Gli iscritti sono la nostra famiglia

«Chi viene da noi è accolto come una persona, e non è trattato come un numero, in virtù di un ideale che sorregge la nostra azione. Quello della solidarietà».
17 Dicembre 2003 | di

Msa. Presidente Panero, nel corso del 2003 lei ha effettuato molti viaggi in Europa e oltreoceano per seguire il lavoro dell";Inas nel mondo, e per essere più vicino ai nostri connazionali. Alla luce di questa esperienza, cos";ha portato con sé?
Panero. L";incontro con i connazionali è sempre una grande esperienza esistenziale, una specie di viaggio interiore in cui il vissuto personale e familiare si fonde con la memoria collettiva e con la storia del nostro Paese. Ognuno di noi, nella propria famiglia, ha vissuto "; in tempi più o meno lontani "; il dramma dell";emigrazione e ne ha patito le conseguenze, ma nello stesso tempo si è trattato di un";epopea collettiva, segnata da una comunanza di bisogni, di sentimenti, tra persone che hanno spesso trovato in questa situazione una nuova ragione per stare insieme. In Canada come in Brasile, in Germania come in Argentina ho sempre rintracciato due denominatori comuni: il segno di una sofferenza individuale legata al distacco dalle proprie radici e dagli affetti "; cosa che contrariamente a quanto si pensa, tocca anche l";emigrazione più recente "; e la forza con la quale coloro che hanno vissuto l";esperienza sulla propria pelle, hanno saputo reagire, stando insieme, associandosi, condividendo. In questo, la Chiesa ha senza dubbio avuto un ruolo importante, così come le associazioni d";emigrazione. Allo stesso modo, i sindacati hanno svolto e continuano a svolgere un";attività  molto rilevante.
Alla luce delle sue esperienze all";estero, quali sono le grandi questioni dell";emigrazione italiana, all";inizio del nuovo millennio?
La questione istituzionale e della rappresentanza è stata quella che ha monopolizzato l";attenzione di questi ultimi anni. Il raggiungimento di un obiettivo tanto sospirato da parte di molti connazionali, come quello dell";esercizio del voto, ha aperto scenari nuovi, e nuove possibilità  di partecipazione e riavvicinamento dei cittadini italiani all";estero alle istituzioni del Paese d";origine; ma attenzione: il voto è uno strumento attraverso cui le persone possono esprimere politicamente le proprie idee, non è un fine in se stesso. È sulle cose e sulla soluzione dei problemi che si costituisce il consenso. Certo, se il voto portasse effettivamente a questo riavvicinamento, e non si risolvesse in passerelle deludenti, questo costituirebbe un successo, visto che le istanze partecipative in emigrazione "; dai Comites al Cgie, all";associazionismo classico "; soffrono di una crisi difficile da risolvere. Proprio perché riteniamo che si debba valorizzare sempre la partecipazione sociale in tutte le sue forme, riteniamo che sarebbe molto importante avviare attraverso i consolati, anche con l";apporto dei patronati, campagne informative che spieghino meglio ai connazionali il significato e le modalità  del voto politico e che promuovano la partecipazione della gente in tutti gli organismi istituzionali comunitari.
Sul piano sociale, quali altre esigenze hanno i nostri connazionali all";estero?
Una questione fondamentale è quella legata alla qualificazione della nostra presenza all";estero come comunità  italiana, rispetto al contesto in cui essa si colloca: mercato, lavoro, cultura. E mi riferisco, da una parte, alla necessità  di valorizzare il mondo del lavoro e quello delle imprese, favorendo una maggiore qualificazione professionale dei nostri lavoratori, e ampliando la possibilità , per quelle imprese che abbiano la giusta propensione a farlo, ad esportare prodotti e servizi di cui il Paese e le sue Regioni sono capaci.
Dall";altra, alla necessità  di rafforzare i centri di produzione culturale interni alle comunità  affinché si rinsaldino i legami con l";Italia, ma soprattutto si possano creare le condizioni per uno scambio costante e continuo tra la nostra cultura, intesa in senso ampio, e quella del Paese di residenza nel cui tessuto socio-economico i nostri connazionali, non dimentichiamolo, sono inseriti a tutti gli effetti (pensiamo alle seconde e alle terze generazioni).
La questione che a noi sta più a cuore, poi, è quella della salvaguardia dei diritti sociali, previdenziali, di quelli legati all";attività  lavorativa e alla cittadinanza. È un tema cruciale su cui noi patronati continueremo a concentrare, anche in futuro, i nostri sforzi. Pensiamo ad esempio alla sofferenza dell";America Latina in questi anni. Essa ha posto in evidenza quanto siano fragili i margini di benessere accumulati dalle nostre comunità  di fronte alle ricorrenti crisi finanziarie. Fasce consistenti di popolazione, con larga presenza di italiani, vive praticamente senza protezione sociale. È quindi necessario muoversi su due linee: quella della cooperazione internazionale e quella del sostegno diretto, attraverso forme di assistenza fondate su criteri generali e non particolaristici. Non può essere considerato un modello, quello in cui le Regioni italiane, muovendosi in ordine sparso, praticano la solidarietà  con i propri corregionali lasciando fuori altri connazionali appartenenti a regioni diverse. Un vero coordinamento tra Stato e Regioni in questo senso, non si è ancora visto.
L";Inas all";estero è una grande realtà . Quali sono le strategie del vostro Istituto per il nuovo anno?
L";Inas, Patronato della Cisl, è presente in tutti i maggiori Paesi d";emigrazione italiana, in molti dei quali collabora con i sindacati locali: Belgio, Olanda Lussemburgo, Germania, Francia, Gran Bretagna, Slovenia e Svizzera per quanto riguarda l";Europa; Canada e Stati Uniti per il Nord America; Argentina, Uruguay, Venezuela e Brasile per il Sud America, e infine in Australia.
Qui aiutiamo gli italiani anche per le pratiche legate alla legislazione del Paese ospitante, occupandoci, ad esempio, di pratiche previdenziali erogate da Istituti esteri. In quest";ottica, svolgiamo inoltre attività  di supporto per le prestazioni fornite dalle autorità  consolari, come quelle che riguardano la cittadinanza e il rinnovo dei passaporti.
Abbiamo 80 uffici con 130 operatori, una struttura importante che, nei limiti delle nostre possibilità  finanziarie, stiamo cercando di ampliare, anche attraverso corrispondenze e recapiti: ad esempio in Argentina, in Svizzera, in Francia, negli Stati Uniti. Nella nostra sede centrale vi è un Dipartimento che coordina il lavoro di tali strutture e che si occupa delle problematiche riguardanti gli italiani all";estero e gli immigrati in Italia.
Pensiamo di muoverci su diversi fronti: innanzitutto con un";attenzione particolare alla qualità  della nostra consulenza, alla nostra capacità  di accoglienza, con la promozione di momenti formativi ad hoc; inoltre, con uno sfruttamento più intensivo delle attrezzature informatiche che migliori le capacità  di risposta dei nostri operatori; una promozione maggiore della nostra attività , ma attraverso un rafforzamento della nostra capacità  di andare tra la gente; l";ampliamento della gamma dei servizi offerti, a livello delle singole realtà  anche in collaborazione con altri servizi della Cisl; lo sviluppo di un rapporto nuovo e più costante con i mezzi di comunicazione perché sappiamo che le tematiche trattate dal patronato, come la previdenza, la sanità , l";assistenza, hanno bisogno di essere maggiormente socializzate affinché si possano sviluppare dibattiti positivi dentro le comunità .
L";emigrazione di oggi è molto diversa da quella dei primi italiani che sono andati all";estero. Quali sono gli strumenti per affrontare questo mutamento?
La fine dell";emigrazione di massa, la presenza ancora oggi di un";emigrazione meno consistente di un tempo ma pur sempre importante, lo sviluppo del fenomeno del frontalierato, l";aumento della popolazione anziana emigrata con i conseguenti problemi di assistenza e di natura previdenziale, la presenza all";estero di un numero notevole di cittadini italiani, circa 4 milioni (7% della popolazione è italiana) che probabilmente avranno sempre minore bisogno di prestazioni di natura previdenziale, ma più bisogni per quanto riguarda altri adempimenti legati allo status di cittadini; il continuo aumento degli oriundi, con la loro voglia di apprendere la lingua e la cultura dei padri, così diversa dalla propria, eppure così vicina.
Lo scenario delineato non può che sollecitare il nostro Istituto a porre le basi sia per generare nuove tutele e nuovi servizi che per rafforzare l";assistenza e la tutela tradizionali in una chiave comunque più mirata ai cambiamenti in atto.
In questo oggi ci aiuta la legge n. 152/2001, quella che ha riformato gli Istituti di Patronato e per la quale, però, non si sono ancora delineati i regolamenti d";attuazione indispensabili per il concreto dispiegarsi di quanto nella legge è previsto. Una legge che, se da una parte permetterebbe di rafforzare le attività  che vengono già  da noi svolte, dall";altra potrebbe incentivare la nascita di nuovi campi d";azione, nuovi settori anche più legati ad un";attività  di consulenza di qualità  e questo sia attraverso un";azione diretta sia attraverso la stipula di convenzioni con amministrazioni e istituzioni.
È necessario portare a compimento la convenzione tra i Patronati e il Ministero degli Affari esteri sulla quale non ci sono ritorni significativi da parte delle istituzioni alle nostre sollecitazioni. Le attività  di supporto alle autorità  consolari all";estero, che sono vastissime "; ce lo dicono gli stessi consolati "; sono uno dei campi in cui intendiamo spenderci. Peraltro sappiamo in che condizioni versano la maggior parte delle strutture diplomatiche aperte al pubblico, e i vantaggi che avrebbero ad affidare all";esterno una parte consistente delle loro attività . Ma così potrebbe essere per convenzioni da stipularsi con il Ministero della Sanità , e delle Finanze.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017