Gli attrezzi per il domani del Darfur

Al Centro tecnico «Don Bosco» di El Obeid, in Sudan, si aiutano tanti giovani rifugiati del Darfur, offrendo loro istruzione e una prospettiva di vita.
29 Dicembre 2009 | di

Ricominciare da una cassetta degli attrezzi e da un nuovo lavoro. Non è un’opportunità di poco conto per i giovani rifugiati scampati al genocidio del Darfur. L’alternativa per loro, nei campi profughi del Sudan, sono gli stenti della fame e il reclutamento nelle milizie ribelli o tra le truppe governative. Ma i ferri del mestiere non bastano se non si sa come usarli. Come a dire: è inutile mi mettiate in mano un martello pneumatico, non saprei da dove cominciare. Non è questo il caso degli oltre 1.500 ragazzi aiutati dal Centro tecnico «Don Bosco» di El Obeid, nel cuore del Sudan, lungo la strada principale che collega la capitale, Khartoum, alla regione del Darfur. È qui che dal 2004 i salesiani italiani si adoperano per dare un futuro ai giovani rifugiati: li accolgono per un anno scolastico durante il quale, in un clima familiare e positivo, vengono forniti i rudimenti tecnici del mestiere che potrà dare il pane a quei ragazzi e alle loro famiglie. Spiega Antonio Menegazzo, amministratore apostolico della diocesi di El Obeid: «I salesiani, oltre a istruire molti giovani locali, si sono presi il grande impegno di aiutare un certo numero di ragazzi del Darfur. Sono profughi, quindi senza nessuna possibilità finanziaria, e vengono spesati di tutto: abitazione, vestiti, cibo e scuola».


Il pane di Antonio

La Provvidenza, che sempre ha sostenuto quest’opera, si manifesta così anche per il tramite del Santo di Padova e dei suoi fedeli: a inizio 2007 viene consegnato al Centro tecnico «Don Bosco» un contributo di 5 mila euro, a sostegno della formazione professionale dei 180 giovani accolti in quell’anno scolastico. Il progetto col tempo si sviluppa, anche perché sono tante le necessità cui far fronte nel territorio sudanese. È la pesante eredità del conflitto del Darfur, non ancora concluso in via definitiva: la situazione è complessa e si trascina ormai dal 2003, quando gruppi rivoluzionari imbracciarono le armi contro il governo centrale, che reagì con gravi violenze sulla popolazione: da qui l’accusa di genocidio e il mandato d’arresto spiccato nei confronti del presidente Omar al-Bashir dal Tribunale internazionale dell’Aja.
Secondo stime dell’Onu (che risalgono alla fine del 2008) le vittime sarebbero circa 300 mila, con 3 milioni di sfollati ammassati nei campi profughi al confine col Ciad.
Spiega don Vincenzo: «Le circostanze così tragiche di questo povero Paese ci obbligano a fare il possibile e l’impossibile. Il buon Dio con la Sua Provvidenza non ci abbandonerà. Del resto il nostro intervento, seppur piccolo, contribuisce a gettare le basi dello sviluppo dell’area, ed è un seme di evangelizzazione. Il peso è… pesante, ma prendendosi cura di questi ragazzi la Chiesa Cattolica viene considerata come il vero amico dei poveri, perché non solo sfama i giovani, ma dà loro un mestiere in mano, aprendo orizzonti per il domani».


Don Bosco e san Francesco

È così che il Centro, dal 2007, decide di aprire le porte a molte più persone, come racconta l’ottantenne missionario: «Fidandoci solo della Provvidenza abbiamo deciso di accogliere dai campi profughi del Darfur 400 ragazzi l’anno. Quando ho mandato due insegnanti nei campi profughi a prendere il gruppo di giovani, i capi tribù hanno presentato una lista di 4 mila persone. Quando poi sono arrivati i camion per trasportare i 400, centinaia di ragazzi si sono gettati all’arrembaggio, e neppure la polizia ha potuto far niente. Ci sono voluti i soldati per ristabilire l’ordine». Per far fronte all’allargamento, il Centro ha dovuto affittare nuove case, erigere un’enorme tettoia dove sono stati sistemati i laboratori, comprare attrezzi, ingaggiare 22 nuovi istruttori e pensare al vitto e ai vestiti. Anche Caritas Antoniana si è impegnata nuovamente, con l’acquisto di materassi, lenzuola, coperte e generi di prima necessità.
Don Vincenzo è molto soddisfatto della collaborazione col mondo antoniano. Egli stesso – con la sua folta barba bianca, la passione per il prossimo e lo stile da giullare – si sente francescano, oltre che salesiano: «Dalle foto che vi mando potrete rallegrarvi dello stile “FrancoSalesiano” che tanto piaceva a san Francesco e a don Bosco. Nella nostra scuola, infatti, prevale la musica, il canto, la risata, e poi, giù al lavoro…».
L’ultimo salto il Centro lo fa allestendo direttamente semplici dormitori con letti a castello, un’operazione che permette di «evitare lo strozzinaggio di chi ci affittava gli alloggi», spiega don Donati. Un investimento sul futuro che nell’immediato significa un costo aggiuntivo, da sommare ai tre euro giornalieri a ragazzo necessari per sostenere l’opera. Ed ecco così il terzo aiuto antoniano: il finanziamento delle cassette degli attrezzi che a fine corso vengono consegnate ai ragazzi, al ritorno nei campi profughi. È ancora una lettera di don Vincenzo a raccontare la consegna di questi «semi di futuro» nelle mani dei corsisti sudanesi: «I giovani, al termine del corso tecnico, sono ritornati nel Darfur in treno – che ha impiegato 11 giorni per fare un viaggio pressappoco come da Ancona a Torino –. Alla presenza di tanti, tanti rifugiati abbiamo consegnato i diplomi, e tutti i ragazzi hanno ricevuto come dono inestimabile gli attrezzi per poter cominciare a lavorare e guadagnare qualcosa». E conclude: «Senza protettori in cielo non ce l’avremmo fatta di certo. Ma oltre ai protettori in cielo ci sono anche i protettori in terra. Grazie!».


I progetti in breve

- Dove: Centro tecnico «Don Bosco» di El Obeid, Sudan

- Progetto 2006: sostegno formazione professionale giovani del Darfur

- Progetto 2008: acquisto materassi, lenzuola, coperte e generi di prima necessità

- Progetto 2009: acquisto cassette degli attrezzi per i 400 diplomati del Darfur

- Costi fino a oggi: euro 15 mila

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017