Gli alpini sono tornati a Nikolajewka
Sono 339.250 iscritti a un'associazione che esiste dal 1919, emanazione di un corpo militare costituito nel 1872. E in tempo di guerra e di pace, sempre, hanno compiuto il Dovere (che per loro andrebbe scritto con la maiuscola), sino in fondo.
Parliamo di alpini e dell'Ana, la loro associazione (Associazione nazionale alpini), appunto, i cui iscritti sono per oltre un terzo nelle Venezie, con adesioni anche dai quattro angoli della terra: perché dovunque c'è emigrazione italiana, là ci sono delle penne nere in congedo, che hanno dato vita a sezioni e gruppi: da Montreal a Melbourne, da Toronto a Sidney, da Buenos Aires a New York, e via elencando per tutta Europa, fino in Sudafrica.
E non ci sono tempi di riposo per questo po' di forza militare in congedo, perché, anche in tempo di pace esiste un Dovere da compiere: un Dovere che si chiama solidarietà , ma quella vera, che nasce non da un obbligo imposto dall'alto, bensì appartiene al sentimento del cuore.
L'ultimo esempio di solidarietà , gli alpini dell'Ana lo hanno fornito in occasione del recente terremoto in Umbria. Il sisma, è noto, si è manifestato a incominciare dal 26 ottobre 1997. Ebbene, già il 27 e il 28 ottobre, le penne nere erano operative nei luoghi colpiti. Sino a metà novembre, terminata l'emergenza, le giornate lavorative 'firmate' Ana erano state 11.817; a questa cifra sono corrisposti 1700 uomini che si sono alternati a Belfiore, Scopoi, Rasiglia, Verchiano, Capodacqua, Foligno, Sportella Marina, Case Nove, Sellano, Ponte Santa Lucia, Annifo, Bastia Umbra, Santa Maria degli Angeli, Nocera Umbra (qui c'era in attività l'ospedale da campo dell'Ana), con 70 automezzi e 3 macchine movimento-terra. E come in tempo di guerra, o durante la naja si obbediva a ufficiali e sottufficiali, anche in questi interventi, ci sono stati ovviamente i responsabili: due su tutti, Antonio Sarti, che è il capo della Commissione protezione civile dell'Ana, e Antonio Greppi.
In cosa è consistito questo intervento tempestivo e variamente articolato è presto detto. Le penne nere hanno portato 6 cucine da capo capaci di distribuire oltre 5 mila pasti giornalieri, e hanno svolto assistenza logistica a 12 tendopoli. La prima 'ondata' di alpini proveniva dal Veneto, dal Friuli-Venezia Giulia e, ovviamente, dalle sezioni dell'Italia centrale; la seconda dal Trentino; la terza dalla Lombardia.
Ma questa partecipazione alle operazioni di soccorso alle popolazioni colpite dal sisma, ancorché non propagandate dai mezzi di comunicazione di massa, non rappresenta un fatto isolato, un 'dare' una tantum, per così dire. Rappresenta, invece, una continuità di interventi di una associazione custode non soltanto di tradizioni militari, di una storia nobilissima collegata alla quale esiste tutta una letteratura: da Jahier a Bedeschi, da Monelli a Rigoni Stern, e via elencando. Ma operante, appunto, anche in tempo di pace nei confronti del prossimo bisognoso.
E se in città e paesi l'azione delle penne nere dell'Ana si può concretizzare nella costruzione di case di riposo, centri per handicappati, donazione di sangue, ecc., è quando una sciagura, una calamità naturale colpisce la nazione, che si manifesta alla grande la capacità di intervento alpina.
La serie degli interventi incominciò in grande stile in occasione del terremoto del Friuli (1976), perché fu allora che prese corpo, fra l'altro l'istituto della protezione civile dell'Ana, voluta e portata avanti con grande convinzione e determinazione dall'allora presidente nazionale Franco Bertagnolli. In Friuli, l'Ana non si limitò a portare i primi soccorsi, insieme agli alpini della brigata Julia in armi, ma realizzò, poi, con la ricostruzione, un'operazione eccezionale. Sì, perché il governo degli Stati Uniti, volendo aiutare i terremotati con la garanzia che i fondi stanziati sarebbero andati a buon fine, li affidò proprio all'Ana: 63 miliardi di lire, impiegati per costruire centri residenziali per anziani e scuole di ogni ordine e grado. Ma le penne nere, ai soldi americani, aggiunsero qualcosa prelevato dalle loro tasche: 900 milioni per realizzare un centro per anziani.
Da quell'evento, non c'è stata calamità che non abbia visto l'intervento dell'Ana. Procediamo con ordine, e a ritroso nel tempo, dopo avere citato il recente impegno in Umbria e il primo in Friuli. Nel 1995-1996, 5 mila giornate lavorative 'firmate' Ana per l'alluvione in Versilia; nel 1994-1995, per l'alluvione in Piemonte, 6 mila penne nere con picco e pala hanno lavorato 35 mila giornate; nella precedente alluvione in Valtellina, gli alpini avevano totalizzato 20 mila giornate lavorative e un impegno c'era stato anche in Irpinia.
Ma la solidarietà scarpona si è manifestata anche all'estero, con due interventi di grande significato. 1988: in occasione del terremoto che colpì l'Armenia, le penne nere partirono col loro ospedale da campo e per 100 giorni, medici, infermieri, interpreti dell'Ana fornirono la loro opera di soccorso. Ripartendo, a operazione conclusa, lasciarono in dono agli sventurati armeni l'ospedale da campo che tanto utile si era rivelato.
Ma c'è un'altra impresa svolta in terra straniera, che ci tocca tutti - diciamo tutti gli uomini di buona volontà , non soltanto le penne nere - profondamente, per il suo significato. Si discuteva, nell'ambito del consiglio direttivo nazionale dell'Ana come ricordare-celebrare il 50° anniversario della famosa battaglia di Nikolajewka nell'ultima guerra mondiale, che aveva visto le penne nere, trascinate dal generale Reverberi, rompere l'accerchiamento nemico e uscire dalla sacca guadagnando la libertà e quindi il ritorno in Italia. Un consigliere, che volle poi restare anonimo, propose di costruire un'opera di pace a ricordo di quell'evento.
Il 'Muro di Berlino' era già crollato, il comunismo in Russia finito. Le difficoltà furono enormi, ma nel giro di qualche anno un asilo nido e scuola materna era costruito e funzionante in quel di Rossoch, non lontano da Nikolajewka, e dal Don, dove mezzo secolo prima aveva avuto sede il quartier generale delle truppe alpine.
L'avevano chiamata, per ovvi motivi, 'Operazione sorriso' ed è una operazione che parla in tutta la sua eloquenza con le cifre, le quali non è vero che siano aride. Per lo meno non lo sono quando rappresentano l'espressione della bontà , della generosità , oltre che della sensibilità e del senso dell'organizzazione.
Vediamole queste cifre. Per costruire un edificio stupendo, moderno, razionale, ci sono voluti 150 mila mattoni, 5 mila quintali di cemento, 1500 quintali di calce, 2500 metri cubi di sabbia, 1500 metri cubi di ghiaia, e altri materiali per un volume complessivo di 9815 metri cubi. Hanno lavorato, dal giugno 1992 al settembre 1993, 773 volontari per 10.454 giornate lavorative. Dall'Italia erano partiti 29 Tir carichi di materiali, perché a parte la calce, la sabbia, la ghiaia, acquistate in loco, il resto recava il marchio 'made in Italy'. L'asilo di Rossoch, pensato, progettato, costruito da menti e mani alpine, vide poi il concorso di tutta l'Italia. Perché le penne nere coinvolsero, in patria, per la loro 'Operazione sorriso', amici e conoscenti. E chi diede danaro, chi fornì l'acqua minerale, chi la pasta, perché gli alpini lavoravano gratis, si pagavano le spese di viaggio, ma almeno certi generi di conforto, doveva ben fornirli qualcun altro. E al cuore degli alpinisti si unì, anche in quell occasione, il cuore degli italiani, senza distinzione di sorta...
A ogni adunata nazionale, che di anno in anno vede convenire in una città italiana 300 mila fra penne nere, familiari e amici, l'Ana lascia diverse decine di milioni per opere di assistenza operanti nella città sede della grande kermesse. Ed è anche questo un modo di manifestare sensibilità e solidarietà . I segni distintivi, possiamo ben dire, di uomini che si sentono impegnati secondo un moto che così recita: 'Onoriamo i morti, aiutando i vivi'.