I mille volti dell'attesa
In una primavera di ottocento anni fa – correva l’anno 1211 o 1212, notte della Domenica delle Palme – una giovane ragazza di Assisi di nobile casato e di nome Chiara fugge dalla casa paterna per raggiungere Francesco e i suoi primi compagni alla Porziuncola, luogo dove i due si erano già incontrati per il desiderio di parlare del loro comune amore a Dio e ai fratelli. Quando, alcuni anni prima, precisamente nel 1206, Francesco figlio del mercante Pietro di Bernardone si era spogliato davanti al vescovo Guido e aveva dato così inizio alla sua vita di penitente, Chiara era una fanciulla di appena 13 anni, e se non assistette alla scena certamente ne sentì parlare. Ne nacque un’ammirazione tutta particolare nei confronti di quel giovane che in Assisi era considerato il re delle feste, che aveva sognato la vita del cavaliere e la gloria delle armi per poi entrare – dopo la dura prigionia di Perugia – in una fase riflessiva e quasi involuta, per molti aspetti enigmatica. La ricerca di Francesco coinvolse dunque, fin da subito, la giovane Chiara, anch’essa desiderosa di autenticità evangelica, e i due intrecciarono per sempre il loro destino a partire da quella notte in cui, dopo la fuga, venne celebrato il rito del taglio dei capelli. Con questo gesto di consacrazione a Dio ebbe inizio, per Chiara, una vita nuova.
Inutile dire che la cosa non piacque ai parenti, che sulla ragazza avevano ben altri progetti. Questi, secondo le fonti, fecero ricorso a pressioni di ogni tipo, usando anche la violenza, ma senza esito. Dopo alcuni trasferimenti presso monasteri nei quali venne accolta come serva e conversa, finalmente Chiara approdò a San Damiano, il luogo dove Francesco aveva dato inizio alla sua avventura spirituale in dialogo con il Crocifisso. A San Damiano molte donne, anche della cerchia familiare, si unirono a lei, che in quel luogo rimarrà fino alla morte, nel 1253. Quarantadue lunghi anni, dei quali molti di infermità e malattia, sempre nella preghiera, nella condivisione e soprattutto vivendo l’altissima povertà. Una povertà così generosa e radicale da sembrare fin troppo rigida allo stesso Francesco e ai prelati che interagivano con il monastero. Ma che alla fine venne confermata attraverso il cosiddetto «privilegio della povertà», concesso e bollato da Gregorio IX nel settembre del 1228. Alla povertà personale si aggiunge il non possedere nulla comunitariamente, principio che impedisce l’innescarsi di ogni logica di accumulo e affida la comunità delle «Povere Dame», come le chiamava Francesco, alla sola Provvidenza.
Ottocento anni dopo, cosa resta di questa luminosa figura di ragazza, di donna, di consacrata a Dio per più di quarant’anni dietro le mura di un monastero? All’udienza generale di mercoledì 15 settembre 2010, papa Benedetto XVI utilizza un passaggio di una delle quattro lettere inviate da Chiara a sant’Agnese di Praga, la figlia del re di Boemia che ne seguì le orme, per focalizzarne la spiritualità. Si parla di Cristo, e in riferimento a Lui si dice: «Amandolo, siete casta, toccandolo, sarete più pura, lasciandovi possedere da lui siete vergine; la sua potenza è più forte, la sua nobiltà più elevata, il suo aspetto più bello, l’amore più soave e ogni grazia più fine. Ormai siete stretta nell’abbraccio di lui, che ha ornato il vostro petto di pietre preziose… e vi ha incoronata con una corona d’oro, incisa con il segno della santità» (Lettera prima: FF, 2862). Forse non siamo abituati a parole così intense per veder declinato il rapporto con Cristo, e ci sembra eccessiva la concretezza delle immagini utilizzate da Chiara per descrivere il suo slancio verso di Lui. Eppure il cristianesimo nasce da questa relazione intima, e fortunatamente qualcuno anche oggi – nel distacco e nel silenzio della clausura – ci ricorda la bellezza e il fascino dell’avventura cristiana al suo stato sorgivo.