Il boom delle scuole libere

04 Ottobre 1998 | di
   
 
       

U na volta i genitori, davanti agli strafalcioni dei figli, chiedevano sorridendo: «Ma cosa ti insegnano a scuola?». Oggi non perdono neppure tempo a fare la domanda: fondano una scuola. La tendenza è ormai consolidata. Sono sempre più numerosi i gruppi di genitori, o di insegnanti, che mettono in piedi scuole elementari, medie o superiori in cui insegnare ai propri ragazzi quello che nelle scuole di Stato non si insegna più. Rispondendo liberamente all'esigenza di istruzione garantita dalla Costituzione, e       realizzando così un vero servizio pubblico, anche se non statale.

La crisi di fiducia che separa famiglie e istituzione scolastica somiglia sempre di più a un baratro: secondo una rilevazione dell'«Ispo» dello scorso giugno, il 7 per cento degli italiani metteva la scuola al primo posto delle emergenze che il governo dovrebbe affrontare (a febbraio era il 5 per cento), e certo non aiutano le tante riforme annunciate e poi ritirate, le sperimentazioni in corso da vent'anni, la spesa scolastica che aumenta sempre più: quasi 4 milioni e mezzo da sborsare solo per i libri di medie e superiori, secondo la Confcommercio.

Via libera, dunque, alle esperienze alternative: le scuole libere dirette da genitori aumentano in Italia del 15 per cento l'anno. Secondo la «Fidae» (che gestisce le scuole cattoliche), erano 95 nel 1996, 112 nel 1997, quest'anno sono 134. Alla «Federazione scuola» della «Compagnia delle Opere» arrivano almeno cento telefonate l'anno da parte di genitori che vogliono sapere come si fa a fondare istituti scolastici. E le scuole       libere iscritte a questa federazione sono passate dalle 205 del 1996 alle 250 di fine 1997.

 Ma non è un discorso solo «cattolico». Alle Confcooperative aderiscono 210 cooperative scolastiche che gestiscono 500 istituti. Le esperienze autogestite di cui si sono occupati i mass media, poi, non sono rimaste senza seguaci. L'anno scorso, alcuni genitori di Antegnate, in provincia di Bergamo, avevano risposto alla minacciata chiusura della scuola dei loro figli gestendola in proprio. Quest'anno, la loro esperienza prosegue,       imitata da altri gruppi di genitori: così, un'altra scuola autogestita sorgerà  a Masano, vicino a Caravaggio (Bergamo), e anche a Cravenna, presso Erba, una classe che doveva cadere sotto la scure del ministero è sopravvissuta grazie all'impegno delle famiglie degli scolari. Non solo. Molti istituti non statali dalla proposta educativa «forte», come le «scuole steineriane», devono respingere gli aspiranti alunni per mancanza       di spazi e risorse e hanno creato liste d'attesa in quasi tutti i 35 istituti gestiti. Non manca neanche chi decide di occuparsi personalmente dell'educazione dei propri figli, tenendoli in casa e facendo loro superare gli esami di quinta elementare e terza media da privatisti, come del resto prevede una legge del 1928.     

Ma, nonostante questa esigenza crescente, sulla parità  scolastica il governo sembra sordo e muto. Chi vuole liberamente rispondere al diritto allo studio, insomma, paga due volte: da una parte, le tasse, con cui mantiene una scuola statale elefantiaca e sprecona, bacchettata anche dalla Corte dei Conti, che a fronte di una diminuzione degli scolari (meno 53 mila rispetto al 1997) gonfia le spese (62 mila miliardi nel 1997, 4 mila in più del 1996); dall'altra, le rette della scuola non statale (in media 6 milioni e mezzo l'anno). E pensare che, secondo uno studio della Confindustria, lo Stato, riconoscendo sgravi fiscali alle famiglie che mandano i figli alle scuole non statali, risparmierebbe migliaia di       miliardi, razionalizzando le strutture scolastiche e innescando una «concorrenza virtuosa» in cui a guadagnarci sarebbero i diretti interessati, ossia gli studenti.

  Volete arruolarvi nella cooperazione internazionale?     

Se non volete stare con le mani in mano e avete deciso di «arruolarvi» nella cooperazione internazionale, ecco dei consigli e gli indirizzi giusti per «stuzzicare» l'interesse delle «Ong» (Organizzazioni non governative). Innanzitutto, chi è un volontario della cooperazione internazionale? Secondo la legge sulla cooperazione allo sviluppo,       volontario è solo colui che, con un contratto non inferiore ai due anni, riceve dallo Stato un trattamento previdenziale, assicurativo ed economico  stabilito in base al costo della vita del Paese di destinazione. Ma, per chi non è specializzato o può destinare alla «missione» meno di 24 mesi del suo tempo, esistono anche possibilità  di cooperazione accontendandosi di vitto e alloggio e, qualche volta, di un piccolo rimborso spese.

  Per chi allora vuole impegnarsi in una collaborazione con il Terzo mondo, esistono due vie che si possono percorrere anche parallelamente. La prima, è quella di consultare il catalogo delle Organizzazioni non governative e dei loro progetti di cooperazione, pubblicato ogni anno dal ministero degli Esteri e dal «Soci», il servizio di orientamento alla cooperazione internazionale del Comune di Milano, e, quindi, inviare il proprio curriculum all'ente prescelto. La seconda, è quella di proporsi direttamente agli organi di coordinamento tra le «Ong» italiane che offrono corsi di vario livello per preparare i futuri operatori, e sono delle vere e proprie banche dati del volontariato internazionale.


               
         

       

         
Per saperne di più
Ecco gli indirizzi dei coordinamenti delle «Ong» italiane:            

Focsiv: via san Francesco di Sales, 16 - 00165 Roma - tel. 06/6877796 - fax 06/6872373.

Cipsi: viale F. Baldelli, 41 - 00146 Roma - tel.06/5414894 - fax 06/59600533.           

Cocis: via Scovolino, 61 - 00187 Roma - tel. 06/69924122 - fax 06/69924399.

Soci: piazza Duomo, 21 - 20121 Milano - tel. 02/861204 - fax 02/ 72004079.           

Una: via de Lemene, 50 - 20151 Milano - tel. 02/3085057 - fax 02/33403570.

           

Su «Vita», inoltre, ogni settimana una pagina dedicata alle «Ong» e ai Paesi in via di sviluppo: in edicola o per abbonamento, via Cellini, 3 - 20129 Milano - tel. 02/5796961 - fax 02/55190397 - E-mail: vitarm@flashnet.it Sito Internet: www.vita.it

                 

  Ne uccide più la  Borsa o la fame?

     

Chi tra voi ha qualche frequentazione con le pagine dei giornali e con i notiziari televisivi, spesso sarà  stato bombardato da planisferi e cartine che ci aggiornano in tempo reale sugli indici negativi delle Borse mondiali. Un bombardamento di numeri, indici e consigli non richiesti che inducono il comune cittadino a pensare seriamente che i 3.600 miliardi persi dal finanziere americano Soros o la crisi politica ed economica russa, che per la verità  pesa solo per l'uno per cento sul commercio mondiale, possano avere ripercussioni sulla nostra vita quotidiana. È il frutto di un mistero molto propagandato e con molti famosi sacerdoti e proseliti: il mistero della cosiddetta «globalizzazione». Globalizzazione che prevede una nuova stagione d'intervento pubblico, interno agli Stati e internazionale, attraverso cui, con azioni più o meno dirette (in proprio, con le banche centrali o attraverso il Fondo monetario internazionale) i Paesi industrializzati e occidentali intervengono con modalità  mai prima  sperimentate nella vita dei Paesi più poveri e in difficoltà . È una sorta di socialismo finanziario e virtuale che succede a quello economico e reale. Un socialismo che collettivizza non più i mezzi di produzione ma i  pericoli di insolvenza; con la differenza che mentre il socialismo  finanziario, riducendo i rischi dell'investimento speculativo dei già   troppo ricchi, ridistribuisce il reddito e la ricchezza verso l'alto come accade da ormai vent'anni, il «vecchio» socialismo tentava la  ridistribuzione verso il basso.

 Esiste una geografia molto più reale di quella dei borsini mondiali, la  geografia delle catastrofi e delle carestie, queste sì, che possono avere ripercussioni serie, serissime sull'intero nostro mondo, sulla nostra vita quotidiana. Una geografia delle cifre di cui è ragionevole preoccuparsi e di fronte a cui è opportuno rimboccarsi le maniche coscienti del valore estremo dell'ambiente e delle risorse che Dio ci ha dato e pronti a dar vita a pezzi di mondo in cui la cooperazione tra i popoli vinca sulla  sovranità  limitata dei governi in balia della finanza internazionale

  è accaduto  che...

 Una «Casa del risveglio», destinata a ospitare bambini e adolescenti in  coma, assieme alle loro famiglie, per assisterli e accompagnarli nel difficile ritorno alla vita. Il progetto nasce a Bologna, su sollecitazione dei genitori di Luca De Nigris, un ragazzino morto nel gennaio scorso dopo mesi di coma profondo. Tra i promotori  dell'iniziativa, alla cui realizzazione stanno lavorando Comune, Università  e Provincia di Bologna, c'é anche il «Centro teatro dei burattini» da tempo impegnato nel recupero dei ragazzini in coma. Sui burattini usati come terapia per uscire dal coma sono convinti medici e  ricercatori.

 Internet, la rete delle reti, finisce di nuovo sotto inchiesta:  l'ultimo allarme viene lanciato da «Telefono antiplagio» che ha allertato i ministeri della Sanità  e dell'Interno. L'associazione dichiara che è  possibile fare shopping con le droghe leggere su Internet, sfogliando cataloghi e ordinando via computer erba, spinelli e varie sostanze   stupefacenti. Illegali in Italia, ma facilmente acquistabili da Paesi dove sono consentite, come l'Olanda. In alcuni siti, si vendono anche i semi di cannabis o i bulbi delle piante psicoattive, e non mancano i consigli per l'uso.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017