Gianni Rodari: la grammatica della fantasia
Trent’anni fa, non ancora sessantenne, moriva lo scrittore per bambini Gianni Rodari. Un anniversario per addetti ai lavori, dunque? Non solo.
Nel mondo della letteratura per l’infanzia, nel corso del 2010, si sono moltiplicate le iniziative per celebrarne – con rimpianto e gratitudine – la figura e l’opera. Ma anche per chi non frequenta per professione o passione i libri per bambini, il nome di Rodari non suona sconosciuto. Chi non si è imbattuto in una delle sue buffe filastrocche, in una delle sue storie originali durante il suo percorso scolastico o quello dei figli? Lo scrittore ha spalancato una finestra e ha portato aria fresca e nuova, che ancora circola abbondantemente nella produzione per i bambini, ma anche nei libri di testo. Soprattutto alla scuola ha dato molto: perché era un maestro e perché è stato maestro per i maestri. Rodari rappresenta un termine, un limite che divide un «prima» da un «dopo». Ha scombussolato, rimescolato, demolito e ricostruito. Ha portato la vita vera nelle filastrocche, la realtà nelle favole, pur se all’apparenza così strampalate. Ha introdotto le parole di uso comune nella poesia. Ed è iniziato tutto un po’ per caso. Racconta lui stesso:
«Ho cominciato a scrivere per i bambini nel 1948 a Milano. Avevo già 28 anni e lavoravo nella redazione de “l’Unità”. Lì pubblicai le prime filastrocche, fatte un po’ per scherzo. Le filastrocche piacquero. Cominciarono a scrivermi mamme e bambini, per chiedermene delle altre: “Fanne una per il mio papà che è tranviere”, “Fanne una per il mio bambino che abita in uno scantinato”».
Nacquero così una miriade di testi. «Chi è più forte del vigile urbano? / Ferma i tram con una mano. / Con un dito, calmo e sereno, / tiene indietro un autotreno: / cento motori scalpitanti / li mette a cuccia alzando i guanti. / Sempre in croce in mezzo al baccano: / chi è più paziente del vigile urbano?». Giganti e cavalieri non vengono licenziati da Rodari; solo un po’ «ridimensionati» grazie alla vicinanza, altrettanto epica, della gente comune. Ecco allora che un vigile urbano troneggia solo ad affrontare i nuovi mostri: auto, camion, autobus dalla natura selvaggia. Ma ci pensa lui, eroe che la consapevolezza del suo potere buono riveste di olimpica calma, a domare i nuovi mostri. Gli basta alzare un dito e il drago ammansito si accuccia ringhiante, ma ubbidiente, ai suoi piedi calzati con gli stivali d’ordinanza. Eppure non c’è rischio che si monti la testa, questo cavaliere del ventesimo secolo, che si gonfi d’orgoglio. Lo smog che respira, il chiasso che lo assedia gli ricordano che è un comune mortale condannato, come tutti, a guadagnarsi il pane col sudore della fronte.
Chi, prima di Rodari, avrebbe osato mescolare l’epica con il traffico? Gli piacevano gli accostamenti originali; persino da quelli casuali riusciva a cavare storie sensate. Scrivete dei nomi a caso su dei foglietti, ammucchiate i foglietti, sceglietene due sempre a caso e lui vi costruirà intorno un edificio di parole con tanto di tetti e fondamenta, una storia che non crolla e regge allo sguardo attento dei bambini e li cattura, perché ha mosso il meccanismo della fantasia. Rodari era interessato ai meccanismi. Li cercava, li scopriva, li studiava, li spiegava e li metteva a disposizione, generosamente. Non era geloso, anzi non vedeva l’ora che questo nuovo modo di interpellare i bambini se ne andasse per il mondo a fare il suo mestiere: cioè cambiarlo in meglio. È ancora lui a raccontare:
«Io facevo queste filastrocche e firmavo “Lino Picco”. E per un paio d’anni andai avanti così, senza pensarci troppo. Però quel lavoro mi piaceva sempre di più. Tra l’altro, con la scusa che erano “cose per bambini”, potevo farle come mi piacevano, potevo dire quel che avevo in mente nella maniera che più mi piaceva, potevo giocare con la fantasia».
La bibliografia di Rodari è davvero affollata. I titoli dicono molto: Fiabe e fantafiabe, A sbagliare le storie, Tante storie per giocare, Le favole a rovescio, La passeggiata di un distratto, Fiabe lunghe un sorriso, Il libro degli errori, La torta in cielo, La gondola fantasma, Favole al telefono… Libri che sono arrivati in tutto il mondo, tradotti in una cinquantina di lingue. Ci sono poi i saggi, gli articoli, le relazioni in occasione di convegni e conferenze e c’è quel manuale molto particolare che è La Grammatica della fantasia. Un vero e proprio strumento di lavoro, che dà forma compiuta alle strategie, ai trucchi, alle regole e alle tecniche da lui messi a punto, provati sul campo nelle classi e aggiustati nel confronto con gli insegnanti durante i corsi di aggiornamento.
Da ragazzino Gianni Rodari si era chiesto se non avesse la vocazione del prete, e per verificarlo aveva passato più di due anni in seminario. No, non era la sua strada. Decise allora di diventare maestro:
«Avevo incontrato il mondo dei bambini molto da vicino, come maestro di scuola. Non sarò stato un buon maestro, ero troppo giovane per esserlo, ma in quegli anni di scuola ho imparato molte cose, ho inventato molte storie; ho trovato anche dei buoni sistemi per inventare storie».
Per esempio, il sistema dei nomi sui foglietti da abbinare a caso, si chiama sistema del «binomio fantastico». Invece, il sistema «sasso nello stagno» prevede di lanciare, metaforicamente, una parola dentro la mente-acqua immota e lasciare che affiorino dai pensieri, turbati e rimescolati, associazioni, suggestioni, invenzioni. Il sistema «ipotesi fantastica» consiste nel chiedersi: «cosa succederebbe se…» e fare appunto delle ipotesi il più possibile sganciate dai condizionamenti della realtà: si può immaginare Milano circondata dal mare, per esempio, o un coccodrillo che si presenta a Rischiatutto (oggi forse vorrebbe partecipare al Grande Fratello) o, kafkianamente, un uomo che si sveglia trasformato in scarafaggio.
I sistemi individuati da Rodari sono tutti meccanismi che costringono il pensiero divergente a venire allo scoperto, ad allenarsi, a rafforzarsi. Non c’è a suo parere miglior antidoto contro il conformismo, l’appiattimento, l’ottusa ma solo apparente felicità degli «schiavi che si credono liberi». Da uomo che amava profondamente i bambini si augurava:
«Spero che i bambini imparino qualcosa dalle mie storie e filastrocche. Mi basta che imparino a guardare il mondo con gli occhi ben aperti… Anche ridere è una maniera di imparare. Preferisco a ogni altra la chiave umoristica, o francamente comica, come la più adatta a comunicare con il bambino d’oggi e quella che permette anche di affrontare i grandi problemi (la solidarietà umana, la giustizia, la pace) senza appesantire».
La torta in cielo
Ricorda la maestra Bigiaretti, che conobbe Rodari nella scuola Collodi alla borgata del Trullo, a Roma, che quando lo scrittore era in classe i bambini si divertivano moltissimo, perché le sue risposte erano delle barzellette o delle filastrocche inventate al momento. Tra loro nasceva un dialogo che era in realtà gioco linguistico, creazione fantastica. Il risultato della collaborazione con gli alunni della Bigiaretti è La torta in cielo, una storia surreale e pacifista che parla di uno scienziato che vuole costruire un’enorme bomba per distruggere la terra, ma sbaglia la formula e ne viene fuori un’enorme torta, librata nel cielo della capitale come un’astronave gigante. Finito un capitolo, Rodari lo leggeva ai bambini e teneva conto delle loro critiche, considerazioni e suggerimenti: gli ingredienti della supertorta per esempio sono proprio quelli elencati in classe.
Negli anni Sessanta, sul «Giornale dei genitori», qualche decennio prima del francese Daniel Pennac, Rodari scrisse un elenco di cose da non fare per non scatenare nei bambini un tenace, invincibile, definitivo odio verso la lettura. Ma siccome gli piaceva giocare a «ribaltino», ecco che mette in fila Nove modi per far odiare la lettura ai bambini.
1. Presentare il libro come un’alternativa alla tivù.
2. Presentare il libro come un’alternativa al fumetto.
3. Dire ai bambini di oggi che i bambini di ieri leggevano di più.
4. Ritenere che i bambini abbiano troppe distrazioni.
5. Dare la colpa ai bambini se non amano la lettura.
6. Trasformare il libro in uno strumento di tortura.
7. Rifiutarsi di leggere ai bambini.
8. Non offrire una scelta sufficiente.
9. Ordinare di leggere.
Quando scrive una storia – Rodari lo ribadisce in più occasioni – non ha in mente un programma, un’idea da veicolare: vuole piuttosto costruire un soggetto fantastico che funzioni appunto come storia. Da giornalista e saggista invece è un propagandista di idee pedagogiche, politiche e sociali. L’uomo nuovo in cui crede, e che incarna, è dotato di razionalità divergente, è capace cioè di ragionare in modo non scontato, e si sente eticamente responsabile del mondo; ma è anche ludico, perché sa giocare. E quest’ultima è la nota originale che Rodari portava all’interno della visione marxista a cui aderiva. È anche la sua eredità più significativa e duratura, che ancora resiste all’avvicendarsi di mode e ideologie.
Oggi però pochi bambini leggono i suoi testi. Forse perché se ne sono impadroniti i grandi e li hanno trasformati in strumenti di lavoro e quindi di tortura? Lo scrittore di Omegna (VB) un po’ temeva quest’eventualità, tanto che una volta sbottò:
«Rifuggite dalle antologie scolastiche che riportano le mie opere!».
Sapeva bene che spesso la scuola ha la capacità di «vaccinare» per sempre da ciò che propone, o propina. Ma c’è anche un’altra ragione, probabilmente, per spiegare questa disaffezione: una ragione interna ai testi stessi. Rodari diceva che i giocattoli invecchiano, e ciò vale un po’ anche per i giocattoli-libri. A servizio dei bambini di oggi, gli scrittori per bambini di oggi, alunni del maestro Rodari, mettono nuovi libri, che a lui devono comunque molto. È sempre lui a raccomandare:
«Se il buon giocattolo è quello che chiede di essere superato, di servire da pretesto e trampolino per un gioco di cui il bambino stesso diventa protagonista e creatore, anche il buon libro non deve spegnersi all’ultima pagina: dopo la parola “fine” ci dev’essere spazio per il bambino che crea e inventa. Egli, a un certo punto, metterà da parte il libro e si accingerà a fare qualcosa che il libro gli ha suggerito (spesso senza saperlo). Questa non sarà una sconfitta per il libro, ma una vittoria: il giocattolo avrà cessato di essere tale per diventare vita, il libro apparterrà per sempre al vissuto, all’esperienza del bambino. In fin dei conti non vogliamo mica bambini al servizio dei libri, ma libri al servizio dei bambini».
L’intervista
Ho preso dieci in fantastica
Carlo Carzan è il responsabile dell’associazione «Così per gioco», che ha sede a Palermo. Scrittore e ludotecario, è ideatore di iniziative per la promozione della lettura in Sicilia e in tutta Italia. Lui però preferisce definirsi «ludomastro»: cioè uno che crea giochi e inventa storie.
Msa. Ancora oggi si può attingere a Rodari?
Carzan. Certamente. Per me Rodari è un maestro. Tanto che quando presento ai bambini Ho preso dieci in fantastica, che è una narrazione ludico-teatrale a lui dedicata, racconto che è stato davvero mio insegnante alle elementari! In fondo è vero, anche se non è successo così nella realtà. E quando tengo corsi agli insegnanti parto dalla Grammatica della fantasia, un libro fondamentale per costruire un percorso che metta insieme narrazione e gioco; è un libro che non può mancare nella biblioteca di un maestro, sia per le attività che propone sia per le riflessioni che vi si trovano. Rodari era bravissimo a giocare con le parole e a tirar fuori significati che andavano oltre l’intenzione ludica, perché avevano uno scopo sociale.
Siamo abituati ai giochi di parole, ma voi proponete «giocattoli di parole». Che cosa sono?
Abbiamo trasformato la Grammatica della fantasia in giochi da tavolo. È così che nasce il progetto Ho preso dieci in fantastica. Mi presento con una valigia con dentro dieci giochi da tavolo che abbiamo inventato proprio partendo dal libro di Rodari. Il progetto però è più ampio e comprende anche un laboratorio di animazione alla lettura, una narrazione teatrale per raccontare ai bambini la scienza della fantastica, le lezioni di fantastica per insegnanti e adulti e, prossimamente, dei Quaderni di fantastica con proposte operative.
Qualche informazione in più su «Così per gioco»…
«Così per gioco» nasce a Palermo nel 1991. Siamo un gruppo di operatori specializzati nell’animazione, nella didattica ludica e museale, nella gestione di gruppi di gioco, nella gestione di ludoteche e centri di aggregazione per ragazzi. Il nostro scopo è diffondere la cultura del gioco, della lettura, della creatività. Dimostrare, come sosteneva Rodari, che si può fare una didattica ludica. Collaboriamo con scuole, editori, enti, musei. Tra gli eventi che abbiamo organizzato ricordo per esempio Estate… in gioco, Giochi d’Europa, Giochi di Pace, Scuola Ludens… Gestiamo il centro di aggregazione Le Terre del Gioco, in collaborazione con il comune di Palermo. L’associazione ha vinto il Premio Andersen 2009 per l’attività di promozione della lettura e della cultura. Il nostro indirizzo è via Nuova 32, 90146, Palermo.
www.cosipergioco.it
Eventi
Lo Scaffale d’arte del Palazzo delle Esposizioni di Roma, biblioteca per ragazzi, propone «La grammatica delle figure. Illustrare Gianni Rodari», una mostra, con incontri e laboratori. La mostra è un viaggio tra i libri, le idee, i personaggi di Rodari e resta aperta fino al 27 febbraio 2011 (Forum Palazzo delle Esposizioni, via Milano 13, tel. 06 39967500).
Il laboratorio «Giochiamo con…Gianni Rodari» per bambini di 3-6 anni, con i genitori, è in programma tutti i sabati, le domeniche e i festivi fino al 27 febbraio (tranne il 25 dicembre e l’1 gennaio).
Il 6 dicembre alle ore 15.00 si parla di Rodari a «Più libri più liberi», Fiera della media e piccola editoria di Roma.
Libri
Gianni Rodari, favole al telefono Disegni di Bruno Munari, Einaudi Ragazzi, pagine 131,
€ 15,00
Gianni Rodari, le storie della fantasia, Einaudi Ragazzi, pagine 687, € 24,00
Gianni Rodari, la Torta in cielo, Disegni di Bruno Munari, Einaudi Ragazzi, pagine 109,
€ 15,00