Gerusalemme, la città contesa
A 3 mila anni dalla fondazione di Gerusalemme, celebrati 2 anni fa, e a 50 dalla fondazione dello stato di Israele, proclamato il 14 maggio del 1948, abbiamo chiesto a David Cassuto, vicesindaco di Gerusalemme, come si vive nella città 'capitale' delle tre religioni monoteiste, la più contesa del mondo.
I Cassuto, ebrei fiorentini, hanno vissuto il dramma della deportazione ad Auschwitz, ma i figli si sono salvati, i maschi nascosti da due famiglie cattoliche e la bambina in un convento. Dopo la fine della guerra sono stati portati in Israele dai nonni. Oggi David Cassuto, sessant'anni, architetto, ex presidente della Comunità ebraica italiana di Gerusalemme, è vicesindaco della città . Msa. Architetto Cassuto, quali popoli abitano Gerusalemme? Cassuto. Gerusalemme è abitata per il 50 per cento da ebrei, per il 25 per cento da arabi musulmani e per un altro 25 da ebrei rigorosamente osservanti ('ortodossi'). Siccome in poco tempo, per ragioni demografiche, potremmo avere metà 'città ortodossa ebrea' e metà 'città araba', cerchiamo di trovare il sistema municipale e urbanistico adeguato per mantenere l'equilibrio demografico attuale all'interno della città . Gerusalemme è oggi in grande sviluppo demografico, abbiamo un incremento annuo di 16 mila persone. In vent'anni potremmo arrivare a 900 mila abitanti. Bisogna prepararsi a questo con costruzioni e nuove abitazioni. Ci sono molte famiglie povere con tanti figli, che fanno lavori umili, guadagnano poco e non pagano tasse. Per arricchire la città bisogna puntare sull'industria ad alto valore aggiunto, ad alta tecnologia. Facciamo corsi di computer, sia per ebrei sia per arabi; anche per le donne che possono lavorare a casa. Perché oggi la manodopera la prendiamo fuori. Quanti sono i cristiani? Dei 180 mila arabi, 20 mila sono cristiani. Purtroppo vanno diminuendo, minacciati dai musulmani, e molti emigrano in America. C'è una campagna antiisraeliana sfrenata da parte dei predicatori francescani, che ci lascia perplessi perché vorremmo lottare per mantenere la presenza cristiana a Gerusalemme. Ma questo atteggiamento ostile dei francescani, che sono una grossa parte del cristianesimo, ci amareggia... Il giorno dell'attentato al mercato di Gerusalemme, Israele ha messo un blocco all'uscita per Betlemme. Tra i bloccati c'erano anche 12 pullman della diocesi di Fiesole diretti a Betlemme. L'episodio è riportato su 'Terra Santa' dei francescani. E alla fine il redattore annota: 'Infelice il popolo che mette una mitragliatrice dinanzi a una mamma col suo bambino. È destinato a sparire, quel popolo'. L'annotazione è del tutto gratuita e non ha niente a che fare con l'articolo che riporta l'episodio oggettivamente. I carmelitani, invece, sono molto più obiettivi.
Il mutato atteggiamento della chiesa verso i 'fratelli ebrei' ha avuto delle ripercussioni? Penso che questo papa abbia un coraggio fenomenale, ma a Gerusalemme ci troviamo di fronte al cattolicesimo più retrivo. Se in Vaticano si accende il candelabro per la festa di Hanukka [inaugurazione del tempio], qua invece si parla ancora di 'un popolo che non è degno di continuare a esistere'... Il papa vorrebbe venire a fare una visita in Terra Santa, e gli ostruiscono il passo...
Come si prepara Gerusalemme al giubileo del 2000? Siamo la culla del monoteismo. Non si può parlare di giubileo del 2000 senza parlare di Gerusalemme. Tutti pensano a Betlemme e a Nazareth, ma non si può dimenticare Gerusalemme. Da qui scaturì il pensiero monoteistico, ed è a Gerusalemme che il monoteismo deve riconfrontarsi con alcuni dei suoi concetti basilari. Il paese si trova in una situazione di enorme tensione politica; il mondo tende a vederci colpevoli di ogni cosa che succede in questa zona; d'altra parte, cerchiamo di fare una vita normale per prepararci anche a questo evento. In fin dei conti, tutti, arabi, cristiani e israeliani, vogliono Gerusalemme serena. Per quanto riguarda il 2000 bisogna fronteggiare anche il turismo che non deve rovinare l'ambiente: si aspettano 5 milioni di persone contro il milione e mezzo attuale. Dovremo creare tendopoli e altre strutture. Dovremo restaurare monumenti, riprendere in mano tragitti e itinerari storici.
Allora è possibile la pace? La pace è una cosa relativa. A Gerusalemme si ha una sensazione di pace. Certo che il soggetto più importante per la pace, dal nostro punto di vista, sono i palestinesi perché ci contendiamo lo stesso territorio. Bisogna dire che oggi c'è un riconoscimento reciproco delle due entità e questo grazie agli accordi di Madrid. Poi è venuto Oslo che ha messo il treno su un binario, e su questo binario alla fine si doveva arrivare alla pace. Però dal momento che è stato messo sul binario la parte palestinese ha continuato a dire: arriveremo alla pace e poi dopo conquisteremo Gerusalemme e ritorneremo ad essere quello che eravamo. Questo l'ha detto Arafat, noi ne siamo molto intimoriti... Questo accordo risulta abbastanza pericoloso.
Mentre Rabin e Peres hanno messo il treno sul binario della pace, Benjamin Netanyahu cerca di mantenerlo sul binario, ma con redini molto più tirate; ossia dice: se voi mantenete gli accordi, li manteniamo anche noi, altrimenti freniamo...
Bisogna vedere chi vuole gli attentati, soltanto gli estremisti oppure anche quelli che portano avanti il discorso di pace, per ricordare a loro stessi e a noi che le cose non sono così semplici? Dobbiamo essere molto fermi nella nostra volontà di pace e di una sicurezza, chiara anche da parte palestinese.
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