Guarda un po’ chi si rivede
Non siamo vecchi nostalgici. La scelta di tornare a parlare di virtù, e addirittura di virtù antiche come l’onore, la cavalleria, il pudore e altre cose di questo tipo, non ha nulla a che fare con la nostalgia di un’«epoca che fu», da parte di una minoranza incapace di stare al passo con i tempi.
Si tratta, questo sì, di una scelta controcorrente.
La cultura contemporanea, infatti, ha sferrato un attacco formidabile non soltanto a ciò che c’è di più antico nella nostra tradizione occidentale, preferendo spesso tradizioni orientali, ma anche al concetto stesso di virtù.
A sentire parlare i neuroscienziati, sembra che, dove un tempo vi erano le virtù, oggi vi siano solo ormoni e neurotrasmettitori. L’altruismo e la capacità di prendersi cura dell’altro dipenderebbero dall’ossitocina; la capacità di indignarsi di fronte a un’ingiustizia sarebbe impensabile senza testosterone; la mansuetudine dipende da progesterone e allopregnenolone; il coraggio e l’intraprendenza sarebbero conseguenza di serotonina e noradrenalina.
Una controprova di questa visione è data da tutti quei casi umani nei quali è accertata la mancanza delle sostanze menzionate. Provate a trovare coraggio e spirito di iniziativa in un uomo con bassi livelli di serotonina: non ne troverete, almeno fin quando un farmaco serotoninergico non gli avrà ridato il gusto di vivere.
Si tratta di acquisizioni scientifiche fondamentali, che sarebbe incosciente, quasi colpevole, oggi, pretendere di negare (non dare un antidepressivo a un uomo in fase depressiva acuta, perché scettici nei confronti degli psicofarmaci, a me sembra un’omissione di soccorso).
Virtù o equilibrio chimico?
Lo facciamo partendo anzitutto dalla constatazione, che tra l’altro è un dato acquisito fra i neuroscienziati, che il cervello umano è plastico. Ciò significa che l’ambiente esterno, le esperienze, le amicizie, le comunità, con tutto il carico di discorsi ed emozioni che esse comportano, contribuiscono a modificare e creare circuiti cerebrali, a stimolare la produzione di determinate sostanze chimiche presenti nel cervello. In altre parole, se è vero che gli ormoni influenzano i nostri comportamenti, d’altra parte è vero che gli ormoni sono a loro volta influenzati dai comportamenti e dalle emozioni suscitati dall’ambiente esterno al cervello, in una parola dall’esperienza.
Per questo, esperienze di virtù generano una chimica virtuosa del cervello, che a sua volta favorisce l’esercizio delle virtù. Se un uomo con molto testosterone, e dunque tendenzialmente aggressivo, vivesse in un ambiente umano non stressante, in mezzo alla natura, tra persone che si prendono amorevolmente cura di lui, insieme a una moglie con cui ha una relazione d’amore appagante, compresa una sana vita di coppia (dove il testosterone ha modo di essere ampiamente utilizzato), e praticasse sport come il calcio, nel quale la sua aggressività può essere esercitata senza danno e con disciplina, è altamente probabile che tale aggressività non avrebbe occasioni per esplodere. Al contrario potrebbe essere incanalata positivamente in pratiche sane, come una sessualità piena d’amore e una bella attività ludico- sportiva. Forse il nostro amico non avrebbe bisogno di essere trattato con psicofarmaci. Perché l’ambiente influenza il cervello, e una comunità sana, virtuosa, favorisce cervelli chimicamente equilibrati e potenzialmente virtuosi. Gli ormoni non sono l’ultima frontiera dell’umano, a cui ridurre le virtù, come ritiene qualche neuroscienziato (improvvisatosi filosofo morale senza averne le competenze). Al di là degli ormoni c’è ancora l’esperienza umana. E un’esperienza umana virtuosa influenza la chimica del nostro cervello. Per questo, proprio oggi, ha senso tornare a parlare di virtù, non solo come virtù morali del passato ma come terapia di benessere psico-fisico per l’uomo dei nostri giorni.
Nuovi orizzonti virtuosi
C’è però un altro problema da affrontare prima di entrare nel merito delle virtù antiche. È quello, epocale, della tecnologia. Analogamente a quanto si è detto sopra, si potrebbe affermare che, dove un tempo vi erano le virtù, oggi vi sono artefatti tecnologici. Prendiamo il vecchio gesto del cavaliere che sostiene il braccio della donna nell’atto di scendere le scale. Ebbene, che senso ha nell’epoca delle scale mobili? Prendiamo l’infinita pazienza di cui dovevano armarsi donne e uomini al tempo in cui le lettere d’amore giungevano dopo settimane. Che fine fa quella pazienza nell’epoca delle mail e delle chat in tempo reale? Molti artefatti tecnologici sembrano rendere obsolete altrettante virtù. Così, ancora, nell’epoca dei programmi di intrattenimento, il tuo umorismo non serve più: tra Zelig e youtube c’è sempre qualcuno che fa ridere al posto tuo.
Eppure, a guardare le cose più a fondo, anche in internet c’è ancora bisogno di virtù. C’è chi ha addirittura stilato un decalogo del navigatore in rete, la cosiddetta netiquette, dove sono riconoscibili antichi comandamenti, come non rubare l’identità altrui, e antiche virtù, come la sincerità (non userai il gruppo per portare falsa testimonianza), pena l’esclusione dal social network. Insomma, se da un lato la tecnologia rende ormai sorpassate alcune virtù, dall’altro apre spazi nuovi, dove, ancora, le virtù sono importanti, anzi indispensabili per una comunicazione efficace.
A dispetto di molte Cassandre le virtù sono ancora vive e vegete. Resta da chiarire quali virtù. Il «Messaggero di sant’Antonio» si è già occupato delle virtù importanti, come quelle teologali e cardinali. Ora abbiamo deciso di andare a ripescare antiche virtù per così dire «minori». Le abbiamo cercate nei testi della nostra civiltà occidentale, troppo spesso snobbata e dimenticata da una cultura radical-chic, che tutto sa, per esempio, del buddismo zen e nulla di Aristotele. Il paradosso è che le antiche virtù della cultura occidentale, come per esempio il senso dell’onore, di cui quasi nessuno in Europa sa più nulla, coincidono spesso con le antiche virtù orientali, di cui invece tanti occidentali si riempiono la bocca e infarciscono i film.
Quali sono, dunque, le virtù di cui ci occuperemo? I testi che ci hanno fatto da guida sono il IV libro dell’Etica Nicomachea di Aristotele e il relativo commento di san Tommaso d’Aquino. Qui abbiamo trovato pagine indimenticabili, vere pietre preziose, di valore inestimabile anche per gli uomini di oggi.
Con gli altri e con le cose
Dopo un necessario adattamento e una rivisitazione, il risultato è stato il seguente. Cominceremo con le virtù che riguardano il rapporto con gli altri, per poi trattare di quelle che riguardano il rapporto con le cose e gli eventi. Per quanto riguarda il primo di questi gruppi inizieremo, per cavalleria, da una virtù tipicamente femminile: il pudore (oggi troppo spesso dimenticato dalle stesse donne, in ostaggio psichico di logiche e desideri maschili). Segue la trattazione di un’antica virtù tipicamente maschile: la cavalleria, con quello che essa comporta quanto a capacità di sana indignazione per l’ingiustizia e la menzogna, di lotta per la giustizia e la verità, di cura dei poveri e degli infermi, di attenzioni, da gentiluomo, per il gentil sesso. Verrà poi il momento di trattare quella virtù tipica del modo di relazionarsi agli altri nelle situazioni serie: la sincerità. E qui la grande questione sarà quella del suo rapporto con l’amore: quante menzogne vengono dette per non far soffrire l’amato! Così l’amore finisce con il crescere sopra una montagna di bugie e di ipocrisie. Se ne parlerà a tempo debito. Segue la virtù del senso dell’umorismo, importante da riscoprire in una società dove umorismo sembra essere sinonimo di volgarità incensurata.
Dopodiché sarà la volta delle virtù in relazione alle cose e agli eventi: l’intraprendenza, cioè la capacità di costruire creativamente gli eventi, la storia, e di fare impresa; la pazienza, cioè la capacità di accettare gli eventi e i loro tempi (così difficile nell’epoca del tempo reale); la liberalità, ossia il giusto rapporto con le ricchezze e la capacità di donare gratuitamente (di cui ha recentemente scritto il Papa nella Caritas in veritate); e, infine, il senso dell’onore, che è il sentimento della propria dignità di contro a qualunque svendita del proprio sé per denaro, fama o potere. Una virtù di cui si sente particolare bisogno, oggi, specialmente in Italia, dove gli imprenditori comprano uomini e i venduti non si contano più.
Zoom. Ancora un anno di virtù
Negli anni passati ci siamo concentrati sulle virtù cardinali e teologali (2007) e i vizi capitali (2008) e abbiamo affrontato i nuovi vizi degli italiani (2009). Quest’anno affronteremo le antiche virtù da riscoprire. Cominceremo con le virtù che riguardano il rapporto con gli altri, per poi passare a quelle implicite nel rapporto con le cose e gli eventi. Inizieremo parlando del pudore (febbraio) per poi affrontare cavalleria (marzo), sincerità (aprile), senso dell’umorismo (maggio). Poi sarà la volta delle virtù in relazione alle cose e agli eventi. E quindi: intraprendenza (settembre), pazienza (ottobre), liberalità (novembre) e, infine, senso dell’onore (dicembre). Dopo questo primo articolo di presentazione, i temi saranno sviluppati di volta in volta secondo il seguente schema: un articolo introduttivo (firmato da Giovanni Ventimiglia, ordinario di filosofia alla Facoltà teologica di Lugano) tratteggerà la storia della virtù in questione; un secondo articolo (di Adriano Fabris, docente di filosofia morale all’Università di Pisa) racconterà, invece, come educare le giovani generazioni a quella stessa virtù; un successivo contributo (di Enzo Bianchi, priore della Comunità di Bose) commenterà una frase delle Scritture o dei Padri della Chiesa che sintetizza la virtù; infine, un’intervista (realizzata dalla redazione) cercherà di carpire ad alcune persone, note o meno note ma che comunque incarnano la virtù in oggetto, i segreti alla base del loro essere virtuose.