I vescovi riscoprono l’Azione cattolica

Dopo aver puntato per qualche tempo sui nuovi movimenti, i presuli italiani si sono resi conto di quanto contava nella vita e nella formazione delle comunità la vecchia cara Ac. E hanno deciso di rilanciarla in grande stile, Ecco come.
05 Settembre 2002 | di

Una volta gli aderenti si contavano a milioni. Erano, però, tempi diversi; eroici, come li ha definiti qualcuno. L`€™Azione cattolica italiana era una realtà  consistente anche nella società , combatteva battaglie civili impegnative. Oggi che i soci sono «appena» 400 mila `€“ sparsi in 219 diocesi e 7 mila 283 parrocchie, suddivisi tra ragazzi, giovani e adulti `€“ l`€™Ac è ancora la maggiore associazione laicale italiana, ma vuole tornare a dire qualcosa di importante nella Chiesa e nella società , forte proprio della sua tradizione, nel solco del concilio Vaticano II.

Il periodo peggiore è forse alle spalle. La crisi `€“ durata circa quindici anni e coincisa di fatto con l`€™affermarsi di nuovi movimenti `€“ è probabilmente giunta al capolinea; quest`€™anno, per la prima volta, c`€™è stata un`€™inversione di tendenza nelle adesioni: dopo anni di flessioni mediamente del 6 per cento, si registra un valore positivo, sia pure minimo: un più 1 per cento che, comunque, è un segnale. E forte anche di questo, l`€™Ac è pronta ad affrontare le sfide del futuro con una parola chiave `€“ rinnovamento `€“ e con un ritrovato sostegno, quello dei vescovi.

Ed è proprio quest`€™ultimo il fatto nuovo e significativo, contenuto in una Lettera che il Consiglio episcopale permanente ha inviato all`€™Ac alla vigilia dell`€™XI Assemblea nazionale, svoltasi a fine aprile. «L`€™Azione cattolica `€“ vi si legge `€“ è una grande risorsa e continua a essere una preziosa esperienza di cui la Chiesa, e ogni Chiesa particolare, non possono fare a meno». Un concetto ripreso anche da Giovanni Paolo II che, ricevendo in udienza i partecipanti all`€™Assemblea, ha sottolineato: «La Chiesa ha bisogno di un`€™Azione cattolica viva, forte e bella`€¦, ha bisogno di laici pronti a dedicare la loro esistenza all`€™apostolato».


I perché della riscoperta

 
Ma perché questa riscoperta, con conseguente rilancio, in grande stile? Soprattutto perché i vescovi hanno preso atto delle difficoltà  vissute dall`€™associazione negli ultimi anni `€“ peraltro legate a una più generale problematicità  del cammino della Chiesa in Italia `€“ cogliendo in esse un impoverimento dell`€™intera comunità  ecclesiale. In sostanza, si sono accorti che in alcuni ambiti, e in taluni casi anche all`€™interno della stessa associazione, è venuta meno la «consapevolezza che l`€™Azione cattolica è una singolare forma di ministerialità  laicale da promuovere con convinzione. E l`€™affievolirsi di questa consapevolezza ha prodotto, in alcuni contesti ecclesiali, una flessione della cura formativa `€“ spirituale ed apostolica `€“, che in passato aveva contribuito in modo rilevante a suscitare generazioni di saldi testimoni della fede».

Del resto, nella Lettera i Pastori riconoscono che «senza l`€™Azione cattolica sarebbe stato impossibile tradurre a livello popolare le scelte maturate dall`€™Episcopato per l`€™attuazione delle indicazioni conciliari nella catechesi, nella liturgia e nella testimonianza della carità ». E oggi, allo stesso modo, sono consapevoli del fatto che senza il contributo dell`€™Ac l`€™impegno missionario della Chiesa italiana troverebbe molte difficoltà , così come l`€™attuazione del «progetto culturale». Anzi, proprio all`€™Ac i vescovi chiedono uno sforzo maggiore nella direzione della missione, nell`€™ambito di un più ampio rilancio del ruolo dei laici nella vita ecclesiale e per il raggiungimento di tutti gli obiettivi fissati negli Orientamenti pastorali per il decennio, come sottolineato dal cardinale Camillo Ruini durante l`€™Assemblea generale della Cei a maggio.

 
L`€™Ac va incoraggiata

 
Ridimensionato, dunque, l`€™entusiasmo movimentista non sempre giustificato nei fatti, i vescovi si riappropriano dell`€™Azione cattolica, togliendola da quella marginalizzazione nella quale era di fatto finita e riproponendola alle Chiese locali come esperienza peculiare di vita laicale. «Non si tratta di privilegiare questa associazione rispetto ad altre esperienze `€“ ha tenuto a precisare il Segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Betori, presentando la Lettera `€“ ma è il riconoscimento di una precisa identità  e dimensione ecclesiale raccomandata dal Concilio e che si caratterizza per la `€œdiretta collaborazione con la gerarchia`€».

Insomma, vescovi e parroci sono avvertiti. L`€™Azione cattolica va incoraggiata e sostenuta per quello che è. E proprio l`€™aspetto della ricollocazione ecclesiale dell`€™esperienza di Ac, con l`€™implicito invito ad appoggiarla, è stato particolarmente apprezzato dai vertici. C`€™erano state, infatti, diverse situazioni in cui l`€™associazione era stata promossa e valorizzata, ma anche altre in cui questo non era avvenuto, o era avvenuto molto meno. La scelta sembrava sostanzialmente legata alla sensibilità  di singoli vescovi e sacerdoti. «Con questa Lettera si vuole riaffermare, invece, con chiarezza il senso dell`€™esperienza dell`€™Azione cattolica, togliendola dall`€™interpretazione soggettiva», ha affermato l`€™assistente generale, monsignor Francesco Lambiasi.

Ma se ci sono stati ostacoli «esterni», è anche vero che l`€™associazione ci ha messo del suo. Paola Bignardi `€“ 53 anni, cremonse, prima donna alla guida dell`€™Ac, confermata presidente nazionale dalla Cei per altri 3 anni `€“ nella relazione introduttiva all`€™assemblea, di fronte a 1.200 persone tra delegati, uditori e assistenti (ai quali si sono aggiunti 30 mila ascoltatori via internet), aveva fatto un coraggioso mea culpa, sottolineando le tante cose che l`€™Ac deve farsi perdonare: «Dai giovani la retorica di grandi parole che non sempre siamo riusciti a testimoniare nella vita con creatività ; da tutti, ma soprattutto dagli aderenti più semplici, di aver presentato un`€™esperienza di fede associativa troppo intellettualistica, lontana dalla quotidianità ; dalle nostre comunità  di aver avuto più atteggiamenti passivi che corresponsabili, di aver dato della vocazione laicale un`€™interpretazione che non sempre ne ha fatto intuire l`€™intensità , di aver preteso che altri ci ridessero quel posto centrale che pensavamo ci spettasse di diritto; dalle nostre comunità  civili di aver vissuto troppo ripiegati su noi stessi».

Ci si sarebbe potuti sottrarre a queste prove attraverso scorciatoie, equivalenti ad altrettante lusinghe, come cedere alla tentazione movimentista che è tornata a tratti, o quella spiritualista, o alla suggestione di un attivismo che ponesse dei gesti vincenti, forti, visibili. «Forse avremmo perso meno adesioni; forse saremmo riusciti a dare maggiori segnali di vivacità  `€“ aveva detto la presidente `€“. Ma il prezzo sarebbe stato troppo alto: la perdita della nostra identità  più profonda». Si è scelto, invece, di continuare nel solco della tradizione conciliare e di analizzare le cause del malessere.

 
Verso l`€™Assemblea straordinaria


Il frutto di questa analisi preliminare, avviata un paio di anni fa, è stata il punto di partenza dell`€™Assemblea nazionale di aprile, vissuta come un banco di prova sulla via del rinnovamento voluto dalla «base», incoraggiato dai vescovi e sostenuto dal Papa. Del resto, la maggior parte dei delegati l`€™hanno vissuta con la consapevolezza di stare scrivendo una pagina nuova nella storia dell`€™Ac. E per questo c`€™era in tutti un sentimento di grande attesa che, di fatto, non è andata deluso.

Quella uscita dall`€™Assemblea è un`€™associazione motivata ad andare avanti, al punto da decidere di convocare un`€™Assemblea straordinaria entro un anno, per valutare ulteriori modifiche, oltre a quelle già  effettuate, dello statuto nato sotto la presidenza dell`€™indimenticato Vittorio Bachelet, «senza toccare i primi dieci articoli», quelli che racchiudono l`€™essenza dell`€™esperienza di Ac, nonché alcune variazioni al regolamento. In sostanza, si è deciso di anticipare i tempi del cambiamento, per giungere al più presto a realizzare il «come» rinnovarsi, per rendere concreta la profezia dell`€™Azione cattolica nella Chiesa e nella società ; profezia racchiusa in cinque parole-chiave: comunione, interiorità , fiducia, fraternità , passione civile.

  

L`€™intervista: Come sarà  l`€™ac rinnovata

A colloquio con Paola Bignardi, presidente dell`€™associazione

Msa. Presidente Bignardi, i vescovi e il Papa hanno detto di riporre grande fiducia nell`€™Ac che si sta rinnovando. Come intendete rispondere a questa attesa?

Bignardi. Con un progetto che mette a fuoco alcuni elementi essenziali della vita associativa: la formazione degli aderenti e la proposta di spiritualità . Ed è la nostra risposta alla situazione attuale, perché c`€™è una questione della fede anche per chi è cristiano. Una fede che non può più essere data per scontata, ma che ha bisogno di essere riannunciata, riproposta, rimotivata nella coscienza dei credenti, ripartendo dal Vangelo, da Gesù. Accanto a questo c`€™è bisogno di individuare un nuovo dinamismo missionario per l`€™Ac, aiutando l`€™associazione a vivere non ripiegata su se stessa, ma ad essere intraprendente nell`€™avviare nuove prospettive di dialogo con tutti. E questo nella fedeltà  alla vocazione laicale, cioè alla scelta che abbiamo fatto da laici di essere testimoni nelle situazioni ordinarie della vita.

Come sarà , allora, l`€™associazione del futuro?

La immagino come un`€™associazione creativa, viva, capace di inventare in maniera dinamica, flessibile le situazioni di incontro con gli altri; un`€™associazione aperta ai problemi di oggi, che sa parlare la lingua di oggi, ma che, al tempo stesso, sa «parlare» il Vangelo. La immagino come un`€™associazione leggera nelle sue strutture, che non ha bisogno di impiegare troppe energie per vivere al proprio interno, ma che economizza le risorse da destinare alla missione.

L`€™attenzione al quotidiano è stato uno degli aspetti maggiormente sottolineati nell`€™Assemblea: in che modo ciò si concretizzerà  nelle parrocchie?

La parrocchia è già  luogo quotidiano della Chiesa, perché è il luogo dove si vive la propria vita ecclesiale giorno dopo giorno, perché è la chiesa vicina alla casa, vicino ai luoghi ordinari della nostra vita. Fedeltà  al quotidiano vuol dire valorizzare questa dimensione di Chiesa per la sua capacità  di essere vicina alla vita di tutti i giorni, di intercettare la storia delle famiglie, le situazioni esistenziali delle persone.

Chiesa, ma non solo; come associazione di laici l`€™Ac non può non interrogarsi sull`€™impegno nella società . Quali saranno le linee di azione in questo ambito?

L`€™assemblea ha lanciato la proposta dei laboratori della partecipazione, cioè luoghi promossi dall`€™Ac ma aperti a tutti quelli che sono interessati a coinvolgersi; luoghi in cui si cercherà  di riaccendere una passione civile nelle persone, di riaccendere il gusto di dedicarsi alla vita della propria città  o del proprio quartiere, al bene di tutti. Vorremmo diventassero luoghi di esercizio di democrazia e di partecipazione, dove trovino spazio i temi che sono tipici della dottrina sociale della Chiesa.

Oltre la metà  degli associati sono ragazzi e giovani: quali risposte si daranno alle loro aspettative?

C`€™è una proposta di formazione più attenta alla loro esigenza di un incontro vivo con Gesù. Non solo; ai ragazzi e ai giovani vanno aperte le strade di una soggettività  e di un protagonismo nuovi, perché questa è quasi la loro unica condizione per stare in una Chiesa, cioè sentirsi accolti come soggetti, capire che possono contribuire a delineare il volto della loro comunità . Crediamo che far sentire ai giovani che ci sono adulti che li ascoltano sul serio, che vogliono accompagnarsi a loro, ma anche che vogliono capirli, sia un fatto fondamentale.

Dalla lettera dei vescovi sembra leggersi quasi un appello alle comunità  locali ad avere l`€™Azione cattolica in ogni parrocchia: le sembra un obiettivo possibile?

In ogni parrocchia non sarà  facile, ma certo sarebbe coerente. Perché se è vero quello che hanno detto il Papa e i vescovi, che la Chiesa non può fare a meno dell`€™Ac, allora questo vale principalmente per la diocesi e per la parrocchia. Dopo la Lettera della Cei, più di un vescovo ha dato alla sua associazione diocesana il compito di raddoppiare il numero di associazioni parrocchiali in tre anni. Un obiettivo concreto che rende l`€™Azione cattolica anche missionaria di se stessa.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017