I MANOVALI DELLA MAFIA

06 Ottobre 1996 | di

Una società  matura e adulta deve accompagnare il rigore necessario della legge, della difesa della convivenza, all`€™opportunità  del cambiamento e del recupero.
Speranza: è questa la parola che ricorre più spesso nelle lettere che mi giungono dalle carceri, in risposta agli appelli che l`€™associazione «Libera» ha rivolto affinché tacciano le armi, finiscano le stragi, si abbandonino la violenza, la bramosia del denaro e del potere sporchi di sangue e di droga. La speranza è il cibo dell`€™anima per ogni uomo, e ancora di più per quanti hanno il corpo ristretto in piccoli e obbligati spazi. Proprio lì l`€™occhio del cuore e dello spirito ha bisogno di guardare contemporaneamente vicino e lontano, dentro di sé e verso un futuro diverso, costruendo un dialogo e un cammino che muova dall`€™interiorità  ma consenta l`€™incontro, intraveda una strada che non sia solitaria.
Sono lettere di incerta grafia o che spesso si avvalgono dell`€™aiuto del cappellano perché le parole non sanno trovare la forma sulla carta; talvolta scrivono le madri o le mogli, magari aiutate dal parroco del paese, anch`€™esse in cerca di un conforto e di una prospettiva in cui credere. Molti, sino a ieri, erano considerati, e realmente erano, pericolosi criminali. Sinché lo sono stati, li abbiamo condannati con fermezza, senza sconti.
Oggi, senza far venire meno quella condanna, possiamo guardarli con atteggiamento diverso, poiché ora sono i «poveri di libertà », di fronte ai quali, come a ogni altro povero, abbiamo il dovere di non voltarci dall`€™altra parte.
Un dovere che non è solo cristiano, ma anche civile, di una società  matura e adulta, che sa e deve accompagnare il rigore necessario della legge, della difesa della convivenza, all`€™opportunità  del cambiamento e del recupero. È un imperativo che ci viene dal vangelo, ma anche dalla costituzione, dalla parola di Dio e dalle leggi degli uomini.
Prestare ascolto a questi uomini, immaginare con loro e per loro una speranza di futuro, verificarne gli intenti e le sincerità , non è venire meno a quella lotta ferma e coerente contro le mafie che, in vario modo e con ruoli differenti, viene condotta ogni giorno da giudici e forze dell`€™ordine in primo luogo, ma anche dalla società  organizzata, dal mondo della solidarietà , dalle chiese, dalle associazioni impegnate nel territorio, sul fronte educativo e sociale. Sono parti complementari di uno stesso impegno per la legalità  e la giustizia.
Oggi ci interroghiamo sulla possibilità  di pensare a una strada in più che consenta agli uomini di mafia di uscire dalla violenza, che permetta ai figli di sfuggire al destino dei padri, alle madri e alle mogli di alzarsi dal silenzio e dall`€™omertà  in cui la famiglia mafiosa da sempre le costringe. Una strada che si affianchi alla collaborazione giudiziaria, che la integri, senza sostituirla. Sono piani intrecciati, egualmente indispensabili: uno guarda al presente e al passato, per fare giustizia e individuare i colpevoli; l`€™altro si misura col futuro, con la necessità  di rompere la catena della violenza e delle povertà  materiali e culturali che la rendono possibile e la riproducono.
Mettere queste due esigenze una contro l`€™altra, sarebbe poco giusto e poco saggio. Ridurre le proposte e le riflessioni a occasione di polemica, rinchiudersi in abitudini e privilegi non serve a nessuno, tanto meno a combattere quella mafia che ancora esiste ed è forte: quella della Calabria, ancora assai poco colpita dalle indagini; quella dei boss che anche in carcere mantengono parte del loro potere, che continuano a dare ordini di morte; o quella, invisibile e impunita, che possiede la gran parte delle decine di migliaia di miliardi che costituiscono il bilancio annuale dell`€™impresa criminale e che li gioca in borsa, li investe all`€™estero, li usa per corrompere.
Queste sono mafie attive e pericolose, contro cui tutti dobbiamo fare la nostra parte. Poi c`€™è un`€™altra mafia, disgregata e sconfitta: quella dei giovani «manovali» ora in carcere, senza denaro e senza potere, che ha sempre avuto padroni più che padrini, con alle spalle una vita di strada, di violenza, omertà  e disvalori in cui non si riconoscono più. A loro possiamo e dobbiamo fornire attenzione e ascolto. Perché quella speranza di cui tutti abbiamo bisogno non venga mai meno.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017