Ghana . L’Africa che non ti aspetti

24 Giugno 2015 | di

C’è l’Africa «posticcia» fatta di lussuosi resort, tavole imbandite, baldacchini da mille e una notte. E poi c’è l’Africa «vera», quella che gran parte dei turisti occidentali neppure immagina, l’Africa della fame, dei cieli stellati e dei grandi silenzi. È proprio per mostrare quest’ultima anche a chi altrimenti non la scoprirebbe mai che Antonella Sinopoli ha aperto il Wild Camp Ghana.

Siamo in un villaggio di pescatori a Keta, in Ghana, a pochi chilometri dal confine col Togo. Qui, nella regione del Volta, in un luogo isolato a cavallo tra la laguna e l’Oceano Atlantico, questa giornalista di origini calabre e natali milanesi ha avviato un’area per il turismo eco-sostenibile, una struttura dove tutto è stato costruito dagli abitanti del luogo con materiali locali e dove è possibile vivere – per dirla con le parole della reporter quarantenne – una «realtà non filtrata e compromessa da modelli di vita che non sempre fanno bene all’essere umano». Proprio in quel luogo dell’essenzialità lontano anni luce dal caos della metropoli, Antonella ha scelto di mettere radici assieme al marito ghanese.
 
Alla base della sua scelta di vita c’è lo stesso bisogno di autenticità che già in passato l’ha spinta a lasciare un lavoro sicuro in una nota agenzia di stampa italiana per «approfondire i rapporti umani». E così Antonella – nonostante la laurea al Dams (Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo) e il master in Diritti umani e intervento umanitario – ha ripreso a studiare: inglese, francese, diritto e montaggio video. Quindi a viaggiare: Australia, Sri Lanka, Giappone, Bulgaria… In Africa è approdata per conto di una ong, poi di una onlus britannica che le ha commissionato un documentario su un progetto di microcredito alle donne di alcuni villaggi Ashanti in Ghana. Quello col Continente nero è stato un vero colpo di fulmine. Di lì al graduale trasferimento nel villaggio di Aflasco a Keta, nel 2010, il passo è stato breve.
 
«Qui tutto scorre più lento – spiega la giornalista che, oltre al Wild Camp Ghana, ha fondato il blog ghanaway.net e dirige la testata on-line “Voci globali” –, le difficoltà ci sono e sono tante, all’inizio non avevo neanche l’elettricità, come del resto gli abitanti del villaggio, e ancora non ho l’acqua corrente (che deve essere presa dal pozzo). Ma ho fatto una scelta e questa scelta ha ovviamente tante sfaccettature».
 
La positività di Antonella Sinopoli è contagiosa, specie per chi – dopo aver prenotato tramite i siti wildcampghana.com o booking.com – approda al villaggio di Keta in cerca di un’esperienza estrema quanto edificante. Nell’area turistica ghanese ci sono comodi letti e connessione internet, ma le docce si fanno usando i secchi riempiti al pozzo sulla spiaggia. Si mangia quel che la terra e il mare producono: cassava (manioca), yam (un tipo di patata), riso, frutta fresca in abbondanza (banane, avocado, ananas, mango, cocco) e pesce appena pescato. E s’interagisce con gli autoctoni senza aspettarsi nulla in cambio: «Loro ti rispondono se ne hanno voglia e non stanno lì ad aspettare nessuno – precisa ancora Sinopoli –. Non hanno tempo per fare le “comparse” di un set inventato dagli occidentali. Si svegliano all’alba per andare a pesca, vanno a scuola, ai mercati».  

A cinque anni dal suo trasferimento in Ghana, Antonella è la stessa reporter coraggiosa che aveva lasciato tutto per seguire i propri ideali. L’Africa non le ha tolto nulla: «Anche da qui continuo a fare il mio lavoro, con tanto meno stress di prima e dando spazio a cose meno inutili. Per me il giornalismo non è solo informazione, il giornalismo è anche educazione». In compenso, la nuova patria le ha restituito il sorriso: «La felicità è uno stato mentale, non legato alle condizioni esterne, dunque “mi sforzo” ogni giorno di riconoscerla dentro di me e farla emergere in ogni momento». 

 
 

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017