Il bimbo che sogna di picchiare i neri

Per una volta anziché di immigrazione, parliamo di emigrazione: in giro per il mondo ci sono quasi cinque milioni di italiani, e anche a loro capita, è capitato e può capitare di essere vittime di un clima pesante, di un atteggiamento diffidente
06 Ottobre 1997 | di

Era prevedibile che il tema dell`€™immigrazione tenesse banco nell`€™informazione estiva: qualche caso di cronaca da enfatizzare per scaldare il clima e accendere gli animi si trova sempre. E di casi, purtroppo, ce ne sono stati, anche di gravissimi, che ci hanno giustamente scosso e indignato. Quel che è meno comprensibile e accettabile è la loro generalizzazione, le semplificazioni in cui facilmente si scivola e che producono un clima di intolleranza e sentimenti di esasperazione, che poi alcuni strumentalizzano, cercando di indirizzare le scelte politiche che si preannunciano in questo autunno.

Specialmente su questi problemi, l`€™opinione pubblica viene caricata emotivamente (anziché venire correttamente informata), e diventa come un elastico in perenne tensione. Così l`€™insofferenza cresce, giorno per giorno, senza che nemmeno ce ne accorgiamo, ma lasciando segni profondi nelle coscienze. Non solo nei riguardi di chi proviene da altri paesi, e non solo in Italia.

Anzi, per una volta anziché di immigrazione, parliamo di emigrazione: in giro per il mondo ci sono quasi 5 milioni di italiani, e anche a loro capita, è capitato e può capitare di essere vittime di un clima pesante, di un atteggiamento diffidente, di pregiudizi negativi. La gran parte sono espatriati per lavoro: sono 1 milione e 300 mila in Argentina, 500 mila in Brasile, 600 mila in Germania, 500 mila in Nordamerica, 400 mila in Svizzera, 250 mila in Francia, 100 mila in Belgio, per citare solo gli insediamenti maggiori. Come dire: vi sono circa il triplo di italiani all`€™estero di quanti non siano gli stranieri presenti in Italia, considerando anche gli irregolari.

Probabilmente, anzi sicuramente, una piccolissima parte di questi nostri connazionali ha compiuto reati, ma, giustamente, nessuno si sogna di dire o di pensare che gli italiani a New York, una delle città  più popolate da cittadini italiani, siano tutti mafiosi. Eppure, nel nostro senso comune, sembra farsi strada l`€™opinione che molti, moltissimi, degli immigrati presenti in Italia siano delinquenti. Non credo per pregiudizio, pur se occorre dire che episodi di vero e proprio razzismo sono in continuo aumento; certamente, e almeno in parte, per disinformazione, anche perché i fatti positivi difficilmente emergono o sono conosciuti. Ad esempio, la vicenda di un cittadino marocchino che poco tempo fa, a Perugia, ha aiutato un poliziotto ad arrestare uno scippatore (italiano) che aveva aggredito una donna di 70 anni. Notizie come queste, le 'integrazioni silenziose', non rientrano nello schema, non fanno notizia.

Rendere visibile il positivo è un fatto educativo fondamentale che il mondo della grande informazione spesso disattende. Le parole non sono mai innocenti. Il modo stesso di fare informazione, di creare 'senso comune' è una responsabilità  grossa, e ancora di più lo è quella di educare, di trasmettere valori, testimonianze e parole che uniscano, che non incitino all`€™egoismo e al disprezzo per chi è diverso.

Mi ha colpito molto una storia, pubblicata in un recente libro sui bambini, dove viene riportato questo pensiero di Simone, piccolo bresciano di 8 anni: 'Io credo nel 'Brescia' e nella Lega. Mio fratello Carlo, che va al liceo, assieme agli amici va a picchiare e a sputare addosso ai neri. Così se ne vanno dall`€™Italia. Io da grande mi metto la maglia della Lega e vado a picchiare i neri, perché sono sporchi e vengono da noi a sporcare'. Il libro riporta testimonianze di altri bambini di opposto tenore, ma quella di Simone non può non suscitare grande preoccupazione. Non è questione politica: è un problema educativo e culturale, è il sintomo di una grande degenerazione dei valori della convivenza che sta avanzando, di fronte a cui non si può rimanere indifferenti, quali che siano le opinioni o i riferimenti politici di ciascuno.

Dobbiamo preoccuparci e intervenire adesso, subito, nella scuola, nelle famiglie, prima che il seme dell`€™odio, dell`€™ignoranza, della separazione e del razzismo, diventi una pianta robusta; prima che Simone e tanti altri bambini e ragazzi rimangano schiacciati per sempre da un pregiudizio che rende vittime anche loro.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017