Germania. Un architekturbürotutto italiano
21 Aprile 2015
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«Berlino? È una città difficile che non ti regala nulla, ma quando hai modo di rimanerci per un po’ hai la sensazione che, se ci provi con impegno e costanza, qualche porta alla fine si apra». Barbara Di Gregorio, 41 anni, di Caltagirone (Catania) ed Enrica Longo, 36 anni, di Taviano (Lecce), si sono trasferite nella capitale tedesca nel 2009 prima del boom d’immigrazione italiana (terza al mondo per numero di trasferimenti in Germania nel 2013). La scelta, maturata insieme, è nata dall’idea di aprire uno studio associato di architettura. Ne avevano già parlato durante i due anni di studio a Chicago, dove entrambe si trovavano per aver vinto la prestigiosa borsa di studio italo-statunitense William Fulbright.
«Solo per caso frequentavamo la stessa Università americana. Abbiamo stretto subito amicizia ma, a studi finiti, ci siamo divise – ci racconta Enrica quando la incontriamo presso il loro Rare Office-Architekturbüro –. Io sono andata a Stoccarda, invece Barbara è rimasta per un tirocinio in Illinois e poi ha lavorato a Roma con Massimiliano Fuksas». La decisione di passare dalle parole ai fatti e di aprire qualcosa di proprio a Berlino è avvenuta proprio in quel periodo di distacco: «Anche se lontane, eravamo rimaste in contatto – continua Barbara –. Ci telefonavamo e ci confrontavamo sulle rispettive carriere. Parlando ci siamo rese conto che la crisi economica generale poteva trasformarsi in un’opportunità da cavalcare. Abbiamo deciso di aprire il nostro studio a Berlino, sia perché all’epoca era più economica rispetto alle altre grandi capitali europee, sia perché io ci avevo già vissuto un paio d’anni dal 2000. Il fatto che fossimo italiane – aggiunge Barbara – ci ha aiutato e ostacolato allo stesso tempo. Da una parte apparivamo creative e originali a prescindere, dall’altra subivamo quella diffidenza che, in generale, qualsiasi persona locale avrebbe nutrito verso un architetto straniero che lavora in una lingua parlata anche benissimo, ma non sua. Per fortuna con il tempo abbiamo superato quest’ostacolo e ora abbiamo molti clienti tedeschi. Non ci siamo, però, dimenticate dell’Italia. Paradossalmente, grazie alla reputazione acquisita qui, ora riceviamo molte commissioni dal Belpaese, più di quante avremmo sperato rimanendoci. Progettiamo soprattutto residenziale, sia di nuova costruzione che ristrutturazioni. Alla prossima Biennale Spazio Pubblico di Roma avremo, poi, l’onore e l’opportunità di poter presentare un nostro progetto di rigenerazione urbana per il centro storico di Catania. Periodicamente, a turno, una di noi garantisce la sua presenza per seguire i lavori».
C’è il desiderio di ritornare un giorno? «Da lontano si impara a essere più comprensivi e si capisce che non tutto ciò che è presente all’estero è bello a prescindere. Anche la Germania e Berlino hanno i loro difetti ma adesso, purtroppo non è ancora il momento di tornare».
«Solo per caso frequentavamo la stessa Università americana. Abbiamo stretto subito amicizia ma, a studi finiti, ci siamo divise – ci racconta Enrica quando la incontriamo presso il loro Rare Office-Architekturbüro –. Io sono andata a Stoccarda, invece Barbara è rimasta per un tirocinio in Illinois e poi ha lavorato a Roma con Massimiliano Fuksas». La decisione di passare dalle parole ai fatti e di aprire qualcosa di proprio a Berlino è avvenuta proprio in quel periodo di distacco: «Anche se lontane, eravamo rimaste in contatto – continua Barbara –. Ci telefonavamo e ci confrontavamo sulle rispettive carriere. Parlando ci siamo rese conto che la crisi economica generale poteva trasformarsi in un’opportunità da cavalcare. Abbiamo deciso di aprire il nostro studio a Berlino, sia perché all’epoca era più economica rispetto alle altre grandi capitali europee, sia perché io ci avevo già vissuto un paio d’anni dal 2000. Il fatto che fossimo italiane – aggiunge Barbara – ci ha aiutato e ostacolato allo stesso tempo. Da una parte apparivamo creative e originali a prescindere, dall’altra subivamo quella diffidenza che, in generale, qualsiasi persona locale avrebbe nutrito verso un architetto straniero che lavora in una lingua parlata anche benissimo, ma non sua. Per fortuna con il tempo abbiamo superato quest’ostacolo e ora abbiamo molti clienti tedeschi. Non ci siamo, però, dimenticate dell’Italia. Paradossalmente, grazie alla reputazione acquisita qui, ora riceviamo molte commissioni dal Belpaese, più di quante avremmo sperato rimanendoci. Progettiamo soprattutto residenziale, sia di nuova costruzione che ristrutturazioni. Alla prossima Biennale Spazio Pubblico di Roma avremo, poi, l’onore e l’opportunità di poter presentare un nostro progetto di rigenerazione urbana per il centro storico di Catania. Periodicamente, a turno, una di noi garantisce la sua presenza per seguire i lavori».
C’è il desiderio di ritornare un giorno? «Da lontano si impara a essere più comprensivi e si capisce che non tutto ciò che è presente all’estero è bello a prescindere. Anche la Germania e Berlino hanno i loro difetti ma adesso, purtroppo non è ancora il momento di tornare».
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017