Happy 25th Video Age!

Da Giulianova a new York e Hollywood.Per parlare di Tv, cinema e nuove tecnologie. A favore della libertà d'espressione e contro i monopoli. Un mensile che tiene testa al colosso Variety.
23 Novembre 2006 | di

NEW YORK

Venti società americane, e tra queste MGM, ABC, Kodak, Osmond International (gestito dalla famiglia Osmond) e CBN (guidata da Pat Robertson), l’appoggio brasiliano di Globo Tv, l’aiuto italiano del Mifed (la Fiera di Milano), Rusconi, Canale 5, Tv Port (diretta da Giuliano Re) e Italtoons (Giuliana Nicodemi). Nel 1981 erano in tanti a credere nel progetto di Domenico Serafini. E quel progetto, in 25 anni si è trasformato in una concreta realtà: Video Age International.
È un anno speciale per Domenico Serafini, che gli amici chiamano da decenni semplicemente «Dom». Un anno iniziato con le fatiche di una campagna elettorale condotta con il cuore indipendente e continuata con un prestigioso riconoscimento da parte della sua città natale: Giulianova, in Abruzzo, per esserne un sincero ed entusiasta promotore. Un anno nel quale la sua rivista tocca il prestigioso traguardo del mezzo secolo, e lo fa con ottime credenziali. Il mondo della televisione e del mercato audiovisivo, in 25 anni è cambiato completamente. È cambiata soprattutto la posizione dell’Italia nella griglia delle potenze tecnologiche: da battistrada nel campo dei mass-media, a Cenerentola, con riforme che stentano a ridisegnare un mondo dal grande potere, informativo e pubblicitario.
In tutti questi anni, Dom Serafini ha vissuto passo passo le trasformazioni italiane pur vivendo a New York. «Video Age – spiega Serafini – è nata grazie ad Hollywood e all’industria televisiva italiana, in un periodo fortunato sia per l’Italia, che introdusse in Europa le reti televisive private, che per Hollywood, che poté espandere il suo mercato oltre i monopoli Tv statali dei Paesi europei. Il nostro impegno è stato sempre quello di presentare sulla rivista i tanti aspetti di questo mondo che si concentra sul divertimento e l’intrattenimento ma che in sostanza detiene il grande potere del flusso informativo».
Giornalista vivace e curioso, Serafini arrivò all’appuntamento con Video Age con un significativo bagaglio professionale. Partito alla volta degli States nel 1968 – in tempo per arrivare il giorno dopo a Woodstock –, Serafini ha vissuto gli anni della contestazione giovanile e delle manifestazioni pacifiste (gli anni del Vietnam) come tanti italiani all’estero, lavorando cioè per diverse aziende contemporaneamente per racimolare uno stipendio dignitoso. Le sue qualità professionali lo hanno visto protagonista di vari eventi mediatici. Dai microfoni delle cabine stampa dei campi di football e baseball, alle cronache del bicentenario americano, l’abruzzese ha sempre saputo raccontare con obiettività la vita americana, e contemporaneamente scriveva per prestigiose testate italiane, quale corrispondente. Oggi Serafini scrive di tecnologie Tv e cinematografiche su testate italiane e americane. Apprezzato opinionista del New York Times, il giuliese è diventato negli anni anche una voce importante nelle testate italiane in America, da America Oggi a Telelatino, e in Italia si è affermato quale corrispondente per Il Sole 24 ore e Il Messaggero, sia come esperto del mondo audiovisivo e digitale, sia come testimone delle comunità italiane.
«Nel 1983 fummo fortunati a centrare un nuovo prodotto editoriale – ricorda Serafini –. Durante la fiera del NATPE, a Las Vegas, Video Age creò infatti un quotidiano per le fiere Tv. A quel tempo non esisteva il fotosviluppo in un’ora, i fax erano poco diffusi, i cellulari ancora soltanto una bella idea. Per comunicare usavamo il walkie talkie, e i nostri giornalisti usavano magliette sgargianti gialle per farsi riconoscere tra la folla. Ma l’idea funzionò e prese piede, e ora siamo ancora l’unica testata a produrre fogli quotidiani all’interno delle fiere del settore».
Telepictures ed Enter-Tel furono le prime aziende americane ad appoggiare questa innovazione, seguite in Francia dalla Rete TF1 e oggi questi quotidiani fieristici sono diventati ancora più importanti.
«Durante le fiere – aggiunge Serafini –, i partecipanti riescono a controllare solo la loro posta elettronica, e il quotidiano cartaceo diventa un mezzo di facile e conveniente lettura per tenersi informati sugli eventi. In questi appuntamenti settoriali, sia gli espositori che gli acquirenti fanno affidamento sui prodotti cartacei di Video Age senza che l’impatto editoriale sia diminuito dai servizi on-line».
Nata in un clima di grande concorrenza (all’epoca erano attivissime e affermate testate quali The Hollywood Reporter, Variety, Broadcasting, Tv World) negli anni la rivista fondata e diretta dal giornalista di Giulianova ha superato tutte le avversità, resistendo anche a più di un tentativo di acquisizione da parte delle multinazionali editoriali. Oggi, venuta meno la maggior parte dei prodotti editoriali, Video Age rimane l’unica voce indipendente in un mercato dominato dalle multinazionali. Ciononostante il mensile italo-americano riesce a correre, testa a testa, con un colosso quale Variety.
«Scegliemmo questo nome – rammenta Serafini – perché il 1981 venne considerato l’inizio dell’era del video. Il nostro nome venne subito trasformato dal New York Times in un concetto più ampio. Video Age divenne il modo di descrivere la vita in un universo di 500 canali Tv».
Prodotto giornalistico che cammina in un campo minato, Video Age più di una volta si è trovata a combattere battaglie su piani di riforma e nuove strategie di mercato, meritandosi il titolo di testata autorevole seppur scomoda. Sarà la strada sulla quale continuerà il tenace Serafini, coadiuvato da uno staff agile formato anche dalla moglie Monica Gorghetto, e da una sede a Los Angeles.
«Non abbiamo mai interrotto i legami con l’Italia. Con gli anni ci siamo sempre più affidati a tipografi italiani per inviare via internet le nostre pagine, e per lavorare nel campo del marketing, e i risultati sono eccellenti. La mia esperienza mi ha permesso di presentare anche un piano di riforma del sistema audiovisivo italiano, piano che ottenne consensi trasversali (e si fermò per ragioni opportunistiche), e che anni dopo mi è valso anche la nomina di esperto dal Ministero della Comunicazione.
È la dimostrazione di come gli italiani nel mondo possano creare una grande sinergia tra i Paesi che li hanno accolti e dove ora sono imprenditori, e la loro Italia, per favorire la diffusione del nome, della cultura e del prodotto italiano».
Arricchitasi di spazi su internet (il sito in inglese e in spagnolo) Video Age è diventata negli anni anche fonte di informazione fondamentale per l’industria Tv internazionale, con E-beat, newsletter quotidiana via e-mail, e Paper Clips, rassegna stampa settimanale via e-mail, e la prima testata a offrire ai propri clienti la possibilità di inserire un Dvd dei loro nuovi programmi televisivi in abbinamento alla rivista.
«La rivista rimane in fondo una creatura degli anni Ottanta che non apprezza le fusioni in grandi gruppi economici, i monopoli, le posizioni dominanti. Abbiamo ancora lo stesso entusiasmo di quando siamo nati. Amiamo l’industria del film e della Tv e apprezziamo la sana competitività, i mercati dove ci sono opportunità per tutti, l’innovazione tecnologia attenta alla sensibilità degli spettatori, e un mondo con regole uguali per tutti, dove sia possibile esprimere critiche e apprezzamenti per questo universo che in fondo dovrebbe regalarci attimi di sana evasione e relax dalle fatiche quotidiane».
Parole rispettate in pieno dal direttore che, appena terminata l’intervista con il Messaggero di sant’Antonio-edizione italiana per l’estero, ha indossato i panni del genitore per dividere con i suoi due figli, Yuri e Bianca, momenti di svago al Central Park.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017