I vecchi amici dell'Istituto D'Ambrosio
Storie di uomini e donne la cui tenacia e determinazione hanno garantito un futuro di prosperità alle nuove generazioni. Lingua e cultura italiana diventano perciò il «passaporto» di un'identità.
20 Settembre 2010
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Curitiba
Se è vero che ogni Paese ha un proprio fascino che lo distingue dagli altri, è altrettanto vero che non tutti possono vantare un insieme di bellezze storiche, artistiche e soprattutto umane pari a quelle del Brasile. Ricco di risorse naturali, avvolgente nella sua immensità, il Brasile sta iniziando a godere anche un certo peso politico ed economico internazionale grazie allo sviluppo degli ultimi anni, che lo rende finalmente una pedina di importanza crescente nello scacchiere mondiale.
I 190 milioni di brasiliani che popolano il Paese sono per lo più discendenti di indios, di schiavi africani, di coloni portoghesi o di emigrati tedeschi, polacchi e giapponesi. E poi ci sono gli italiani, che hanno «invaso» il Brasile tra il 1874 e il 1970. Basta camminare per le strade di Florianopolis, di Rio, Fortaleza o di qualsiasi altra città brasiliana per guardare in faccia questo sano e amichevole mix etnico e, soprattutto, per scorgere innumerevoli volti italiani in mezzo a tante razze che vivono insieme pacificamente. Ancora più facile è trovarsi di fronte a numerose insegne di negozi con nomi che con il Brasile sembrano avere poco a che fare: Furlan, ormai comune a Belo Horizonte; Jodice a San Paolo, o Martinelli a Rio de Janeiro. A Curitiba, capitale dello Stato del Paranà, lungo la via alberata Bruno Filgueira, una delle insegne «poco» brasiliane è quella dell’Istituto D’Ambrosio: una scuola impegnata fin dal 1974 nell’insegnamento e nella diffusione della lingua e della cultura italiana. È proprio il suo fondatore, Antonio D’Ambrosio, che ci apre le porte della scuola e che racconta il suo lavoro. Ci porta a conoscere i suoi studenti. La hall dell’Istituto è un’elegante sala con il pavimento in ceramica e quadri alle pareti, con splendide vedute italiane, improvvisamente invasa da un familiare e benvenuto profumo di caffè. Gli studenti sembrano seguire quella scia inconfondibile. Arrivano subito e prendono posto nella sala con il loro cafezinho.
Insomma, essere all’Istituto D’Ambrosio è come trovarsi in Italia. Guardando gli studenti, si ha l’impressione di conoscerli: visti qui, dal Brasile, ricordano i vecchi amici a casa. «Molti dei loro antenati – spiega D’Ambrosio – arrivarono qui con i primi gruppi di emigrati, tra il 1870 e il 1900.
Iudice. Com’è nata l’idea di creare una scuola italiana?
D’Ambrosio. È nata perché, nonostante a Curitiba vivano molte famiglie d’origine italiana, non esisteva in città una scuola simile. Per i brasiliani originari dell’Italia, imparare la lingua è un modo per mantenere un’identità culturale.
In che modo il suo istituto diffonde la cultura italiana?
I nostri corsi insegnano l’italiano con lezioni che vanno dalla storia alla gastronomia regionale. E non si tratta di insegnamento solo teorico. Ogni anno accompagniamo in Italia gli studenti affinché possano vivere in prima persona quanto hanno studiato o appreso. Per molti di loro si tratta di un momento emozionante: è il viaggio di ritorno, dal Brasile all’Italia, che i loro antenati non hanno mai fatto.
Cosa può dirci dell’emigrazione che ha caratterizzato il Brasile?
Potrei scriverci un libro, e sarebbe pieno di nomi di uomini e donne coraggiose. Ma basti raccontare di un viaggio, quello del 3 gennaio 1874, quando un veliero partì dal porto di Genova con 386 famiglie. A bordo di quella nave, chiamata Sofia, che raggiunse Rio de Janeiro il 21 aprile 1874, c’erano i primi italiani che emigravano in Brasile. Aprì la via a tante navi che, fino agli anni Venti, condussero fin qui più di 7 milioni di italiani, il 30% dei quali provenienti dal Veneto. Per cercare di accontentare gli emigrati, le autorità brasiliane resero disponibili, per i veneti, terreni a sud del territorio dove il clima, più freddo, era un po’ più simile a quello a cui erano abituati. Al nord, invece, dove faceva più caldo, mandarono pugliesi, campani e calabresi.
Quali sono le origini della famiglia D’Ambrosio?
I miei antenati, provenienti da Vasto, in provincia di Chieti, arrivarono in Brasile nel 1900 per stabilirsi nell’entroterra di San Paolo. Io sono venuto a vivere a Curitiba dove ho insegnato matematica e fisica per trent’anni. Con mia moglie, Marilene Dal Prà, di origine vicentina, abbiamo fondato l’Istituto D’Ambrosio nel 1974.
Perché a Curitiba?
Perché è una città ricca di cultura: forse la più evoluta del Paese dal punto di vista artistico e intellettuale, e forse più vicina all’Europa. Molti italo-brasiliani che vivono qui sono discendenti dei fondatori di città brasiliane come Nova Treviso, Nova Vicenza, Nova Trento, Nova Padua, Nova Veneza, Vale Vêneto, ecc. Così pure l’architettura si ispira a città europee, con ornate costruzioni ispirate allo stile nouveau, una volta appartenute alle famiglie di ricchi commercianti europei.
Chi sono i discendenti dei pionieri italiani?
Sono proprietari terrieri, medici, politici e anche grandi artisti, i quali ricordano con orgoglio le avventure e le disavventure dei loro antenati. È grazie ai loro sacrifici, al loro carattere forte (e alla generosa accoglienza del Brasile) che oggi possiamo permetterci questa vita colma di grandi possibilità.
* Accademia Apulia UK
www.accademiapulia.org
I veneti che colonizzarono il Brasile
Epiche storie di antenati
Pietro Dall’Oglioarrivò nel 1883, a 23 anni. Proveniva da Cison di Valmarino, in provincia di Treviso. Si trasferì nell’estremo sud del Brasile dove lavorò la terra, coltivò uva e produsse vino. Oggi la sua famiglia è cresciuta fino a colonizzare anche il freddo e ricco meridione brasiliano.
Ferruccio Fasolonacque nel 1879 a Piazzola sul Brenta, in provincia di Padova. Sbarcò in Brasile ancora bambino, nel 1888, proprio nell’anno in cui furono liberati gli schiavi brasiliani. Infatti furono gli italiani e altri emigranti a sostituirli con il duro lavoro e una paga misera. Ferruccio sfuggì a questo destino: diventò calzolaio, insieme a suo padre. Oggi i discendenti della famiglia Fasolo sono sparsi ovunque nel sud del Brasile.
Luigi Molettae sua moglie Anna Bordignon partirono da Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza, alla volta del porto di Genova, e da lì salparono per il Brasile. Si stabilirono inizialmente a Morretes, una cittadina del Paranà con una significativa presenza veneta. Successivamente si trasferirono a Curitiba dove avviarono un commercio di combustibili. Fu la loro famiglia che fece erigere la prima cappella del quartiere.
Pietro Dal Pràarrivò in Brasile nel 1890 proveniente da Chiuppano, in provincia di Vicenza. La sua famiglia si sparse per il Paese: alcuni a sud dove diventarono piccoli proprietari terrieri. Altri andarono a Curitiba dove un discendente della famiglia, Delicio Dal Prà, contribuì all’introduzione del trasporto pubblico in città.
Le famiglie Trevisan, Madalosso, Vendramin, Fadanelli e tante altre d’origine veneta, si stabilirono a Curitiba e ne fecero una piccola colonia del Veneto. Fondarono un vivace quartiere fatto di ristoranti e negozi: Santa Felicidade, mèta turistica della città. Ancora oggi, passeggiando per Santa Felicidade, sembra di rivedere un po’ di Veneto, anche se trasportato in una dimensione parallela, quella del Brasile.
Se è vero che ogni Paese ha un proprio fascino che lo distingue dagli altri, è altrettanto vero che non tutti possono vantare un insieme di bellezze storiche, artistiche e soprattutto umane pari a quelle del Brasile. Ricco di risorse naturali, avvolgente nella sua immensità, il Brasile sta iniziando a godere anche un certo peso politico ed economico internazionale grazie allo sviluppo degli ultimi anni, che lo rende finalmente una pedina di importanza crescente nello scacchiere mondiale.
I 190 milioni di brasiliani che popolano il Paese sono per lo più discendenti di indios, di schiavi africani, di coloni portoghesi o di emigrati tedeschi, polacchi e giapponesi. E poi ci sono gli italiani, che hanno «invaso» il Brasile tra il 1874 e il 1970. Basta camminare per le strade di Florianopolis, di Rio, Fortaleza o di qualsiasi altra città brasiliana per guardare in faccia questo sano e amichevole mix etnico e, soprattutto, per scorgere innumerevoli volti italiani in mezzo a tante razze che vivono insieme pacificamente. Ancora più facile è trovarsi di fronte a numerose insegne di negozi con nomi che con il Brasile sembrano avere poco a che fare: Furlan, ormai comune a Belo Horizonte; Jodice a San Paolo, o Martinelli a Rio de Janeiro. A Curitiba, capitale dello Stato del Paranà, lungo la via alberata Bruno Filgueira, una delle insegne «poco» brasiliane è quella dell’Istituto D’Ambrosio: una scuola impegnata fin dal 1974 nell’insegnamento e nella diffusione della lingua e della cultura italiana. È proprio il suo fondatore, Antonio D’Ambrosio, che ci apre le porte della scuola e che racconta il suo lavoro. Ci porta a conoscere i suoi studenti. La hall dell’Istituto è un’elegante sala con il pavimento in ceramica e quadri alle pareti, con splendide vedute italiane, improvvisamente invasa da un familiare e benvenuto profumo di caffè. Gli studenti sembrano seguire quella scia inconfondibile. Arrivano subito e prendono posto nella sala con il loro cafezinho.
Insomma, essere all’Istituto D’Ambrosio è come trovarsi in Italia. Guardando gli studenti, si ha l’impressione di conoscerli: visti qui, dal Brasile, ricordano i vecchi amici a casa. «Molti dei loro antenati – spiega D’Ambrosio – arrivarono qui con i primi gruppi di emigrati, tra il 1870 e il 1900.
Iudice. Com’è nata l’idea di creare una scuola italiana?
D’Ambrosio. È nata perché, nonostante a Curitiba vivano molte famiglie d’origine italiana, non esisteva in città una scuola simile. Per i brasiliani originari dell’Italia, imparare la lingua è un modo per mantenere un’identità culturale.
In che modo il suo istituto diffonde la cultura italiana?
I nostri corsi insegnano l’italiano con lezioni che vanno dalla storia alla gastronomia regionale. E non si tratta di insegnamento solo teorico. Ogni anno accompagniamo in Italia gli studenti affinché possano vivere in prima persona quanto hanno studiato o appreso. Per molti di loro si tratta di un momento emozionante: è il viaggio di ritorno, dal Brasile all’Italia, che i loro antenati non hanno mai fatto.
Cosa può dirci dell’emigrazione che ha caratterizzato il Brasile?
Potrei scriverci un libro, e sarebbe pieno di nomi di uomini e donne coraggiose. Ma basti raccontare di un viaggio, quello del 3 gennaio 1874, quando un veliero partì dal porto di Genova con 386 famiglie. A bordo di quella nave, chiamata Sofia, che raggiunse Rio de Janeiro il 21 aprile 1874, c’erano i primi italiani che emigravano in Brasile. Aprì la via a tante navi che, fino agli anni Venti, condussero fin qui più di 7 milioni di italiani, il 30% dei quali provenienti dal Veneto. Per cercare di accontentare gli emigrati, le autorità brasiliane resero disponibili, per i veneti, terreni a sud del territorio dove il clima, più freddo, era un po’ più simile a quello a cui erano abituati. Al nord, invece, dove faceva più caldo, mandarono pugliesi, campani e calabresi.
Quali sono le origini della famiglia D’Ambrosio?
I miei antenati, provenienti da Vasto, in provincia di Chieti, arrivarono in Brasile nel 1900 per stabilirsi nell’entroterra di San Paolo. Io sono venuto a vivere a Curitiba dove ho insegnato matematica e fisica per trent’anni. Con mia moglie, Marilene Dal Prà, di origine vicentina, abbiamo fondato l’Istituto D’Ambrosio nel 1974.
Perché a Curitiba?
Perché è una città ricca di cultura: forse la più evoluta del Paese dal punto di vista artistico e intellettuale, e forse più vicina all’Europa. Molti italo-brasiliani che vivono qui sono discendenti dei fondatori di città brasiliane come Nova Treviso, Nova Vicenza, Nova Trento, Nova Padua, Nova Veneza, Vale Vêneto, ecc. Così pure l’architettura si ispira a città europee, con ornate costruzioni ispirate allo stile nouveau, una volta appartenute alle famiglie di ricchi commercianti europei.
Chi sono i discendenti dei pionieri italiani?
Sono proprietari terrieri, medici, politici e anche grandi artisti, i quali ricordano con orgoglio le avventure e le disavventure dei loro antenati. È grazie ai loro sacrifici, al loro carattere forte (e alla generosa accoglienza del Brasile) che oggi possiamo permetterci questa vita colma di grandi possibilità.
* Accademia Apulia UK
www.accademiapulia.org
I veneti che colonizzarono il Brasile
Epiche storie di antenati
Pietro Dall’Oglioarrivò nel 1883, a 23 anni. Proveniva da Cison di Valmarino, in provincia di Treviso. Si trasferì nell’estremo sud del Brasile dove lavorò la terra, coltivò uva e produsse vino. Oggi la sua famiglia è cresciuta fino a colonizzare anche il freddo e ricco meridione brasiliano.
Ferruccio Fasolonacque nel 1879 a Piazzola sul Brenta, in provincia di Padova. Sbarcò in Brasile ancora bambino, nel 1888, proprio nell’anno in cui furono liberati gli schiavi brasiliani. Infatti furono gli italiani e altri emigranti a sostituirli con il duro lavoro e una paga misera. Ferruccio sfuggì a questo destino: diventò calzolaio, insieme a suo padre. Oggi i discendenti della famiglia Fasolo sono sparsi ovunque nel sud del Brasile.
Luigi Molettae sua moglie Anna Bordignon partirono da Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza, alla volta del porto di Genova, e da lì salparono per il Brasile. Si stabilirono inizialmente a Morretes, una cittadina del Paranà con una significativa presenza veneta. Successivamente si trasferirono a Curitiba dove avviarono un commercio di combustibili. Fu la loro famiglia che fece erigere la prima cappella del quartiere.
Pietro Dal Pràarrivò in Brasile nel 1890 proveniente da Chiuppano, in provincia di Vicenza. La sua famiglia si sparse per il Paese: alcuni a sud dove diventarono piccoli proprietari terrieri. Altri andarono a Curitiba dove un discendente della famiglia, Delicio Dal Prà, contribuì all’introduzione del trasporto pubblico in città.
Le famiglie Trevisan, Madalosso, Vendramin, Fadanelli e tante altre d’origine veneta, si stabilirono a Curitiba e ne fecero una piccola colonia del Veneto. Fondarono un vivace quartiere fatto di ristoranti e negozi: Santa Felicidade, mèta turistica della città. Ancora oggi, passeggiando per Santa Felicidade, sembra di rivedere un po’ di Veneto, anche se trasportato in una dimensione parallela, quella del Brasile.
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017