Giù le mani dall’uomo
I nuovi scenari dischiusi dalle scoperte scientifiche nell'ambito della vita sono, a dir poco, impressionanti. Notizie inedite vengono sfornate dai mass media a ritmi incalzanti, per cui i capitoli che danno spessore all'ingegneria genetica continuano ad arricchirsi. Dalle sofisticate tecnologie del Dna ricombinante, siamo passati oltreché all'individuazione prenatale del sesso, all'ingegneria genetica miglioratrice e, sia pure ancora in ipotesi, trasformatrice della specie umana.
In questo ultimo scorcio di tempo si è a lungo parlato di clonazione di animali (per l'esattezza di una pecora). Nemmeno ultimato il discorso, ecco aprirsi quello della produzione di cromosomi artificiali che darebbero ali alla speranza in ordine alla terapia prenatale di tutta una serie di malattie di origine genetica.
Tale varietà ingegneristica provoca ora stupita ammirazione, ora paura e sgomento. Sentimenti del genere, però, non costituiscono ancora veri e propri criteri etici. Mi limiterò a proporli soltanto per quanto concerne la clonazione.
Alla clonazione si è pervenuti passando dal mondo vegetale a quello animale, soffermandosi, quindi, titubanti davanti alla clonazione dell'uomo che la stessa tecnica, per quanto sofisticata e ardua, rende possibile. Proprio questo termine 'possibilità ' apre un grave interrogativo di ordine morale: la possibilità tecnica di un fatto lo rende anche eticamente lecito? È corretta l'equazione: possibilità uguale liceità ?
Anche a prescindere dalle sue motivate convinzioni etico-religiose, qualsiasi persona di buon senso comprende che la risposta non può che essere negativa. Al presente sono realizzabili una gran quantità di cose: distruggere con l'energia atomica tutta la vita esistente sul pianeta; dare vita a ibridi nella vita vegetativa, animale e anche umana; clonare animali e persone... Il passaggio dal tecnologicamente possibile al moralmente (e giuridicamente) plausibile è tutt altro che automatico. Le biotecnologie devono passare al vaglio dell'etica, della bioetica, articolate sulla base di precisi, imparziali e universalizzabili principi e criteri etici.
Che tale vaglio sia richiesto sul piano pratico e applicativo, pressoché tutti sono d'accordo. Il divario delle opinioni nasce, invece, quando i limiti vengono estesi alla ricerca. Per alcuni essa dovrebbe procedere, anche nel caso della clonazione, indisturbata senza remore né morali, né religiose, né giuridiche. Ci sarebbe da osservare che anche la ricerca oggi è tutt'altro che pura e asettica. Se ricerca e applicazioni costituiscono attività umane, non è comprensibile perché l'etica non possa avere diritto di cittadinanza nell'uno e nell'altro ambito. Non già per tarpare le ali a scienza e tecnica, ma per liberarle dai rischi della disumanizzazione e dai pesanti condizionamenti industriali, economici e politici che tendono a egemonizzarle.
In riferimento all'ingegneria genetica e alla clonazione in particolare, ecco alcuni criteri di chiara ispirazione morale che spianano la via a un discernimento morale accurato.
n Non è lecito procedere a sperimentazioni e a macrorealizzazioni che contraddicono il bene totale delle persone (di oggi e di domani).
n Non sono configurabili come autentico progresso tecnico quelle innovazioni che non risultano al servizio del bene totale della persone, ma sono invece funzionali al loro capriccio o al loro potere (sulla natura e sugli altri) eretto a scopo supremo ed esclusivo del comportamento.
n Non è accettabile un'etica dell'efficentismo in cui l'unico punto di riferimento è la possibilità di realizzare un progetto, prescindendo dalla valutazione morale.
n Non appare plausibile eticamente una considerazione unilaterale che non considera i diritti degli altri. Per esempio, la donna che, spinta dal desiderio di un proprio figlio, prescinda dal diritto del nascituro a nascere nel grembo di una famiglia stabile ed entro la logica del dono, nonché a seguito di una generazione degna della persona umana e sintonizzata al progetto divino.
Per quanto concerne il discernimento etico in tema di clonazione è necessario procedere ad alcune distinzioni.
La clonazione di batteri, tramite la tecnica del Dna ricombinante e gli enzimi di restrizione, al fine di ottenere maggiore disponibilità di sostanze indispensabili alla terapia di malattie sociali (ad esempio, insulina per il diabete), è da ritenersi senz'altro lecita. Del tutto negativa, invece, la valutazione etica della clonazione di batteri per finalità belliche e sconvolgimenti ecologici.
Del pari, è da approvarsi anche sotto il profilo etico la clonazione di vegetali che mira a ottenere miglioramenti qualitativi e intensivi della produzione di risorse agricole per superare fame e denutrizione planetarie.
Riserve di ordine etico, invece, vanno avanzate nei confronti della clonazione degli animali, per varie ragioni: è troppo forte e prossimo il rischio di passare da questi agli esseri umani; anche gli animali hanno il 'diritto' di mantenere la loro identità specifica e ritmi naturali di riproduzione, e non essere sottoposti a violenze arbitrarie e ingiustificate.
La riserva etica diventa massima nel caso della clonazione di esseri umani. Per chi si muove nell'ambito di un'antropologia ed etica cristianamente ispirate, le ragioni dell'apprezzamento morale negativo appaiono di tutta evidenza.
L'uomo è immagine di Dio e da qui trae la sua incommensurabile dignità . Esserne l'immagine significa calcarne le orme e portare a compimento il suo progetto creaturale e salvifico, inserendosi nella sua logica di dono, di amore e rispetto profondo per tutte le persone.
Dio ha progettato la continuità del genere umano con una procreazione che avviene nell'ambito di una coppia stabilmente unita nell'alleanza coniugale e quindi di una donazione reciproca spirituale e carnale insieme. È da tale incontro che provengono le molteplici differenze, che poi le interazioni interpersonali, le scelte libere, l'autoprogettazione responsabile e le diverse collocazioni spazio-temporali e culturali contribuiscono ad acuire.
La clonazione percorre un tutt'altro schema: asessuale, fabbricativo, fuori di ogni logica di dono, asservito a finalità immorali e perverse che, nella pretesa drammaticamente semplificatrice di 'fotocopiare' gli individui, costituisce un gravissimo rischio per il futuro della specie umana, un cedimento abnorme a pretese demiurgiche, dispotiche e capricciose.