Globalizzare l’identità italiana

Giornali, radio e Tv possono essere il veicolo della promozione dei nostri valori e dell’identità italica nel mondo. Una nuova sfida anche per la solidarietà e per i nuovi flussi migratori.
02 Gennaio 2003 | di

In un";epoca di grandi trasformazioni, caratterizzata dal processo di globalizzazione in atto, emerge sempre più il ruolo dell";informazione e della comunicazione. Un ruolo che richiede liberi spazi di movimento, anche se circoscritti da principi etici a salvaguardia della dignità  della persona umana, a cui devono sottostare ogni scelta politica e ogni sistema economico. La stampa "; che l";ideologo della scienza moderna Francesco Bacone considerava tra le invenzioni che hanno cambiato le condizioni di vita dell";uomo e del mondo "; e tutti gli altri moderni mezzi di comunicazione, hanno la finalità  di porsi a servizio dell";uomo e della società . Oggi non si può parlare di globalizzazione senza tenere conto del ruolo dell";informazione e, di conseguenza, dell";informatizzazione che, rompendo ogni barriera, sta ottimizzando i flussi della comunicazione.

Le istanze della globalizzazione divengono anche istanze di solidarietà : criterio ispiratore di iniziative pubbliche e private a difesa della vita, fondamento morale per il raggiungimento del bene comune e d";ogni ordine internazionale. Anche il mondo dei mercati può essere basato sui valori della solidarietà  piuttosto che sugli imperativi dell";efficienza e del profitto.

Recuperare l";italianità 

Approfondendo il rapporto tra globalizzazione e solidarietà , i mass media italiani nel mondo possono assumere un ruolo importante per il patrimonio di valori morali e cristiani radicati nella nostra storia e, come ha recentemente affermato il ministro per gli Italiani nel mondo, Mirko Tremaglia, «per la nostra grande tradizione di civiltà  universale, di diplomazia e di pace che può rivelarsi e risultare determinante nel risparmiare al mondo le tragedie che si profilano all";orizzonte». Viviamo in un momento storico in cui l";altra Italia "; formata da quasi 4 milioni di concittadini con passaporto e 60 milioni di oriundi "; sta verificando significati e modalità  della sua appartenenza alla terra d";origine ma possiamo aggiungere alle precedenti cifre i milioni di persone che si riconoscono nei valori della nostra cultura e quanti ne condividono alcuni aspetti, come la nostra lingua. Mi riferisco ai Ticinesi, ai Maltesi, ai Sammarinesi, agli Istriani, ai Dalmati e a molti altri. Le iniziative dei Ministeri degli Esteri e degli Italiani nel mondo; le politiche d";aggregazione attuate dalle Regioni italiane; i contatti che il presidente Ciampi, il ministro Tremaglia e il sottosegretario agli Esteri, Baccini, continuano ad avere con le comunità  italiane nel mondo; l";approvazione del voto in loco; le iniziative per coinvolgere le testate italiane, le radio e le televisioni per promuovere l";«informazione di ritorno»: il flusso cioè di notizie che dai nostri connazionali all";estero raggiunge gli italiani residenti in Patria e viceversa; l";accentuato interesse per l";insegnamento dell";italiano (che occupa il quarto posto tra le lingue più studiate nel mondo con trend in crescita), e la positiva accoglienza delle opere teatrali, musicali e cinematografiche italiane in occasione delle Settimane della lingua italiana celebrate nella Penisola e in tante città  del mondo, rassicurano sul fatto che forse stiamo risalendo da situazioni di crisi d";identità  denunciata da tanti italiani all";estero come fenomeno irreversibile. Ci sono dunque strategie d";interazione tra l";Italia e le sue comunità  all";estero che fanno sperare in prospettive positive. L";italianità  "; o italicità , come la definisce Pietro Bassetti "; si presenta nel mondo come un valore aggiunto al processo imprenditoriale che porta in quasi tutti i Paesi del mondo prodotti e caratteri tipici dell";italicità .
 
Epopea storica e tendenze attuali
 
I flussi migratori iniziati negli ultimi decenni dell";Ottocento e protrattisi fino ai primi anni del secondo dopoguerra, sono stati caratterizzati da situazioni di sofferenza dovute al forzato distacco dalla terra d";origine, ma hanno segnato per la maggior parte dei nostri connazionali all";estero, pagine di speranza e di soddisfazione per la conquista di un lavoro, di una casa e di un avvenire per i loro figli. Nei Paesi d";accoglienza sono sorte così delle comunità  italiane attive e intraprendenti; e con le comunità  le associazioni regionali e provinciali, i club e i circoli i cui membri, per l";alto posizionamento sociale e imprenditoriale, sono divenuti artefici e protagonisti dello sviluppo di quelle terre. Un beneficio questo che si è riversato anche sulle Regioni italiane, per le quali il ritorno di tanti corregionali ha promosso significativi sviluppi nel campo dell";economia, dell";edilizia e dell";imprenditorialità .
Oggi i rapporti tra le due Italie, che in passato hanno avuto spinte e motivazioni legate più al paesello d";origine che all";Italia come nazione, attendono proposte e realizzazioni diverse. Se da una parte rimarrà  forte il legame alla terra d";origine, dall";altra è pur vero che stanno cambiando alcuni fattori sociali, culturali e il senso d";appartenenza soprattutto da parte delle seconde e terze generazioni. Se l";amore alla cultura italiana rimane vivo, d";altro canto diminuisce nei giovani oriundi l";interesse per la lingua italiana soprattutto in Paesi in cui il processo di globalizzazione è più coinvolgente e dove l";internazionalizzazione dello sviluppo economico-industriale facilita, o esige, un";omologazione nell";uso delle lingue a scapito di un grave impoverimento culturale.

Dall";identità  all";appartenenza

Quello che emerge è il bisogno di nuove strategie d";azione, a livello nazionale e regionale, per recuperare il patrimonio umano, culturale e sociale dell";altra Italia. L";identità  e il senso d";appartenenza dei figli o dei nipoti dei nostri connazionali all";estero sono legati a un insieme di elementi, essendo nati e cresciuti nei Paesi d";accoglienza, con interessi e aggregazioni diversi da quelli dei loro padri. «Ci siamo resi conto che ciò che ci rende come siamo e non diversi, è l";esistere fra due Paesi, fra due o tre lingue, fra parecchie tradizioni culturali: questo definisce la nostra identità . È possibile che dietro tutto ciò si nasconda una particolare vocazione: essere intermediari, tramiti, mediatori fra le diverse comunità  e le diverse culture?», si chiede un gruppo di giovani italiani di Colonia in un meeting sul tema «identità  e appartenenza» (1).
Recupereremo le seconde o terze generazioni e l";interesse di decine di milioni d";oriundi italiani nel mondo, a patto d";incentivare progetti nel settore della formazione e dello sviluppo economico-industriale-turistico. Lo testimoniano le attese e gli interessi dimostrati dai giovani residenti nei Paesi dell";America latina, per stage organizzati dalle nostre Università  in Italia o nei loro Paesi di residenza. Investire sulle nuove generazioni è una necessità , tenendo presente il fenomeno della mobilità  internazionale. Un orientamento che ci spinge ad incentivare gli interscambi culturali di ricerca e di formazione tra università  italiane e atenei esteri, gli scambi tra realtà  imprenditoriali senza però facilitare la «fuga dei cervelli». La recente Commissione anglofona del Cgie (Filadelfia 28-30 ottobre 2002), ha denunciato «la nuova diaspora» del talento italiano nel mondo. Nell";ambito della ricerca scientifica e dell";innovazione, l";Italia, che non difetta certo per la qualità  e professionalità  dei suoi ricercatori, rischia di restare troppo lontana dai programmi degli altri Paesi dell";Unione Europea, con il risultato che un gran numero di giovani ricercatori italiani liberamente, o troppe volte per necessità , decidono di svolgere la loro attività  in altri Paesi. La Commissione mette anche in evidenza quanto gli scienziati e i ricercatori italiani siano benvoluti e richiesti all";estero per la loro preparazione «superiore a quella fornita dalle altre università Â».
 
Fateci sentire italiani come voi!
 
Pervengono alla nostra redazione notizie sulla cessazione di attività  d";informazione per le nostre comunità  all";estero e la chiusura di corsi d";italiano. Gli ultimi appelli sono arrivati dalla Germania dove, dal 1° gennaio 2003, viene a mancare la voce di Radio Monaco dopo 40 anni d";attività , e dal Land Reno Westfalia dove, per decisione del governo locale, si chiuderanno i corsi madrelingua. E purtroppo non sono casi isolati.
Altri appelli, ancora più pressanti, ci giungono soprattutto dall";America latina. «Fateci sentire italiani come voi!» scriveva recentemente, sul periodico on line di Caracas Pagine, Vitaliano Vita, consigliere del Cgie, sostenendo la necessità  di rafforzare le radici per non perdere il patrimonio di civiltà  e di tradizioni del nostro Paese e suggerendo di sviluppare la collaborazione tra aziende italiane e imprenditori italiani all";estero, salvando così situazioni di crisi emergenti in Argentina, Uruguay e in Venezuela. Più gravi appelli giungono anche dal fronte della sanità  e della sicurezza sociale.
Se escludiamo l";attenzione di questi ultimi mesi alla crisi dell";Argentina e dell";Uruguay, va anche rilevato il distacco che le testate giornalistiche nazionali d";alta tiratura continuano a mantenere nei rapporti con le comunità  italiane nel mondo. Ciò è dovuto al fatto che non si è ancora consapevoli delle prospettive che i mass media hanno con l";approvazione della legge costituzionale che permetterà  agli italiani all";estero di votare in loco e di eleggere come loro rappresentanti in Parlamento 18 deputati e 6 senatori. In prospettiva ci sono le elezioni europee del 2004 e quelle legislative normalmente previste per il 2006. Il servizio informativo per le comunità  italiane all";estero attualmente è in parte colmato da alcuni programmi Rai, da Rai International e dalle molte testate "; giornali, radio e tv private attive nei cinque continenti "; che offrono programmi in lingua italiana. La caratteristica di questi media, espressione del mondo associazionistico e delle Regioni italiane, è quella di essere un servizio informativo e uno strumento di rapporto. Hanno cioè il merito di rispondere a specifiche attese, come nel settore della previdenza, o di facilitare i rapporti tra i connazionali e i comuni, le istituzioni pubbliche e religiose dei Paesi natali. Pioniere, e ancor oggi attuale, la presenza dei media di ispirazione cristiana: espressione delle Missioni Cattoliche Italiane, di Congregazioni religiose e di realtà  editoriali, come il nostro Messaggero di sant";Antonio.
 
Come capire il presente
 
L";epopea dell";emigrazione italiana costituisce un vasto potenziale di esperienze. Dobbiamo però affermare che l";intero fenomeno migratorio è stato e continua ad essere una risorsa se opportunamente gestito. L";immissione di forze nuove in un Paese, specie se la natalità  è scarsa, produce reddito, ha una valenza anche economica e quindi non va combattuta per «paura del diverso». Questo lo affermiamo anche se ci troviamo di fronte a fenomeni nuovi, come la crisi dell";Argentina, dell";Uruguay o del Venezuela che può provocare rientri di connazionali e oriundi con la difficoltà  per la ricostituzione del loro stato civile e il loro inserimento lavorativo; o come la disoccupazione del Mezzogiorno che fa riprendere i flussi migratori verso i Paesi europei, soprattutto verso la Germania, in un momento in cui ovunque c";è una forte precarietà  lavorativa e sociale. Ciò nonostante, Franco Pittau, coordinatore del team del Dossier Statistico Immigrazione della Caritas di Roma, parlando recentemente ai responsabili del mondo associazionistico italiano di Londra, affermava che «secondo le organizzazioni internazionali, le migrazioni rappresentano uno degli indici più significativi della dimensione globale del mondo di oggi, e a questa sorta di globalizzazione umana, l";Italia ha senz";altro dato uno tra gli apporti più significativi» (2). Credo che questo sia avvenuto "; e spero continui a realizzarsi ";, grazie all";apporto delle esperienze di vita dei nostri connazionali all";estero. Pagine di storia che ci aiutano a capire l";attuale fenomeno immigratorio dai Paesi del Terzo mondo verso i Paesi industrializzati, illuminando governanti e opinione pubblica sulla necessità  di adottare atteggiamenti conformi ad equi criteri d";accoglienza e programmando, per quanti hanno la possibilità  di rimanere nel nostro Paese, un dignitoso inserimento nel mondo lavorativo e nella società  civile. 

(1) cf. Corriere d";Italia, n. 23, Frankfurt am Main, giugno 2002.

(2) cf. La Voce degli Italiani, anno LIV, n. 1079, maggio 2002.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017