Germania. Lampedusa in Berlin
Raccontare l’Africa e gli sbarchi in Sicilia, questa volta dalla Germania. A farlo due italiani, Mauro Mondello e Paolo Lafratta, rispettivamente regista e direttore della fotografia di Lampedusa in Berlin, documentario scelto da alcune delle più importanti università al mondo (Washington, Rotterdam, Bonn, Milano) per discutere di rifugiati ed emigrazione.
Tutto comincia nel febbraio del 2011. Centinaia di persone manifestano a Bengasi, nord-est della Libia, per protestare contro il regime di Gheddafi. Si tratta della scintilla che accende la guerra civile e obbliga, secondo le stime dell’International Organization for Migration, almeno 2 milioni e mezzo di lavoratori stranieri a fuggire dal Paese. In 68 mila tentano di raggiungere Lampedusa a bordo di uno dei tanti barconi. Molti di quelli che ce la fanno, nonostante abbiano la possibilità di circolare in Italia, decidono di spostarsi a Berlino, sicuri che laggiù ci siano più possibilità.
Cercano diritti e lavoro, ma il governo tedesco promette e non mantiene. Organizzano allora sit-in, manifestazioni e, alla fine, decidono di stabilirsi con tende e capanne in una delle piazze più importanti della città: Oranienplatz (nella foto in alto).
È qui che il messinese Mauro Mondello, 32 anni e il molisano, di Termoli, Paolo Lafratta, 33, entrambi da un paio d’anni a Berlino, tra l’aprile e il giugno del 2014, decidono di raccogliere le testimonianze di Issah, Dickson e Ali. Le interviste sono la struttura portante di un’opera tanto intima nelle voci, quanto universale nei significati. «È un film che abbiamo realizzato con l’unica ambizione di dare visibilità a persone di cui si parla sempre e solo come emigrati e mai come individui. Il loro obiettivo non è tanto l’Europa in sé, altrimenti sarebbero rimasti in Italia, ma poter lavorare e vivere un’esistenza dignitosa. Ecco allora che la Germania diventa più attraente dell’Italia» racconta Mondello che, oltre a essere cineasta, è un reporter di guerra autore di scoop come l’intervista, pubblicata sul «Wall Street Journal», al gruppo di guerriglieri somali Al-Shabaab. «Ho scelto Berlino perché da qui è facile muoversi per il resto del mondo. La qualità della vita è alta così come il tenore degli incontri. Al momento è il centro d’Europa, e come tale, soprattutto da giornalista, era impossibile non esserne interessati».
Sulla stessa falsariga è il pensiero del fotografo, Paolo Lafratta: «Cercavo una città in cui poter respirare internazionalità senza subire il solito stress che prende chi abita in una metropoli. Da questo punto di vista Berlino è una capitale molto insolita e in cui è facile star bene». Tornerebbero mai in Italia? «Forse. Qui si sta bene, ma mai escludere nulla. Nessuno emigra con l’idea di lasciarsi per sempre la propria casa alle spalle».