazione che non smette di sedurre gli studiosi di ogni epoca alla ricerca dei segni del Creatore.
16 Aprile 2009 | di

Roma

Bettero. La ricerca e l'approccio speculativo di Galileo hanno cambiato la storia della scienza. Oggi cosa resta di quello spirito?
Kock.
Galileo è riconosciuto come l'inventore del metodo sperimentale. Da questo punto di vista, i suoi inizi hanno segnato l'alba della scienza moderna, e sono tutt'oggi validi. Fin dai suoi primi scritti padovani sulla meccanica, sul moto e fino all'ultimo scritto sui discorsi delle due nuove scienze, questo viene fortemente messo in rilievo, e resta un punto stabile dell'esperienza scientifica attuale. Galileo parlava di esperienze ben cento volte replicate sempre con il medesimo risultato. Credo che per la ricerca sia questo a rimanere importante. é stata gradualmente assodata la necessità di distinguere tra i metodi specifici di lavoro della filosofia, della scienza e dell'ermeneutica biblica. Galileo viene riconosciuto, anche in virtù del famoso discorso del 1992 di Papa Giovanni Paolo II, come colui che ha dato impulso a questa necessaria distinzione.
Le osservazioni astronomiche di Galileo, l'uso del telescopio, la volontà di superare certi dogmi in auge all'inizio del XVII secolo, produssero delle tensioni molto forti tra Galileo e la chiesa, ma anche all'interno della chiesa stessa. Come sono state riassorbite queste frizioni?
Le tensioni del XVII secolo erano dovute ai primi incerti tentativi di distinguere ciè che è proprio delle scienze naturali da ciò che si può e si deve affermare, in seno alla fede e alla teologia cristiana, nei riguardi della visione del mondo. Allora le istanze ecclesiali non erano preparate - come peraltro accadeva un po' in tutto l'ambito della cultura - a una rivoluzione della visione del mondo qual era quella proposta dalla Teoria copernicana. Del resto, Galileo, nella sua geniale intuizione, vedeva che bisognava sostenere la visione copernicana, ma nello stesso tempo non era stato ancora in grado di fornire delle prove scientifiche conclusive, definitive, che sarebbero venute solo più tardi. Successivamente, le tensioni relative all'astronomia si sono certamente risolte. Galileo avrebbe parlato della coordinazione tra i dati del libro della natura e del libro della scrittura. Possono ogni tanto rinascere delle differenze che, credo, abbiamo imparato a trattare. Del resto, l'uomo alla ricerca del vero è soddisfatto e gioioso quando trova coerenza e maggiore unità tra le diverse vie che vengono percorse in questa ricerca.
La chiesa è interessata in prima persona alla ricerca scientifica. Non a caso ha un proprio gruppo di osservazione che fa capo alla Specola Vaticana. Lei stesso è uno scienziato. Che apporto date alla comunità scientifica internazionale? In quali ambiti della ricerca operate?
La Specola fa principalmente ricerca scientifica nel campo dell'astronomia con la ricerca pura in svariatissimi campi. Direi che ognuno degli astronomi della Specola ha un campo differente. Ma opera in connessione con altri scienziati di tutte le posizioni filosofiche e anche teologiche. I campi vanno da quelli cosmologici: sulla ricerca di modelli dell'universo, a settori più particolari: come il contributo soprattutto del direttore della Specola, padre Funes, alla tematica della formazione e dell'evoluzione delle galassie. Noi organizziamo anche congressi internazionali: l'ultimo sulle galassie, del 2007, ha visto la partecipazione di oltre 200 astrofisici. Si studia come il tasso di formazione delle stelle contribuisca all'evoluzione delle galassie. Si studia il ruolo della materia oscura negli ammassi delle galassie. C'è poi un grosso lavoro sulla classificazione delle stelle su cui uscirà prossimamente un libro che vorrebbe essere un testo di riferimento su questo tema. Si lavora sulle scienze planetarie sia costruendo modelli, facendo ipotesi sull'attualità del Sistema solare, sia con studi più particolari sugli asteroidi e perfino sulle più tenui meteore di cui si cerca di riconoscere le fonti. Uno dei nostri confratelli ha collaborato alla determinazione di quali pianeti del Sistema solare meritino, a pieno titolo, questo ruolo. Ricordiamo, per esempio, il problema di Plutone che è stato in qualche modo declassato dalla prima categoria dei pianeti. Poi contribuiamo con la didattica nelle scuole estive per giovani studiosi di astronomia. Vengono accolti una trentina di studiosi di tutto il mondo con un'attenzione particolare a persone provenienti da Paesi in via di sviluppo. Contribuiamo anche con l'impegnativa manutenzione del telescopio vaticano che si trova in Arizona, in cima a una montagna alta tremila metri, ai confini con il Messico, che viene utilizzato non solo dagli astronomi della Specola ma anche da coloro che richiedono di servirsi di questo strumento.
Secondo lei la possibile, o probabile, scoperta di altre forme di vita intelligente extra-terrestre, magari al di fuori del Sistema solare, cambierebbe il significato e la forza della rivelazione cristiana?
é vero ed è straordinario il fatto che negli ultimi quindici anni sono stati individuati circa 320 pianeti extra-solari. All'individuazione di due di essi, ha contribuito di recente anche un astronomo associato alla Specola. Ma bisogna dire che siamo assolutamente agli inizi. Questo tipo di ricerca è ancora rivolta a individuare se in alcuni di questi mondi si possano intravvedere segnali che indichino qualche possibilità di nascita della vita: una vita embrionale, ai primissimi stadi. Prima di parlare di vita intelligente, dovremmo aspettare parecchi decenni, se mai riusciremo a dare una risposta a questo affascinante interrogativo. Direi che le relazioni tra la rivelazione cristiana e questo ambito della ricerca, sono soggette a un tale numero di «se», cioè di condizioni, che per quanto sia teoricamente interessante il discorso, è ancora molto al di là da venire. Credo che se saranno fatti dei passi in avanti più significativi, la riflessione sull'impatto della rivelazione potrebbe prendere un avvio un poò più consistente. Ma oggi non sappiamo nemmeno se ci sono forme di vita nel - per noi - stretto ambito del Sistema solare.
Come scienziato e come uomo che cosa l'affascina di più del cosmo? La sua incommensurabile estensione? La sua bellezza? L'architettura ancora misteriosa che sembra governarne la vita e la dinamica della materia?
Nella mia vicenda personale, anche come gesuita, la contemplazione del cielo stellato, che è ricordata pure negli scritti autobiografici del nostro fondatore, Ignazio di Loyola, come un oggetto che apre la mente e il cuore a orizzonti infiniti, è certamente qualcosa di attraente e di nutriente. Se devo scegliere tra le opzioni che lei mi propone, io mi sento più sensibile a quello che lei chiama «architettura ancora misteriosa» che mi piacerebbe definire come: misteriosa e assodata unità di tutto l'universo a partire dalle prime particelle elementari fino a tutto ciò che poi contribuisce al cammino evolutivo del cosmo verso il traguardo della vita. E' affascinante la riflessione sulla comprensibilità di tutto questo, la sua disponibilità all'intelligenza dell'uomo e, spostandoci un po' sul versante filosofico-teologico, questa offerta indicibile d'amicizia tra la creatura intelligente e il suo creatore. Direi poi che il crisma di tutto ciò è il collegamento tra questa realtà creata, e il mistero dell'incarnazione: la dignità altissima di tutto quello che comincia nel materiale se è orientato a dare consistenza al corpo del Signore.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017