Gemellati nel caffé

Acquistare il caffè direttamente dai piccoli produttori a un prezzo equo, torrefarlo sul posto e investire i soldi della commercializzazione nel paese d’origine: ecco un modo efficace di promuovere i poveri. Lo sta facendo un’associazione in Germania.
14 Maggio 2000 | di

Premio Internazionale sant`€™Antonio                                                                     

Il caffè ha un aroma delizioso; se lo bevi, un senso di benessere pervade il corpo e lo spirito. È pensabile una vita senza il caffè? Forse no. Ma, senza quei neri chicchi non ci sarebbe vita forse neppure per i contadini che lo coltivano in Africa o in Sudamerica: anche se quello che possono guadagnare con il caffè permette una vita il più delle volte assai grama. Da questo prodotto, il secondo per importanza nelle esportazioni del Terzo mondo, ci guadagnano altri... noi compresi. È a spese dei più poveri che possiamo gustare a prezzo conveniente l`€™eccitante bevanda.
Così non va, ha pensato un gruppo di persone affini per sensibilità , sette per la precisione, che, nell`€™estate 1998, hanno fondato l`€™associazione «Wà¼rzburger Partnerkaffee» («Gemellaggio del caffè - Wà¼rzburg»): un insieme di istituzioni molto diverse della regione (Bassa Franconia, in Baviera), che si impegnano a favore dei piccoli coltivatori di caffè della Tanzania. Vi partecipano i missionari benedettini di Mà¼nsterschwarzach, la diocesi di Wà¼rzburg, la città  e il decanato evangelico di Wà¼rzburg, l`€™Istituto dei medici missionari, l`€™Afrika-Club e il progetto «Eine Welt» («Un unico mondo»). Perché proprio la Tanzania? Cinque delle istituzioni associate hanno già  un particolare collegamento, per via di gemellaggi, fondazioni e progetti, con questo stato dell`€™Africa orientale.
L`€™associazione si è impegnata a sostenere, secondo il principio «aiutare ad aiutarsi», le forze produttive dei paesi poveri. Lo strumento: il commercio equo del caffè distribuito soprattutto nella regione.
La spinta ad agire è venuta da due fatti. Benita Stolz (dei Verdi), consigliera comunale di Wà¼rzburg, sedeva nella giuria che doveva assegnare il Premio della pace 1996 istituito dalla città . Un`€™iniziativa l`€™aveva particolarmente convinta, e avrebbe poi vinto il premio: il «Gemellaggio del caffè - Aschaffenburg». La città  di Aschaffenburg vendeva nei negozi della zona caffè acquistato a prezzo equo presso coltivatori colombiani di una città  gemellata e poi torrefatto ad Aschaffenburg. Nel prezzo di vendita un po`€™ più alto è incluso un contributo per sostenere progetti in Colombia.
«Se la cosa funziona lì `€“ conclude Benita Stolz `€“, perché non realizzarla anche a Wà¼rzburg, già  gemellata con Mwanza, sul lago Vittoria, città  della Tanzania, produttrice di caffè?».
I missionari benedettini di Mà¼nsterschwarzach, poi, erano già  impegnati in Tanzania sul problema caffè che acquistavano da piccoli produttori-coltivatori locali organizzati in una cooperativa, a un prezzo equo che era assai più alto di quello praticato in precedenza dallo stato. Il loro commercio è ora integrato nella nuova associazione.
Figura chiave dell`€™iniziativa è il benedettino Athanasius Meixner. Dal 1967 vive in Tanzania e ha collaborato, nel 1993, alla fondazione della Cooperativa privata del caffè nei monti Usambara (Tanzania nord-orientale). Il mezzo migliore per aiutare i 400 mila piccoli coltivatori era assicurare loro un ricavo sufficiente; dovevano anche essere aiutati, perché «il problema più assillante per la Tanzania è la spaventosa povertà », spiega il padre. Povertà  legata ai prezzi fissati dallo stato per i contadini, tenuti artificiosamente bassi.

 Aiuto triplice. La promozione diretta dei piccoli coltivatori si è dimostrata un aiuto notevolmente più efficace di tanti aiuti internazionali inviati in Tanzania, utilizzati spesso per altri scopi. Ma è diventata possibile, osserva padre Athanasius, solo con l`€™intervento della Banca mondiale, che ha fatto cadere l`€™imposizione statale del prezzo.
Per il «Gemellaggio del caffè» di Wà¼rzburg, però, non è abbastanza. «Noi sosteniamo la gente della Tanzania in tre modi `€“ spiega l`€™amministratore dell`€™associazione, dottor Ludger Heuer `€“: acquistiamo il caffè dai contadini a quattromila lire circa, prezzo superiore alla quotazione del mercato mondiale; riportiamo nel paese il denaro dopo aver commercializzato il caffè e sosteniamo il lavoro sul posto».
Su ogni chilo del prodotto, venduto dal commercio equo e certificato da TransFair (vedi riquadro), duemila lire circa vengono destinate come contributo di solidarietà , a favore di iniziative del gemellaggio avviate sul posto. Anche gli utili dell`€™associazione vanno a beneficio dei contadini. A metà  dell`€™anno scorso si è cominciato a riportare denaro in Tanzania. Con 50 mila lire padre Athanasius ha potuto comprare 50 mila piantine e consegnarle ai coltivatori: un modo per aiutarli a produrre di più. «Il caffè viene attualmente coltivato solo su 5 mila ettari circa, e male, perché le piante sono troppo vecchie e molte sono morte».
Nei monti Usambara sarebbero adatti alla piantagione di caffè `€“ alternata, secondo criteri ecologici, alla coltivazione di banane `€“ 50 mila ettari: se fossero disponibili, ogni famiglia della zona avrebbe un ettaro a disposizione. Ecco il prossimo punto nella lista dei desideri di padre Athanasius, che mira in alto: «aiutare dieci, cinquanta, cento famiglie di contadini ad avere un campo di caffè, che assicura il reddito di un`€™intera famiglia».

Segnale chiaro. Non dovrebbe essere, in realtà , un problema, perché l`€™iniziativa affascina anche per un altro impulso all`€™autopromozione: il caffè del gemellaggio di Wà¼rzburg viene trattato sul posto, tostato, macinato e confezionato ai piedi del Kilimangiaro. fatto assolutamente eccezionale nel commercio del caffè. Di solito, la lavorazione successiva, e con essa un ampio margine di profitto, resta nelle mani dei grandi importatori. «Ci siamo decisi per questa variante `€“ dice Heuer `€“ allo scopo di sostenere la torrefazione locale e, in questo modo, promuovere il lavoro».

  
   
GUSTO SENZA RIMORSO      

I l commercio alternativo mette davanti agli occhi esempi di come, nelle attuali ingiuste strutture del mercato mondiale, dovrebbero cambiare le condizioni economiche generali per aprire prospettive positive ai paesi in via di sviluppo. Tra i principali prodotti del commercio equo rientra, fin dall`€™inizio, il caffè. Quando esso segue le vie abituali della lavorazione e distribuzione, i produttori `€“ lavoratori dipendenti e coltivatori `€“ ricevono, per il lavoro e la merce, compensi da fame. Sgobbano per migliorare le proprie condizioni di vita, senza avere mai una prospettiva. Il guadagno va nelle tasche degli intermediari e delle grandi società  di esportazione. Il piccolo coltivatore riceve, di solito, per il suo caffè la metà  soltanto o anche un quarto del prezzo sul mercato mondiale. Il commercio equo paga, invece, ai produttori un prezzo più giusto che deve consentire loro di costruirsi con le proprie forze un`€™esistenza degna della persona umana, di impiantare propri canali di commercializzazione, di organizzare l`€™istruzione e l`€™assistenza sanitaria.
In questo modello di commercio, inoltre, i produttori beneficiano di un ulteriore apporto: i venditori non cercano profitti. Gli utili delle organizzazioni di importazione e delle «Botteghe del mondo» vengono in gran parte reinvestiti in progetti nei paesi dei coltivatori. I criteri che regolano il commercio equo si possono illustrare con il sigillo di qualità  TransFair, che dal 1993 contrassegna i prodotti: soprattutto caffè, cioccolata, banane e succo d`€™arancia.

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017