«I cieli narrano la gloria di Dio»

Lo ha affermato di recente Benedetto XVI, riprendendo il Salmo 19. E lo conferma anche padre José Funes, gesuita argentino, dal 2006 direttore dell’Osservatorio vaticano.
25 Febbraio 2009 | di

 Trascorre il suo tempo tra galassie e pianeti, ma non ha nulla dello scienziato sulle nuvole. Sembra invece un buon parroco, molto concreto e pieno di buon senso. José Funes, 46 anni, gesuita, argentino di Cordoba, è il direttore della Specola vaticana, l’Osservatorio astronomico del Papa. Laureato in astronomia all’Università di Padova, nel 2006 ha preso il posto che fu del mitico padre George Coyne ed è spesso in viaggio tra Castelgandolfo, sede storica della Specola, e l’Osservatorio di Tucson, in Arizona, dove gli studiosi vaticani hanno a disposizione i mezzi più moderni per condurre le loro indagini e un cielo molto meno luminoso, e quindi più «adatto» alle osservazioni, di quello del circondario romano. «I cieli narrano la gloria di Dio» ha detto Benedetto XVI il 21 dicembre 2008, nel giorno del solstizio d’inverno − ricordando che piazza San Pietro, con il suo obelisco al centro, è stata concepita come una vera e propria meridiana − quando ha salutato tutti coloro che, a diverso titolo, prenderanno parte all’Anno internazionale dell’astronomia indetto per questo 2009 nel quarto centenario delle osservazioni di Galileo Galilei al telescopio. Parole, quelle del Pontefice, che padre Funes ha accolto con particolare soddisfazione: «Sono state molto belle e incoraggianti. Ma vorrei ricordare anche quelle da lui pronunciate nel giorno dell’Epifania, quando ha detto che Cristo è il sole che ha rivoluzionato il cosmo e la storia, e ha paragonato l’universo, secondo il celebre esempio di Galileo, a un libro il cui autore si manifesta attraverso la sinfonia del creato. Il Papa ha così messo in rilievo il ruolo di noi scienziati credenti. Molte volte si ha l’impressione che per essere scienziati bisogna essere atei o agnostici, ma non è affatto così. Ci sono tanti scienziati che svolgono il loro lavoro da credenti, senza imbarazzi né limitazioni».

Senta padre, sia sincero: è più facile o più difficile fare scienza credendo in Dio?
«Bella domanda. Io credo che scienza e fede possano e debbano essere in tensione, talvolta anche attraverso qualche conflitto, ma allo stesso modo credo che possano e debbano aiutarsi a vicenda dando luogo a un dialogo fecondo, vero e bello. La scienza può aiutare il nostro credere in Dio e, d’altra parte, i valori religiosi possono aiutare la scienza a diventare più umana».
 
I nuovi orizzonti
 
L’incontro con padre Funes avviene all’interno della cupola che protegge il vecchio telescopio di Castelgandolfo – risalente agli anni Trenta del secolo scorso – e un suo fratello più recente, molto più piccolo ma anche molto più potente. Guardando i due strumenti, così diversi, viene naturale chiedere allo specialista qual è il nuovo orizzonte della ricerca. «Negli ultimi anni – risponde padre Funes – noi astronomi facciamo ricerca soprattutto sull’origine e la formazione delle galassie, che è il mio specifico campo di indagine, e sulla formazione di stelle e pianeti. Per quanto riguarda il secondo fronte, molto interessante è la ricerca di pianeti extrasolari, vale a dire pianeti in orbita attorno a una stella diversa dal nostro sole, e in particolare di pianeti simili alla Terra. Finora a questo proposito c’è molta incertezza, ma è chiaro che inoltrandosi su questo terreno nascono domande che coinvolgono anche la filosofia e la teologia».
Cercare un pianeta simile alla Terra vuol dire anche cercare forme di vita intelligente. Quando intraprende questo cammino, che cosa prova lo scienziato che crede in Dio? «Finora non abbiamo trovato nessuna prova circa l’esistenza di vita intelligente al di fuori della terra, ma il credente è aperto a ogni possibilità. L’universo è così grande! Per la teologia cattolica, esattamente come per lo scienziato cattolico, la possibilità di scoprire altri esseri intelligenti non comporta difficoltà. Da astronomo continuo a credere che noi siamo figli di un creatore buono che ci ha voluti per amore e ha su di noi un progetto d’amore».
Ma la comunità scientifica come si pone nei confronti di uno scienziato che crede in Dio? «Nel mio caso specifico, la Specola ha una tradizione così prestigiosa da meritare il rispetto di tutti. Gli scienziati non guardano alla fede religiosa dei colleghi ma ai loro studi. Posso dire però che al credente, o per lo meno così succede a me, gli altri chiedono qualcosa in più: di essere non solo ricercatore attento ma anche testimone in grado di dire una parola su argomenti più trascendenti. Al credente è chiesta questa visione più ampia».
 
Scienza sì, ma prima i poveri
 
Padre Funes, il caso Galileo può dirsi definitivamente chiuso? «Certamente si può sempre fare di più e so che è difficile accontentare tutti, ma credo sinceramente che con quello che Giovanni Paolo II ha detto nel 1992 la Chiesa abbia fatto ciò che doveva e poteva. Il caso Galileo è molto complesso perché non riguarda solo la scienza ma anche la storia, la filosofia e la teologia. È stato motivo di conflitto, ma mi auguro che adesso possa diventare occasione per una ricerca sempre più approfondita, da portare avanti con spirito sereno e di collaborazione. È arrivato il momento di voltare pagina».
Qual è il contributo che la Specola vaticana darà all’Anno internazionale dell’astronomia? «Ci saranno tre iniziative. A giugno organizzeremo un convegno che riguarderà non solo la ricerca scientifica ma anche l’impatto culturale dell’astronomia, per vedere come la nostra disciplina può diventare uno spazio di dialogo e un luogo di incontro fra diverse culture e religioni. A metà ottobre, nei musei vaticani, in collaborazione con l’Istituto nazionale di astrofisica, allestiremo una mostra di strumenti dall’epoca di Galileo fino ai nostri tempi, e nel mese di novembre organizzeremo, alla Pontificia accademia delle scienze, un convegno sull’astrobiologia, il filone di indagine astronomica che si occupa della ricerca di vita nell’universo e in particolare nel nostro sistema solare».
Ultima domanda: lei, quando si sente più vicino a Dio? Quando legge le Sacre Scritture o quando guarda nel telescopio? «A dire il vero, quando sto vicino ai poveri».
 
 
Ricordando Galileo
 
Il 2009 è stato dichiarato Anno internazionale dell’astronomia su iniziativa dell’Italia, dell’Unesco e dell’Onu. Si vogliono festeggiare così i 400 anni dalle prime osservazioni astronomiche che, nel 1609, consentirono a Galileo Galilei (1564-1642) di verificare la validità delle proprie teorie. Moltissime saranno le occasioni di riflessione e di studio con l’intervento di qualificati specialisti, ma non mancheranno mostre e manifestazioni a carattere più divulgativo. Ovviamente le città più direttamente interessate sono Firenze, Pisa e Padova, dove lo scienziato visse e operò. Firenze − Palazzo Strozzi − ospita, dal 13 marzo al 30 agosto, la mostra «Galileo, immagini dell’universo dall’antichità al telescopio», viaggio fra strumenti di ricerca a partire dall’Egitto dei faraoni. Sarà esposto l’unico esemplare esistente di telescopio galileiano (nella foto in basso) e, mediante alcune applicazioni multimediali, i visitatori potranno vedere il cosmo così come lo osservava lo scienziato quattro secoli fa. A Pisa, la città dove nacque l’astronomo, dal 9 maggio al 20 luglio, si terrà una mostra dal titolo suggestivo:«Il cannocchiale e il pennello». Sarà ospitata al Palazzo Blu con l’intento di documentare attraverso sculture, libri, incisioni e strumenti scientifici il rapporto tra l’affermarsi della nuova scienza galileiana e la cultura figurativa nell’Europa del Seicento.
Anche Padova ha deciso di ricordare Galileo con una mostra che si svolge presso il Centro culturale San Gaetano (28 febbraio - 14 giugno). Attraverso sette sezioni, anche con l’ausilio di simulazioni ed esperimenti, i visitatori potranno rendersi conto dei progressi della scienza e soprattutto del metodo sperimentale, verificando così come la strada aperta da Galileo continui a dare frutti preziosi per la conoscenza umana.
«Sarebbe bello se alla fine del 2009, osservando il cielo, tutto il mondo avesse almeno una volta riflettuto sull’universo» ha detto Catherine Cesarsky, presidente dell’Unione astronomica internazionale. E in fondo il fine ultimo dell’Anno galileiano è proprio questo: «Un’occasione per tutti – come si legge in una nota dei promotori – per riscoprire il proprio ruolo nell’universo attraverso l’osservazione del cielo» e per «informare il pubblico sulle scoperte più recenti nel settore e porre in evidenza il ruolo essenziale dell’astronomia nell’educazione scientifica».
Il 2009 segna anche i quarant’anni dalla missione Apollo che portò i primi uomini sulla Luna, anniversario che si lega idealmente alle scoperte di Galileo. 136 i Paesi che aderiscono all’anno mondiale dell’astronomia e undici i progetti internazionali, con la partecipazione anche della Nasa. In evidenza, su tutti, il lancio, previsto per aprile, di due satelliti europei di osservazione dell’universo, il telescopio spaziale Herschel e l’osservatorio Planck, che prendono il nome rispettivamente dall’astronomo nato ad Hannover nel 1738 e dal premio Nobel per la fisica del 1918. Dal 2 al 5 aprile, poi, gli astronomi amatoriali di tutto il mondo saranno invitati a partecipare alle «Cento ore dell’astronomia» con osservazioni della volta celeste e scambio di informazioni ed esperienze.
Su internet, nel sito cosmicdiary.com, è stata aperta un’agenda cosmica per tenere aggiornati gli appassionati delle osservazioni astronomiche su tutte le iniziative e le ricerche in corso. Una sezione del sito dà accesso a numerosi blog, tra i quali quello dell’astrofisico americano Guy Consolmagno, gesuita della Specola vaticana, che si occupa fra l’altro della collezione di meteoriti custodita a Castelgandolfo, una delle più ricche del mondo con i suoi 1081 campioni, uno dei quali di origine marziana.
Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017