Gerusalemme, la città contesa

06 Marzo 1998 | di
   
   
A 3 mila anni dalla fondazione di Gerusalemme, celebrati 2 anni fa, e a 50 dalla fondazione dello stato di Israele, proclamato il 14 maggio del 1948, abbiamo chiesto a David Cassuto, vicesindaco di Gerusalemme, come si vive nella città  'capitale' delle tre religioni monoteiste, la più contesa del mondo.     

I Cassuto, ebrei fiorentini, hanno vissuto il dramma della deportazione ad Auschwitz, ma i figli si sono salvati, i maschi nascosti da due famiglie cattoliche e la bambina in un convento. Dopo la fine della guerra sono stati portati in Israele dai nonni. Oggi David Cassuto, sessant'anni, architetto, ex presidente della Comunità  ebraica italiana di Gerusalemme, è vicesindaco della città .

Msa. Architetto Cassuto, quali popoli abitano Gerusalemme?

Cassuto. Gerusalemme è abitata per il 50 per cento da ebrei, per il 25 per cento da arabi musulmani e per un altro 25 da ebrei rigorosamente osservanti ('ortodossi'). Siccome in poco tempo, per ragioni demografiche, potremmo avere metà  'città  ortodossa ebrea' e metà  'città  araba', cerchiamo di trovare il sistema municipale e urbanistico adeguato per mantenere l'equilibrio demografico attuale all'interno della città . Gerusalemme è oggi in grande sviluppo demografico, abbiamo un incremento annuo di 16 mila persone. In vent'anni potremmo arrivare a 900 mila abitanti. Bisogna prepararsi a questo con costruzioni e nuove abitazioni. Ci sono molte famiglie povere con tanti figli, che fanno lavori umili, guadagnano poco e non pagano tasse. Per arricchire la città  bisogna       puntare sull'industria ad alto valore aggiunto, ad alta tecnologia. Facciamo corsi di computer, sia per ebrei sia per arabi; anche per le donne che possono lavorare a casa. Perché oggi la manodopera la prendiamo fuori.

Quanti sono i cristiani?

Dei 180 mila arabi, 20 mila sono cristiani. Purtroppo vanno diminuendo, minacciati dai musulmani, e molti emigrano in America. C'è una campagna antiisraeliana sfrenata da parte dei predicatori francescani, che ci lascia perplessi perché vorremmo lottare per mantenere la presenza cristiana a Gerusalemme. Ma questo atteggiamento ostile dei francescani, che sono una grossa parte del cristianesimo, ci amareggia... Il giorno       dell'attentato al mercato di Gerusalemme, Israele ha messo un blocco all'uscita per Betlemme. Tra i bloccati c'erano anche 12 pullman della diocesi di Fiesole diretti a Betlemme. L'episodio è riportato su 'Terra Santa' dei francescani. E alla fine il redattore annota: 'Infelice il popolo che mette una mitragliatrice dinanzi a una mamma col suo bambino. È destinato a sparire, quel popolo'. L'annotazione è del tutto gratuita e non ha niente a che fare con l'articolo che riporta l'episodio oggettivamente. I carmelitani, invece, sono molto più obiettivi.

     

Il mutato atteggiamento della chiesa verso i 'fratelli ebrei' ha avuto delle ripercussioni?

Penso che questo papa abbia un coraggio fenomenale, ma a Gerusalemme ci       troviamo di fronte al cattolicesimo più retrivo. Se in Vaticano si accende il candelabro per la festa di Hanukka [inaugurazione del tempio], qua invece si parla ancora di 'un popolo che non è degno di continuare a esistere'... Il papa vorrebbe venire a fare una visita in Terra Santa, e gli ostruiscono il passo...

    

Come si prepara Gerusalemme al giubileo del 2000?

Siamo la culla del monoteismo. Non si può parlare di giubileo del 2000 senza parlare di Gerusalemme. Tutti pensano a Betlemme e a Nazareth, ma non si può dimenticare Gerusalemme. Da qui scaturì il pensiero monoteistico, ed è a Gerusalemme che il monoteismo deve riconfrontarsi con alcuni dei suoi concetti basilari. Il paese si trova in una situazione di enorme tensione politica; il mondo tende a vederci colpevoli di ogni cosa che succede in questa zona; d'altra parte, cerchiamo di fare una vita normale per prepararci anche a questo evento. In fin dei conti, tutti, arabi, cristiani e israeliani, vogliono Gerusalemme serena. Per quanto riguarda il 2000 bisogna fronteggiare anche il turismo che non deve rovinare l'ambiente: si aspettano 5 milioni di persone contro il milione e       mezzo attuale. Dovremo creare tendopoli e altre strutture. Dovremo restaurare monumenti, riprendere in mano tragitti e itinerari storici.

     

Allora è possibile la pace?

La pace è una cosa relativa. A Gerusalemme si ha una sensazione di pace. Certo che il soggetto più importante per la pace, dal nostro punto di vista, sono i palestinesi perché ci contendiamo lo stesso territorio. Bisogna dire che oggi c'è un riconoscimento reciproco delle due entità  e questo grazie agli accordi di Madrid. Poi è venuto Oslo che ha messo il treno su un binario, e su questo binario alla fine si doveva arrivare alla pace. Però dal momento che è stato messo sul binario la parte palestinese ha continuato a dire: arriveremo alla pace e poi dopo conquisteremo Gerusalemme e ritorneremo ad essere quello che eravamo. Questo l'ha detto Arafat, noi ne siamo molto intimoriti... Questo accordo risulta abbastanza pericoloso.

     

Mentre Rabin e Peres hanno messo il treno sul binario della pace, Benjamin Netanyahu cerca di mantenerlo sul binario, ma con redini molto più tirate; ossia dice: se voi mantenete gli accordi, li manteniamo anche noi, altrimenti freniamo...

     

Bisogna vedere chi vuole gli attentati, soltanto gli estremisti oppure anche quelli che portano avanti il discorso di pace, per ricordare a loro stessi e a noi che le cose non sono così semplici? Dobbiamo essere molto fermi nella nostra volontà  di pace e di una sicurezza, chiara anche da parte palestinese.

     

               
         

    

         
Non siamo antiisraeliani
Padre Ignazio Mancini, francescano dell'ordine dei frati minori, ha vissuto a Gerusalemme fino al 1986. A Roma è delegato per la Terra Santa. Gli abbiamo chiesto di rispondere ad alcune affermazioni del vicesindaco di Gerusalemme.            

Msa. In un'intervista concessa al nostro giornale, David Cassuto afferma che i predicatori francescani in Terra Santa hanno un atteggiamento antiisraeliano. Ci vuole fornire il quadro della situazione attuale a Gerusalemme?

Mancini. Dico subito e senza eufemismi che l'affermazione del vicesindaco di Gerusalemme, David Cassuto, è errata. Per il signor Cassuto, chi non è con gli ebrei è contro di loro. La missione dei francescani in Terra Santa è quella di sempre,             quella di san Francesco, che sotto le mura di Damietta, mentre i crociati si preparavano a dare l'assalto alla città  assediata, si recò dal sultano Malek-el-Kamel, per proporgli la pace.

I francescani non parteggiano per nessuno. Tutt'al più denunciano le vessazioni fatte sui deboli da qualunque parte vengano perpetrate.

Per quanto riguarda la situazione attuale della Terra Santa in generale, è quella che perdura ormai da cinquant'anni. Due popoli si contendono la sovranità  su quella striscia di territorio carica di ricordi storici di portata mondiale. Entrambi i contendenti             accampano diritti storici e di portata religiosa.

           

A periodi di calma relativa, succedono periodi di ostilità , con manifestazioni violente di attentati di qualunque genere. Se l'atteggiamento dei francescani è ordinariamente neutrale e spesso di sofferenza dovuta al fatto di dover assistere impotenti in mezzo a popolazioni che si combattono, non possiamo non fare l'opzione per i più deboli, per i poveri, a qualunque razza appartengano.

Sulla vostra rivista 'Terra Santa' sarebbe stato scritto: 'È destinato a sparire quel popolo', in riferimento al popolo ebraico... Cos'era successo?

Sull'ultimo numero di 'Terra Santa' che ci è pervenuto, quello di novembre-dicembre 1997, si parla del pellegrinaggio diocesano di Fiesole, composto di 600 pellegrini, con a capo il vescovo di Fiesole, monsignor Luciano Giovannetti; questo gruppo, in agosto, sulla via di Betlemme, fu bloccato dalla polizia israeliana e soltanto dopo trattative di circa due ore, fu lasciato proseguire alla volta di Betlemme. L'articolo è firmato da padre Rodolfo Cetoloni ofm, organizzatore del pellegrinaggio e testimone di tutta l'avventura occorsa a quel gruppo per venerare la grotta della Natività .           

La frase imputata, che ha toccato la sensibilità  scorticata del vicesindaco di Gerusalemme, il signor David Cassuto, a mio parere non va letta come un'imprecazione, ma come una previsione dolorosa qualora si continui sulla linea deprecata di cui scrive la rivista.

           

Su Gerusalemme si ha l'impressione che nessuno sia disposto a cedere. Quale soluzione possibile?

Il problema più difficile a essere risolto resta la città  di Gerusalemme, cara alle tre religioni monoteistiche. La stessa Santa Sede, dal 1948, ha proposto tre ipotesi di soluzione: l'internazionalità , il corpum separatum, una sorta di zone extraterritoriali per i santuari propri a ciascuna delle tre religioni e, infine, una città  retta da uno statuto speciale sotto controllo internazionale.

 

   
   

 

   
Israele: la difficile pace
     
           
  • 1920. La Gran Bretagna ottiene il mandato di governo sulla Palestina, dove stanno già  affluendo coloni ebrei, che sognano una patria. Iniziano gli scontri tra arabi ed ebrei.        
  • 1947, 29 novembre. L'Onu approva un piano per la spartizione della Palestina fra arabi ed ebrei.        
  • 1948, 14 maggio. Allo scadere del mandato britannico, Ben Gurion proclama lo stato di Israele. Tra arabi e israeliani è guerra: gli ebrei conquistano la parte occidentale di Gerusalemme.        
  • 1956. Seconda guerra arabo-israeliana: gli israeliani conquistano il Sinai. Dopo alcuni mesi, su pressione dell'Onu, si ritirano.        
  • 1967, 5-10 giugno. 'Guerra dei sei giorni'. Israele conquista il Sinai, le alture del Golan, la striscia di Gaza, la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est (territorio giordano dal 1950).        
  • 1973. Guerra del Kippur: Egitto e Siria attaccano Israele, ma vengono respinti.        
  • 1978. Accordi di Camp David fra Israele ed Egitto: il Sinai restituito agli egiziani.        
  • 1987. Inizia in Cisgiordania e Gaza l'Intifada: la 'rivolta delle pietre'.        
  • 1988, 15 novembre. Arafat riconosce Israele e proclama lo stato indipendente di Palestina.        
  • 1991, 30 ottobre. Conferenza di pace arabo-israeliana a Madrid. Guerra del Golfo.        
  • 1993. Accordi di Oslo tra Israele e Olp. A Washington Rabin e Arafat firmano un accordo di pace che prevede l'autonomia dei territori arabi occupati dagli israeliani.        
  • 1995. Il premier israeliano Yitzhak Rabin viene ucciso da un estremista ebreo.        
  • 1996. Elezione di Benjamin Netanyahu, leader dello schieramento di destra, succede a Rabin. Nelle prime elezioni palestinesi Arafat ottiene l'88 per cento dei voti.
Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017