Giovanni Paolo II: il progetto irrealizzato

Il Papa s'è adoperato in tutti i suoi 27 anni di servizio affinché si aprisse la porta della Pace. Sino allo sfinimento. Non c'è riuscito e questo perché...
28 Aprile 2005 | di

Fanno di nuovo la fila: italiani e foresti. Accodandosi idealmente a quanti li precedettero nei giorni dell'agonia e nel mattino dell'addio definitivo. Perché, come mai questa immensa partecipazione di popolo in dolore corale a un evento estremo quale la Morte? Forse perché un po' tutti, credenti e no, è come se cercassero di esorcizzare la Realtà . Impietosamente la Realtà  ci mette di fronte alla morte di Giovanni Paolo II e ognuno di noi interiormente si costruisce un suo dolore personale, impastato di tenerezza, di rimpianto, di ammirazione, di rispetto. È un modo pulito di protestare contro l'accadimento definitivo: la morte di Papa Wojtyla.
Con lui non scompare soltanto il protagonista d'un lacerto di Storia davvero globale, con lui va via un pezzetto della nostra vita, si allontana fisicamente il profeta postmoderno, lui, Karol. (Il profeta non è un indovino bensì colui che sa leggere nel presente, sulla scorta del passato, ricavandone un'Idea del futuro). Perché Giovanni Paolo debutta con l'esortazione: Non abbiate paura? Perché prosegue con l'esortazione oramai famosa: Aprite le porte a Cristo? Perché egli sa che ci vorrà  molto coraggio non tanto per vincere quanto per sopportare la sconfitta. Il modello profetico di Wojtyla è Gesù, il Nazareno che in forza della Via Crucis diventa Cristo, cioè il Messia. Ebbene Gesù ha vinto perché ha perduto: non ce l'ha fatta a passare per una cruna troppo stretta poiché era in anticipo sui tempi. Però il suo martirio ha la ricompensa dell'Eternità .
Hanno scritto che il progetto più ambizioso di Wojtyla non s'è realizzato. Egli ha speso tutta la sua vita terrena predicando la Pace, invocandola. Il Papa s'è adoperato in tutti i suoi 27 anni di servizio affinché si aprisse la porta della Pace. Sino allo sfinimento. Non c'è riuscito e questo perché - ed è qui a ben pensarci il MIRACOLO - egli era sì un profeta postmoderno ma altresì un uomo segnato dal martirio, anche fisico. Con una sorta di santa impudicizia lui, che già  chiamammo l'atleta di Dio, non ha oscurato la sua condizione umana umiliata dalla malattia: l'ha offerta a Dio e alla gente del mondo in remissione dei nostri peccati. Ecco perché continuano a venire a Roma per salutare il Padre in un momento terribile della Storia: Lui non c'è più, lo abbiamo perduto e se i fratelli ci tradissero? È un interrogativo tremendo.

Dio ama seminare. In obbedienza, Papa Wojtyla ha seminato anche lui. Proprio sul declinar della vita terrena ci ha esortato a non disertare le vie corrusche della pace: praticando ostinatamente il dialogo con l'Altro, con l'islà m. Su questo ha insistito sino all'ultimo. Ostinazione senile? No: saggezza. La saggezza dei profeti. Il dialogo s'è inceppato col vertice non con le masse islamiche. Quella gente vuole la Pace. Perché vuol dire lavoro, figli lontani dalla disperazione. Oggi chi vuol la Pace è una minoranza nella galassia islamica. Ma la Storia ci insegna (è qui il punto) che prima o poi la minoranza trascina la massa e la Vittoria arriva. Si veda il Risorgimento, la Resistenza al nazifascismo e ancor prima di tutto e tutti il Cristianesimo. Nella scrittura islamica leggiamo che Dio manda nel mondo alcuni uomini pre-creati allorché decide che sia necessario.
In Karol Wojtyla i giovani han subito riconosciuto il pre-creato, il profeta coraggioso, il Santo. Ecco il perché d'un pellegrinaggio senza sosta che esalta la Vita oltre il cortocircuito della Morte, annunciando la Resurrezione.


 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017