Gratuità contro profitto

Investire nelle politiche sociali per rapportare i diritti umani con il profitto, e per far sì che etica e finanza favoriscano la riduzione delle disuguaglianze.
01 Aprile 2002 | di

Di fronte alle gravi situazioni sociali e politiche che stanno sempre più deteriorando la vita di interi popoli, tutti desideriamo che tra i Paesi in lotta o in condizioni esplosive "; come quelle vissute recentemente in Argentina "; maturino iniziative politiche capaci di ridare pace e democrazia durature. È una domanda emersa nell";ambito di numerose manifestazioni internazionali da parte delle associazioni e del mondo del volontariato a salvaguardia della libertà  e dignità  della persona. Una domanda riproposta anche dalla recente conferenza internazionale dell";Onu tenutasi a Monterey in Messico, sul «finanziamento dello sviluppo». «Anche noi abbiamo davanti agli occhi e portiamo impresse nell";animo immagini di sofferenze e di immani tragedie, frutto non di rado di irresponsabile egoismo», ha detto Giovanni Paolo II lo scorso 13 febbraio. «Anche noi sentiamo il peso dello smarrimento di tanti uomini e donne al dolore degli innocenti e alle contraddizioni dell";odierna umanità Â». Nello stesso giorno, egli ha sottolineato che «la società  attuale ha un bisogno profondo di riscoprire il valore della gratuità , specialmente perché nel nostro mondo sembra spesso trionfare una logica improntata esclusivamente alla ricerca del profitto e del guadagno ad ogni costo. Di fronte alla sensazione diffusa che ogni scelta e gesto siano dominati dalla logica della compravendita di mercato e che trionfi la legge del maggior ricavo possibile, la fede cristiana ripropone l";ideale della gratuità , fondato sulla consapevole libertà  delle persone, animato da autentico amore».

È la proposta dell";ideale della gratuità  contro la dominante logica utilitaristica e l";esclusiva ricerca del profitto che stanno dominando tutti i campi d";attività  della società  contemporanea. Sul nostro pianeta, un quinto degli abitanti vive con meno di un dollaro al giorno; se poi la comunità  internazionale non interverrà , nel 2015 il numero dei poveri salirà  a 2 miliardi. Ma nonostante questi dati, l";investimento e l";assistenza per lo sviluppo dei Paesi poveri fra il 1988 e il 1999 sono stati dimezzati. «Il permanere dell";estrema povertà  in un largo segmento della popolazione mondiale a fianco dell";arricchirsi di una piccola minoranza, è un fatto eticamente inaccettabile, socialmente ingiusto e politicamente pericoloso», ha affermato recentemente a Roma Olusegun Obasanjo, presidente della Nigeria, al Consiglio dei governatori dell";Ifad, l";agenzia dell";Onu che promuove lo sviluppo nelle regioni rurali.

Come sradicare allora le tragiche povertà  che condizionano la vita di centinaia di milioni di persone? Come diminuire il divario tra ricchi e poveri ampliato dalle nuove tecnologie e dalla globalizzazione dei mercati? I Paesi che stanno investendo in politiche sociali sono quelli che si sviluppano di più: un dato questo che deve porre i «finanziamenti di sviluppo» come primo obiettivo della solidarietà  internazionale. Alcune testimonianze assicurano che tra il mondo della finanza e il mondo del no-profit sono in atto positive forme di cooperazione. In Italia e nel mondo ci sono aziende, imprese, istituzioni bancarie e finanziarie private che cominciano ad occuparsi di questioni etiche e d";iniziative legate alla promozione dello sviluppo. È significativo che il segretario generale dell";Onu, Kofi Annan, abbia sponsorizzato dei «marchi etici» che garantiscono il rispetto dei diritti fondamentali dell";uomo, i valori della giustizia e la salvaguardia dell";ambiente da parte di imprese, società  finanziarie o banche che vi aderiscono. Sono sfide e nuovi segnali, contro la cultura del consumismo, che evidenziano i valori della gratuità .

P. Luciano Segafreddo

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017