Ha inventato l’«Albero dei sogni»

Un bambino gravemente malato sogna un viaggio in aereo, di incontrare il cantante preferito o di passare una giornata con la squadra del cuore? Carla Radic si adopera perché il sogno diventi realtà. Ecco come.
06 Marzo 2000 | di

Ci sono bambini che, da grandi, vorrebbero fare il carabiniere, il poliziotto, il comandante di un aereo. C`€™è chi desidera visitare Eurodisney o Gardaland e chi sogna di trascorrere una giornata con il cantante preferito o con la squadra del cuore. Ma c`€™è soprattutto una signora torinese, Carla Radic, che nel 1990 ha fondato l`€™«Albero dei sogni» e da allora si adopera instancabilmente perché i sogni di bambini gravemente malati diventino realtà . «Mentre ero in Francia lessi dell`€™attività  di 'Les petites princes', e mi prefissi di portare quell`€™esperienza in Italia. Mi sembrava straordinario provare a spalancare una finestra sul mondo a piccoli molto malati: sono convinta che non si vive di solo pane, ma anche che non si guarisce di sole medicine».

Msa. Come reagirono i suoi familiari?
Radic
. Mio marito è mancato nel 1983: amava molto i bambini e diceva che bisogna trascorrere tanto tempo con loro. Credo che da lassù continui a volermi bene e che sia proprio lui ad accendermi le lampadine giuste quando non so dove sbattere la testa. I miei figli si entusiasmarono quando illustrai il mio progetto, ma Riccardo, il più grande, mi mise in guardia: secondo lui dovevo prepararmi a soffrire. Purtroppo era vero.

Cosa l`€™ha turbata?
Alcuni bambini non superano la malattia. Tra i medici ho incontrato professionisti meravigliosi, ma anche persone non degne del giuramento fatto all`€™inizio della loro professione. Mi aspettavo molta solidarietà  dalla gente comune e poca attenzione da parte delle cosiddette persone importanti: è successo l`€™opposto e ne sono sinceramente dispiaciuta. Comunque, dieci anni fa, aiutata da una quindicina di amici, ho fondato l`€™«Albero dei sogni»: il nome e il logo mi furono regalati da Armando Testa, un caro amico di mio marito. Nell`€™aprile del `€™91 ci fu il riconoscimento della regione Piemonte e due anni più tardi l`€™associazione divenne ente morale giuridico riconosciuto dallo Stato.

Chi la chiama e come valuta le richieste che le vengono sottoposte?
Ricevo lettere o telefonate dai genitori, dai medici o dai bambini stessi. Prima di realizzare un sogno, però, sottopongo il caso a una commissione scientifica composta da dieci primari pediatri per accertare le condizioni fisiche dei piccoli pazienti e per avere parere favorevole all`€™attuazione del sogno. Quindi parlo con il medico curante e con la famiglia. I genitori, e magari un fratello o una sorella più grande, devono partecipare al sogno e devono dare il loro assenso scritto per le foto e le riprese filmate che vengono effettuate: la possibilità  di vivere un giorno da fiaba, in base allo statuto dell`€™«Albero dei sogni», viene attribuito alla famiglia.

Si è scontrata con la rassegnazione e con lo sconforto dei bambini malati?
Sì. Soprattutto i più grandicelli, alla domanda «Cosa vorresti fare da grande?» possono rispondere «Io grande non lo diventerò mai». Allora bisogna intervenire con una piccola sfuriata. Io dico ai più sfiduciati che non ho mai visto nessuno vincere una battaglia mettendo le armi in pattumiera, che bisogna affrontare la malattia a muso duro, togliendo il berretto di lana che nasconde una testa senza capelli e affrontando gli altri e la malattia in modo reattivo, senza vergognarsi.

Come inizia il sogno?
Quando sono riuscita a verificare che quello che mi si chiede è veramente il più grande desiderio di un bambino e non, ad esempio, quello di un parente, comincia la fase organizzativa. Quando c`€™è di mezzo una divisa bisogna chiedere alle mamme di prendere le misure per cucirne una per l`€™occasione. Il sogno comincia con una cena di gala, a cui sono presenti genitori e autorità : è un modo per familiarizzare con le persone che il bambino incontrerà  il giorno dopo. Se ci si trova fuori città , il bambino e la sua famiglia vengono ospitati nella suite del più bell`€™albergo. Il giorno dopo il bambino realizza tutto quello che desidera.

Ricorda i momenti più toccanti di qualche sogno che ha realizzato?
Moltissimi. Fabio, a undici anni, voleva guidare un carro armato. Ricordo la nostra attesa davanti al portone della caserma già  alle sei del mattino, poi quel portone che si spalanca, la guida rossa stesa per terra in suo onore, il comandante che lo riceve con la mano sul petto, i picchetti che lo salutano a ogni camerata, la sua nomina a caporale, il pranzo al circolo ufficiali e poi un`€™ora e mezza a scorrazzare su un carro armato nelle campagne del pinerolese. Maurizio voleva diventare carabiniere. Erano i giorni di «Tangentopoli». Quando andavo a Milano, in via Moscova, trovavo gli alti ufficiali, pur indaffaratissimi, con la testa tra le mani a pensare quali potessero essere le esperienze più belle per il bambino. Il giorno del sogno lo ricevettero, gli presentarono il programma che avevano preparato per lui auspicando che ne fosse soddisfatto e lo ringraziarono per averli aiutati a sognare. Uno dei momenti più toccanti è il vedere un alto ufficiale che si leva il suo distintivo dall`€™uniforme e, con gli occhi lucidi, l`€™appunta su quella del bambino.

Realizzare questi «sogni» prevede un forte impegno economico. Chi se ne fa carico?
È un onere dell`€™associazione. Non chiediamo mai nulla sulla condizione economica della famiglia. Purtroppo non riceviamo contributi dallo Stato, dalla Regione o dal Comune e farcela solo con l`€™aiuto dei privati è una scommessa.

Lei è credente. L`€™esperienza della malattia grave per un bambino e per la sua famiglia è atroce. Come tenta di spiegarla ai piccoli pazienti che le pongono questo interrogativo?
Dico loro che purtroppo Dio non c`€™entra con la malattia, che può intervenire grazie alla mediazione dei santi, che è vicino a loro quando soffrono, ma quel che succede in terra è opera dell`€™uomo. Il Signore ci dà  l`€™anima, la vita, le sue leggi, l`€™intelligenza per seguirle e il libero arbitrio. Il progresso è inevitabile e necessario, ma è governato dall`€™uomo e porta con sé molte conseguenze negative, tra cui le malattie.

Cosa chiede al Signore quando prega?
Chiedo di riuscire a mantenere viva l`€™associazione: vorrei che l`€™«Albero dei Sogni» fosse sempre più luminoso con le sue stelle sempre trasparenti. E che i bambini guarissero tutti.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017