Grazie padre Danilo!
Il mese scorso il filo rosso del martirio cristiano nel XXI secolo si è allungato ancora una volta. E i mass media, complice la concomitante visita del Papa a Cipro, hanno dato grande rilevanza all’evento. L’uccisione di monsignor Luigi Padovese, Vicario Apostolico dell’Anatolia e riconosciuto uomo di dialogo in quell’area, è avvenuta il 3 giugno a Iskenderun per mano del suo autista che lo ha colpito più volte, barbaramente, con un coltello. La mente non ha potuto non andare alla tragica vicenda di don Andrea Santoro, anch’egli ucciso da un giovane islamico – al grido «Allah è grande» – il 5 febbraio 2006 a Trebisonda. Due fatti emblematici di una situazione che scuote il pianeta e riguarda soprattutto le minoranze cristiane: quella degli arabi cristiani in Medio Oriente, della minoranza cristiana in Algeria e in Egitto, per non parlare del dramma che si sta consumando in Iraq e nell’Africa subsahariana. Ha forse ragione l’intellettuale René Guitton, quando parla di cristianofobia, vale a dire di ostilità fino alla persecuzione contro i cristiani? «I martiri sono il lievito della storia del Novecento», ebbe a dire Giovanni Paolo II nel 2000, anno del grande Giubileo, e la realtà del martirio sta oggi diventando sempre meno improbabile in molti luoghi. Ma perché questo non suscita una scossa nell’Occidente che si dice cristiano?
Passiamo a tutt’altro argomento, in relazione al tempo estivo, per molti – non per tutti, purtroppo – anche tempo di vacanza. Come si racconta nella rivista, c’è chi le sue vacanze le vive con e per altri, in un servizio di volontariato che mette al centro la persona più debole (nel nostro caso il disabile) e ne ricava stimoli anche molto profondi per la propria vita. «Dopo simili esperienze – testimonia Alex – sei costretto a “ritarare” la tua vita. Capisci che le cose che contano sono altre rispetto a quelle cui si dà abitualmente importanza. Su questi valori mia moglie Tamara e io abbiamo impostato la nostra vita a due». Il popolo del volontariato in Italia è davvero numeroso e variopinto, e si tratta di gente generosa e grintosa che si spende per gli altri, anche in situazioni di grave rischio. Quando in Abruzzo si è abbattuto il terremoto, ad esempio, il «male comune» ha subito risvegliato il «bene comune», e una fiumana di gente si è rimboccata le maniche per aiutare. Questo bellissimo spirito nazionale che le emergenze registrano dovrebbe tenere il passo del quotidiano, diventare stile che contagia altri, ognuno per quello che può dare.
In questo editoriale è d’obbligo che parli un po’ di cose di casa. Alle pagine 8 e 9 leggerete il grazie commosso di padre Danilo al «Messaggero» e alla Famiglia Antoniana. Dopo quattro anni da direttore generale torna a un lavoro che veramente non ha mai lasciato: quello di educatore, di accompagnatore di percorsi umani e di fede che si sono momentaneamente inceppati e abbisognano di un supporto. Andrà a operare presso la Comunità San Francesco di Monselice che accoglie persone con problemi correlati all’uso di alcol e droga. «Molte persone che usano sostanze stupefacenti – scrive padre Danilo – non sono né cattive, né malate o disturbate (magari lo possono diventare col tempo). Sono semplicemente incappate in un errore di valutazione del loro vero bene e del cammino per raggiungerlo». Caro padre Danilo, ti accompagneremo con la preghiera e terremo caro il tuo ricordo in mezzo a noi. Il bene che farai nel nuovo incarico che i superiori ti hanno affidato lo sentiremo un po’ anche nostro.
Da parte mia, come nuovo direttore generale, esprimo ai lettori la chiara intenzione di continuare nel solco tracciato dal mio predecessore. Desidero lavorare per voi ascoltando, scrivendo (anche personalmente), pregando per le intenzioni che mi affiderete. Vi chiedo, intanto, di pregare per me. E buone vacanze a ognuno di voi.