Gli inganni della dea bendata. Fate il vostro gioco
Ore 20,30, apre il telegiornale: il jackpot è a 37 miliardi. La guerra in Cecenia può attendere. Troppo grande è la febbre da Superenalotto. E intanto, l'anno scorso, la famiglia italiana ha speso mediamente circa 1 milione di lire in gioco, nel' 90 ne spendeva 400 mila. Un incremento di oltre il 150 per cento in 8 anni.
Intendiamoci, il gioco fa parte dell'esperienza umana, tanto che gli esperti non esitano a definirci homo ludens. Cresciamo giocando e giocando invecchiamo: dal bambino con i «lego» al manager col telefonino. E il gioco è liberazione, abilità , fantasia, improvvisazione: quale migliore antidoto agli scacchi della vita? Ma cosa succede quando il gioco si istituzionalizza, esce dagli spazi liberatori del gratuito, trova i suoi luoghi e i suoi modi, mette in circolo miliardi, crea sogni, muove interessi pubblici e privati?
Il gioco istituzionalizzato esiste da molto tempo. Per esempio, il Lotto pare risalga al 1500. Di nuovo c'è che il gioco non è più quello di una volta: sono cambiate le tecnologie, le modalità , i giocatori e - è il caso di dirlo - la posta in gioco. Se fino al 1991 il giro d'affari di Lotto e Lotterie era intorno ai 10 mila miliardi, nel 1998 è lievitato di oltre il 250 per cento con 27 mila miliardi di business. Alla fine di quest'anno pare toccheremo i 38 mila miliardi. Il guaio è che non abbiamo alcuna notizia di un repentino arricchimento degli italiani.
Anche il tradizionale casinò sta cambiando faccia, tanto che a Ca' Noghera, nel veneziano, è sorto quello che i maligni chiamano il «casinò dei poveri». Si entra in jeans, risparmiando su abiti lunghi e papillon, le poste sono limitate, le tecnologie all'avanguardia, il servizio impeccabile. E intanto si ipotizza che subito dopo il Giubileo verrà concessa l'apertura dei casinò a quei comuni che l'hanno richiesta «per ragioni turistiche». Niente male, se si pensa che il gioco d'azzardo è illegale in Italia.
Insomma, qualcosa sta cambiando nell'Italia del gioco e c'è chi lancia l'allarme: la febbre sta salendo a tal punto «da reclamare una forte vigilanza da parte degli osservatori sociali». Sono parole di Giuseppe Imbucci, curatore del libro Gioco pubblico in Italia. Storia, cultura e mercato (Marsilio). A suo avviso, il fenomeno denuncia «la fibrillazione del corpo sociale e in ultima analisi il malessere e l'insoddisfazione della persona». Insomma, il gioco da occasione di libertà , rischia di diventare un fenomeno di regressione.
Non è l'unico a pensarlo. Su un altro fronte, quello della psichiatria, gli fa eco Giovanni Cassano, docente dell'Università di Pisa: giochi, all'apparenza innocui per l'uomo della strada, possono rivelarsi fatali per persone che hanno delle fragilità latenti: «Se, per esempio, la propensione al rischio viene alimentata in un soggetto predisposto - spiega lo psichiatra - ecco che questi perde le difese e può arrivare al 'Pathological gambling', cioè alla dipendenza da gioco». Dipendenza equiparabile, se non peggiore, a quella da sostanze.
Il fatto nuovo è che tale forma di dipendenza - a detta dello psichiatra - non interessa più solo i frequentatori dei grandi casinò, ma la gente comune, quella che gioca alle lotterie o ai videogiochi. Cassano snocciola una serie di casi: un uomo a Pisa si è gettato nel fiume dopo aver perso tutto al Lotto e aver ridotto la famiglia sul lastrico; un affermato medico passa giorni davanti a una slot machine senza neppure riuscire ad andare a lavorare. Aumenta il numero di genitori disperati perché il loro figlio arriva a giocarsi 1 milione di lire al giorno ai videogames e persino a fare il mendicante pur di procurarsi i soldi per il gioco. «Ho pazienti - racconta lo psichiatra - che hanno una compulsione, cioè un bisogno inarrestabile di fare scommesse su qualsiasi cosa: dagli incidenti alle partite, dalle elezioni alla borsa».
Si tratta di casi isolati o di fenomeni di massa? Dati di un convegno internazionale sul gioco patologico dello scorso marzo, rivelano che i giocatori abituali nel nostro paese sono circa 13 milioni e, tra questi, 150 mila soffrono di dipendenza da gioco, circa 1 ogni 86 giocatori. Pochi, tanti, è difficile giudicare. Cassano, però, non ne fa una questione di numeri - il fenomeno non è che la punta visibile di un iceberg di disagio che in futuro potrebbe sfuggirci di mano - e punta il dito sulla vasta eco che i giochi hanno su tv e giornali: «Dove c è una promozione indiscriminata, il pericolo è sempre maggiore. Prendiamo un esempio diverso dal gioco: solo oggi ci rendiamo conto che la promozione esagerata di dessert, dolciumi e merendine ha fatto esplodere un fenomeno prima marginale: sta aumentando il numero dei bambini obesi o dei ragazzi con disturbi dell'alimentazione, come la bulimia». Insomma, facendo pubblicità al gioco, esponiamo al rischio chi è predisposto, dandogli una droga a portata di mano. «Ciò è molto più pericoloso del tempo lontano in cui qualche gruppetto isolato di giocatori d'azzardo o di poker s'incontravano per giocare di nascosto o quando al casinò ci potevano andare solo pochi».
Un allarme, quello di Cassano, che non è isolato se è vero che ormai alcuni Sert, i servizi pubblici per le tossicodipendenze, cominciano ad attrezzarsi anche per questo problema.
E intanto lo stato gongola sugli introiti da gioco: solo nei primi 7 mesi di quest'anno, Lotto e Lotterie hanno incrementato del 97,7 per cento le entrate fiscali del comparto (ministero delle Finanze). In compenso, recitano gli spot televisivi, gli introiti vengono impiegati anche per la salvaguardia del patrimonio artistico e per opere di utilità sociale.
Ma il fine non giustifica i mezzi, almeno per monsignor Antonio Riboldi, vescovo di Acerra, in prima linea contro il racket e l'usura: «Non c'è trasmissione televisiva in cui non ci sia l'azzardo o, in ogni caso, giochi in denaro. Tutto è incentrato sul guadagnare. Lo stato non può risolvere i suoi problemi finanziari con il Lotto o il Superenalotto. Questo è un vero e proprio 'furto ai poveri'. Lo stato deve, al contrario, garantire che il gioco non giunga ad essere una vera e propria follia».
Che cosa fare, allora, abolire il gioco, chiudere i casinò? I pareri, anche in questo campo, sono diversi. Tutti, però, partono da basi comuni: gli eccessi da gioco sono la manifestazione di un male che sta altrove. «È difficile - afferma Cassano - prendere provvedimenti in questo campo che non siano restrittivi della libertà e possano poi alimentare il gioco clandestino e i ricatti della malavita. Forse l'intervento più efficace sta a monte e parte dall'informazione dell'opinione pubblica e dalla prevenzione nelle scuole. Il problema del gioco, come quello della droga o dei disturbi dell'alimentazione, dimostra una semplice verità : i comportamenti patologici sono legati ai disturbi mentali».
La soluzione del problema, per don Gianni Fazzini, parroco di Ca'Noghera, sta più su un piano esistenziale ed etico «ma fino ad ora nessuno ha avuto il coraggio di affrontarlo».
Don Fazzini, promotore, assieme alla cooperativa Mag di Venezia, del convegno «Il gioco e il danno. Casinò, Superenalotto, Lotterie, risorse pubbliche e danno sociale» (Mestre, 4 dicembre), sta vivendo la curiosa coincidenza di essere parroco del paese sede del nuovo casinò di Venezia e, nello stesso tempo, fondatore, assieme a don Albino Bizotto dei «Beati i costruttori di pace», dei «bilanci di giustizia», cioè di quel modo di gestire l'economia familiare in modo etico, ecologico e rispettoso dei poveri, cercando di limitare i consumi e di evitare il superfluo.
«Proibire il gioco d'azzardo non serve a nulla - spiega il sacerdote - . Meglio prendere provvedimenti per evitare la rovina delle persone. Per esempio, in Canada i croupier sono obbligati a fermare chi sta giocando al di sopra delle proprie possibilità . Certo sono palliativi, limitazioni del danno: una soluzione radicale viene solo dalla messa in discussione del rapporto che l'uomo oggi ha con il denaro e con il possesso delle cose. Anche la Chiesa dovrà molto riflettere su questo, prendere posizione sulle città -mercato, sui supermercati, lì dove i beni sono offerti come finalità della vita: 'quanto più compri, tanto più sarai felice'. Che si parli pure di scuola cattolica, di aborto, ma poi non si accettino i soldi delle Lotterie per il Giubileo. È una contraddizione grave. In fondo, il tema del gioco d'azzardo pone radicalmente il tema di una Chiesa povera».
Don Fazzini dà una soluzione a nostra portata: «I 'bilanci di giustizia' possono essere una via d uscita, già 400 famiglie li stanno sperimentando. Si tratta di un ritorno dal basso al senso vero delle cose, alla comprensione del fatto che la gioia non sta nel possedere e la felicità non si compra, né cade dall'alto grazie al montepremi del Superenalotto».
UN CENTRO PER LA CURA DEI GIOCATORI PATOLOGICI
Intervista al dottor Cesare Guerreschi, presidente della Società italiana di alcologia di Bolzano. Come uscire dal gioco d'azzardo patologico? A Bolzano esiste un vero e proprio centro riabilitativo per giocatori patologici, che fornisce psicoterapie individuali, familiari, di coppia e di gruppo, assistenza legale e psichiatrica. Sono attuati anche «servizi di tutorato» attraverso il controllo, effettuato assieme ai familiari, delle attività economiche quotidiane del paziente e un piano di risanamento dei debiti.Vengono, inoltre, sviluppate attività per il tempo libero incompatibilicon il gioco d'azzardo (oltre, ovviamente, all'inserimento in gruppi di auto-aiuto). Il centro è gestito dalla Società italiana di alcologia di Bolzano, in collaborazione con la Società italiana di intervento sulle patologie compulsive. Ne è presidente il dottor Cesare Guerreschi, autore tra l'altro del libro Gioco d'azzardo patologico. Dal divertimento alla malattia (Angeli), di prossima uscita. Msa. Dottor Guerreschi, da dove provengono le persone che si rivolgono al vostro centro e come vengono curate? In base alla vostra esperienza, è possibile ipotizzare un intervento preventivo per questo tipo di «malattia da gioco»? In che percentuale le persone che si rivolgono a voi guariscono?
Per qualsiasi informazione è a disposizione un numero verde : 800/36.83.00, attivo dal lunedì al venerdì, dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 19.00. Sito internet: http://members.xoom.it/siipac
Luciano Bertazzo |
AGLI ALTRI DICO...
Guai, guai, statene alla larga! State lontani da quelle macchine infernali! Vorrei che si sapesse, che il gioco è una malattia grave, dalla quale è bene stare lontani, se ci si riesce... Cos'altro aggiungere? Razionalmente, il gioco è un disatro, sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista sociale, per cui chi ne è fuori, ne resti fuori, chi ne è dentro... se ce la fa, ne esca.
Un paziente del centro di Bolzano |