I magnifici sette

06 Luglio 1999 | di

Gorbaciov, Peres, De Klerk, Williams, Rotblat, Menchàº, Trimble: usiamo le armi del dialogo e della mediazione per risolvere i conflitti tra popoli e nazioni.

Roma
Dopo glasnost (trasparenza) e perestrojka (riorganizzazione), per Michail Gorbaciov le nuove parole d' ordine - valide questa volta per l' umanità  intera - devono essere pace planetaria e nuovo ordine mondiale. Sono gli slogan che l' ex presidente di quella che fu l' Unione Sovietica, ha lanciato a Roma, in Campidoglio, in occasione del 1° Summit mondiale dei premi Nobel per la pace, organizzato dalla Fondazione Gorbaciov e dal Comune di Roma. L' originale idea di riunire con un summit internazionale i premi Nobel per la pace, era venuta due anni fa a monsignor Pietro Casella di Piacenza, co-presidente della Fondazione Gorbaciov in Italia; fondazione che ha poi tradotto in realtà  l' ambizioso progetto.

 

Così a Roma, culla di una delle più grandi civiltà  di tutti i tempi, madre del diritto moderno, cuore della cristianità , crocevia di Oriente e Occidente, si sono ritrovati con Gorbaciov, anche Shimon Peres, Frederik Willem de Klerk, Betty Williams, Joseph Rotblat, Rigoberta MenchຠTum, e David Trimble.

Ospite d' onore un altro premio Nobel (per la Medicina) Rita Levi-Montalcini. Accalorata la sua esortazione (fatta propria anche dal sindaco della capitale, Francesco Rutelli): «Le persone di alto valore etico devono parlare ai bambini per educarli alla fratellanza. Non c' è di peggio che insegnare ai bimbi il senso della rivalsa e della vendetta, specialmente se appartengono a popoli oppressi».

Tutti i Nobel sono stati concordi nell' affermare che il XXI secolo deve offrire all' umanità  una grande occasione di crescita. Il Novecento è stato testimone di due sanguinosi conflitti mondiali che, per la prima volta nella storia, hanno registrato un elevato tributo di vittime civili. Il nuovo ordine mondiale non può prescindere dalla democrazia, dalla libertà  e dal rispetto dei diritti umani, dalla pace insomma. Un' utopia? «No, una necessità Â», ha sostenuto il fisico Joseph Rotblat, ebreo polacco naturalizzato inglese, tra i padri (subito pentito) della bomba atomica. «Le armi nucleari esistono ancora e sono in grado di uccidere milioni di persone - ha ammonito Rotblat - . Ciò che mi preoccupa sono quegli scienziati che potrebbero costruire armi ancora più sofisticate e pericolose. Il principio degli antichi romani, purtroppo radicato nella nostra cultura, era: Si vis pacem, para bellum (Se vuoi la pace, preparati alla guerra). Ma questo principio, nell' era del nucleare, va riveduto: Se vogliamo la pace, dobbiamo preparare la pace». Più pessimista Betty Williams - simpatizzante dell' Ira (l' Esercito Repubblicano Irlandese) fino al 1976 e poi convertitasi alla nonviolenza - : «Finché le donne del mondo non capiranno che come procreatrici della vita devono diventarne anche protettrici, non credo che vedremo molti cambiamenti nel modo di pensare dei governi, perché il potere è il governo. Le donne del 2000 devono far sentire la propria voce».

Ancorché profondamente turbata dalla guerra nei Balcani, Rigoberta MenchຠTum, guatemalteca di etnia maya, ha ricordato che oggi nel mondo ci sono almeno altri 130 conflitti e tanti popoli dimenticati: dall' Indonesia al Tibet, dal Kurdistan al Sudan. «Solo nel mio Paese - ha rammentato Menchຠ- gli indios-maya subiscono da anni la pulizia etnica. Questa è costata 200 mila morti, 630 villaggi distrutti, migliaia di profughi fuggiti in Messico e il rischio, per le nuove generazioni, ormai assimilate dalla cultura messicana, di dimenticare le proprie origini. Una pulizia etnica cui hanno partecipato anche la Cia e gli Usa preparando commandos e soldati perché, in questo caso, la politica del governo del Guatemala faceva comodo agli Usa».

«Credo che nessun Paese del mondo possa arrogarsi il diritto di fare il poliziotto con un altro popolo e un' altra cultura - ha ribattuto Betty Williams - . Gli Stati Uniti hanno 30 milioni di persone che soffrono la fame, 12 milioni dei quali sono bambini. Gli Usa devono tenere conto di questo». Una considerazione che vale per tutti i Paesi occidentali, pronti spesso a intervenire militarmente laddove si sentono chiamati a tutelare i propri interessi economici e geo-politici, nascosti magari dietro il pretestuoso paravento dei diritti umani, come se il western way of life fosse il migliore, e quello da imporre ovunque e a qualsiasi costo come modello socio-politico. «Sono stato spesso negli Usa - ha affermato Gorbaciov - e quando ho chiesto agli americani: Volete diventare i gendarmi del mondo, la maggior parte mi ha sempre risposto di no. Per i Balcani sono state chieste le opinioni di Russia, Cina e India, dove vive quasi la metà  della popolazione mondiale?». C' è l' Onu, ma evidentemente «qualcosa» ne blocca ruolo e competenze. «Le Nazioni Unite vanno riformate - ha ribattuto Gorbaciov - ma qualcuno non vuole che ciò avvenga». Forse c' è bisogno di un peso maggiore dell' Europa, ma come ha sostenuto il nordirlandese David Trimble «ciò che è accaduto nei Balcani dimostra chiaramente che le istituzioni europee devono essere capaci di formulare o attuare una politica estera coerente. Inoltre occorre fare in modo che la coscienza democratica si formi anche in quei Paesi dove oggi non c' è. Come diceva Margaret Thatcher: le democrazie non si scontrano tra di loro».

Come premessa a questo processo, deve esserci un' etica del diritto e il rispetto di valori assoluti come quelli sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell' uomo, che ha da poco compiuto cinquant' anni. «Purtroppo - ha osservato Betty Williams - questa carta non è mai stata rispettata compiutamente da nessun Paese del mondo. E le vittime più indifese sono i bambini che non dichiarano certo la guerra, che non possono prendere decisioni, che non hanno voce in capitolo». L' umanità  deve evolversi e maturare una nuova coscienza di pace se vuole costruire un ordine mondiale fondato sulla coesione di popoli e nazioni. In questo senso, come ha rimarcato Rigoberta Menchàº, «proprio i Nobel per la pace possono diventare una forza morale e avere un ruolo guida». Un impegno sottoscritto dai Nobel nel documento finale del summit, e «benedetto» anche dal Papa che li ha ricevuti in Vaticano, ribadendo che realizzare la pace richiede l' accettazione delle diversità , il rifiuto di ogni atteggiamento aggressivo verso gli altri e il desiderio di costruire una società  più giusta e fraterna attraverso il dialogo e la cooperazione.

DAVID TRIMBLE, Irlanda del Nord

Sulla via della distensione

Insignito del Nobel per la pace insieme al leader cattolico John Hume per aver concluso, il 10 aprile del ' 98, lo storico accordo sottoscritto da nazionalisti e unionisti (il Good Friday Agreement), l' unionista David Trimble, già  docente universitario di diritto, è stato inoltre designato quale Primo ministro dell' Assemblea dell' Irlanda del Nord.

Msa. Com' è cambiato il suo Paese dopo l'Accordo del Venerdì santo?
Trimble.
Speriamo che sia cambiato in meglio e speriamo di essere alla fine dei conflitti civili e del terrorismo di cui siamo stati vittime. Speriamo di costruire nuove istituzioni democratiche in cui la gente possa lavorare insieme. Non abbiamo ancora portato a termine questo compito. Abbiamo fatto progressi ma ci sono ancora ostacoli da superare, ma ho fiducia che ce la faremo.

Ci sono gruppi paramilitari che potrebbero decidere unilateralmente di riprendere la lotta?
Abbiamo dei problemi con quelli che si definiscono Repubblicani Irlandesi Dissidenti e anche con dissidenti di gruppi fedeli al governo che sono stati coinvolti in episodi violenti. Credo ci sia il pericolo che gruppi estremisti di entrambe le fazioni ricorrano alla violenza. Non si può escludere interamente la possibilità  di atti estremi, ma dubito che ci sarà  un ritorno alla violenza perché queste fazioni hanno percorso così tanta strada che perderebbero tutto ciò che hanno fatto finora.

Come valuta la possibilità , per l' Unione Europea, di espandersi verso est e verso sud?
Vorrei precisare, a proposito del termine Unione Europea, che io non penso esistano interessi prettamente europei o di un solo Paese. Credo che dovremmo allargare l' Europa più rapidamente possibile. Il tipo di approccio che deve essere adottato da certi membri della Ue nei confronti dell' Europa orientale, deve prevedere lo spostamento dei confini dell' Europa democratica moderna per renderla più ampia possibile.

 

FREDERIK DE KLERK, Sud Africa

La doppia identità 

È stato il presidente della Repubblica sudafricana che ha sancito la fine dell'apartheid. Nel 1991 ha firmato l' accordo con Nelson Mandela per fermare la lotta armata tra bianchi e neri. Nel 1993 i due hanno ricevuto il Nobel per la pace. Nel 1994 De Klerk ha lasciato la carica di presidente, sostituito da Mandela, vincitore delle elezioni.

Msa. In Sud Africa, dopo la fine dell'apartheid ci sono forti tensioni sociali, e la criminalità  è in aumento...
De Klerk.

È vero che i crimini sono molti, che la situazione è peggiore di com' era ai tempi della mia presidenza. Ma ci sono buoni progetti nel cassetto e si fa molto per combattere contro questi fenomeni. Il Sud Africa è abbastanza sicuro per i turisti che seguono il consiglio di non frequentare posti in cui possono correre dei rischi. Ora ci stiamo preparando per le prossime elezioni. La nuova costituzione è stata stabilita definitivamente. Non abbiamo raggiunto il livello economico che volevamo. C' è una grande disoccupazione. Questi sono problemi che stiamo affrontando.

Crede che l' esperienza del suo Paese, cioè la convivenza di etnie diverse, possa insegnare qualcosa ai Balcani, e ad altre aree calde del pianeta in Africa, in Asia e in America?

Sì, si può imparare dalla nostra esperienza. È molto importante il fatto che nella nostra costituzione prendiamo provvedimenti per i diritti umani, e che riconosciamo anche la nostra diversità  assicurando i diritti a tutti i nostri diversi gruppi linguistici: mantenere e parlare la propria lingua è parte del sistema educativo. Noi facilitiamo la formazione di consigli culturali. In altre parole, cerchiamo di dare spazio alle minoranze perché possano mantenere la propria identità  e perché non si sentano costrette a scegliere di essere sudafricani o zulù, oppure sudafricani o afrikaneer. Insomma, possono essere entrambe le cose contemporaneamente. Cerchiamo proprio quello che c' è di positivo nella diversità .

La pace nel mondo ha un futuro o è solo un' utopia?

Credo che la causa principale di tutti i conflitti sia il fallimento nel trovare un modo in cui minoranze culturali e religiose possano convivere in pace con altre maggioranze o con altre religioni più importanti nella stessa area. La sfida, dopo aver sviluppato una cultura dei diritti umani, è quella di sviluppare una cultura di sensibilizzazione nei confronti delle minoranze così che in ogni Paese in cui sono tali, possano sentirsi riconosciute e possano prendere parte al processo decisionale, in modo che non siano mai escluse e non vengano mai oppresse. Dovunque ci sono guerre, vuol dire che questo non è stato fatto. In Africa stiamo provando a farlo, e qui si possono gettare le basi per la pace.

 

SHIMON PERES, Israele

L' ombelico del mondo

Già  leader del Partito laburista e primo ministro del suo Paese, nel 1994 Shimon Peres ha ottenuto il Nobel per la pace con Yasser Arafat e Yitzhak Rabin per aver avviato il processo di pace e di cooperazione tra israeliani e palestinesi.

Msa. Il medio-oriente è un' area storicamente a rischio sul piano della stabilità  politica. Cosa auspica per Israele?
Peres.

Direi essenzialmente tre cose: dovremmo vivere in pace, avere tecnologie più sofisticate, e ubbidire al Dio dei profeti.

Che soluzione vede per i Balcani?

La soluzione potrebbe essere diplomatica, non militare, rendendo l' intera Jugoslavia parte dell' Europa. Dalla creazione dell'Europa unita non c' è più stata una singola guerra, né un singolo dittatore, né un generale Franco, né un Hitler, né uno Stalin, né un Mussolini. Credo che europeizzare i Balcani sia meglio che balcanizzare l' Europa.

Il Papa ha detto che non c' è pace senza giustizia. Cosa si può fare per assicurare pace e prosperità  al mondo?

Dobbiamo capire che viviamo in una realtà  globale e che nessuno ha il diritto di imporre il proprio potere. Il pluralismo e la tolleranza sono gli unici modi per tenere unito il mondo, soprattutto quando non c' è nessun bisogno di ricorrere alla guerra. È meglio avere una strategia di educazione che una strategia di guerra. Allora non ci sarà  bisogno di combattere.
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017