IL CANTO DELLA TERRA

C’è ancora spazio per le
07 Settembre 1997 | di

Quando Carlo Sgorlon, scrittore contemporaneo di origine friulana, viene spinto a dichiarare la propria identità , non esita, con forza e chiarezza, a definirsi 'italiano, europeo, anzi cittadino del mondo, oltre che friulano'. La sua origine, infatti, non lo pone mai in antagonismo con la propria nazione o con il mondo. Anche se i suoi racconti riconducono spesso alla sua tormentata terra, lasciano costantemente trasparire un respiro più ampio, universale: i suoi personaggi raccontano le vicissitudini di tutti quegli uomini e quelle donne che osano riflettere e guardarsi dentro.

La sua vita e il contenuto delle sue opere rivelano uno spirito vigile e critico: pur vivendo in modo conflittuale il rapporto con la civiltà  contemporanea industrializzata, egli cerca proprio in questo tempo quei valori e quegli ideali che hanno un sapore eterno e sempre significativo per l";umanità . La sua produzione letteraria, dunque, diventa una sorta di investimento controcorrente: per Sgorlon l";identità  locale non può essere contrapposta a quella nazionale, la modernità  non può andare a scapito della tradizione, la logica del profitto assoluto non può stare alla base della vera cultura. Su questi temi abbiamo posto allo scrittore friulano alcune domande.

Msa. La poesia e la narrativa hanno ancora un ruolo nella società  odierna, dove prevalgono la tecnologia e la multimedialità ?

Sgorlon. Io sono uno scrittore e come tale sono ottimista nei confronti dell";attività  dello scrivere e della poesia. Ritengo che la poesia sia una forma eterna dello spirito umano e che non vi sia niente che la possa cancellare, neanche la filosofia o la razionalità , come invece affermava Hegel. Nell";uomo ci sono tanti aspetti: la religiosità , il gioco, l";economia, la sessualità , il senso del lavoro, la scienza. Ma in fondo ad ogni uomo vi è un poeta. Senza dubbio il consumismo, il gusto per il denaro, l";edonismo hanno diminuito il senso poetico della vita e hanno soffocato nell";uomo l";atteggiamento contemplativo e riflessivo.

Occorre ripetere con insistenza che l";uomo è fatto di tanti aspetti e che non si può distruggere la dimensione contemplativa a vantaggio di quella economica: quando questo avviene, infatti, si verificano gravi disastri dal punto di vista etico. L";uomo deve conservare il proprio equilibrio, cercando di armonizzare i tanti aspetti che trova dentro di sé: deve essere religioso, contemplativo, filosofo, pratico, ma anche poeta.

Oggi assistiamo all";ubriacatura della produzione, del denaro e del consumismo. Passerà , perché tutte le ebbrezze passano. Questo accadrà  anche per ragioni ecologiche: gli uomini saranno costretti a produrre meno per salvare la natura.

Nelle sue opere lei ricorre con predilezione ai miti e alle favole: sembra che così riesca a raccontare meglio la realtà ...

Sì, io li uso perché ritengo che tutto quello che noi sappiamo è mito e favola: non siamo noi, infatti, a possedere o a conoscere la verità  assoluta, ma soltanto il Padre eterno. Perciò tutto ciò che noi sappiamo o riteniamo di sapere è quasi tutto immaginazione. La conoscenza della realtà , pertanto, avviene attraverso la sensibilità  personale: quindi, in questo passaggio, si mitizza, si favolizza.

Quale potrebbe essere, dunque, il mito che meglio rappresenta la tipicità  della cultura friulana?

Da sempre i friulani si sono realizzati lavorando, edificando, facendo bene il proprio lavoro, costruendo la propria casa. Avendo subìto nella loro storia numerosissime distruzioni, invasioni, incendi, saccheggi, essi hanno sempre lavorato per ritrovare e per ricreare questa loro sicurezza. Il mito del lavoro, pertanto, o meglio il mito delle fatiche di Ercole, potrebbe forse ben rappresentare la tipicità  friulana: rendere sicura la propria terra. I Friulani hanno dovuto lottare non soltanto contro gli attacchi di altri popoli, ma anche contro numerose calamità  naturali: alluvioni, terreni sassosi e difficili da coltivare, terremoti. Il mito della fatica e del lavoro, dunque, bene può rappresentare la fisionomia della gente friulana.

Quali sono i valori che lei sente di avere maggiormente assorbito dalla tradizione friulana?

Il senso del dolore, innanzitutto. Poi il senso della famiglia e degli affetti familiari: la vita più vera non è quella che si vive in piazza, ma quella che si vive in casa, insieme alla propria moglie e ai propri figli. Il rapporto con l";autorità , con il potere centrale, invece, è meno sentito. Per tante ragioni storiche e politiche, che qui non possiamo esaustivamente approfondire, si può dire che il friulano ha un più accentuato senso della realtà  individuale, personale, esistenziale e familiare piuttosto che quella collettiva e statale. Anche quando fu costretto ad emigrare per lavoro ha conservato nel cuore un sogno: tornare a casa con la propria famiglia.

Il Friuli fa parte dell";area del miracolo economico del cosiddetto Nord Est. Questo successo si sta realizzando in armonia con i vostri valori tradizionali oppure ve ne sono alcuni che si sono allentati o che rischiano di scomparire?

Certamente il Friuli fa parte del Nord Est, ma non è il paradiso terrestre: il processo di industrializzazione non ha avuto caratteri esasperati come forse è accaduto in alcune province del Veneto. Da noi, tale processo è stato meno affannoso, meno veloce. Anche da noi è molto presente l";impresa familiare e la piccola azienda, ma non si è puntato tutto sul denaro, sul guadagno e sul consumo: si è cercato di salvaguardare anche alcuni valori fondamentali. I friulani, più di altre aree venete, sono molto legati alla civiltà  contadina, e pertanto il sentimento della ruralità , il legame dell";uomo con la natura, con la terra, è rimasto ancora molto vivo. L";operaio, dopo la sua settimana di lavoro, ridiventa contadino. Quasi tutti possiedono un pezzo di terra o un residuo di campagna che si torna a coltivare soltanto per il gusto di continuare ad avere un contatto con la terra.

Questo evidenzia un profondo attaccamento alla terra che vuol dire attaccamento alla natura, alle stagioni, ma che esprime anche un sacrale sentimento nei confronti della terra. È quasi un";antica morale o la nostalgia di un";antica religiosità . Forse si sono perdute alcune forme di manifestazione religiosa, ma non è andata perduta la sacralità , il sentimento di legame con il mistero della natura e dell";essere. Oserei dire che in ogni friulano ci sia un Pascal, cioè vi sia un intimo e profondo sentimento religioso che nasce dalla sofferenza e da una riflessività , seppure un po"; introversa, sincera e sentita. Io credo che soltanto questo sentimento sacrale preservi dal vuoto e dall";ubriacatura del consumismo e dell";edonismo. E a me pare che questa dimensione sia ancora molto presente nei friulani, più che in altre aree del Nord Est.

In uno dei suoi ultimi romanzi, 'Il costruttore', lei narra la singolare storia di un siciliano che emigra in Friuli. Il suo racconto si presenta come una lucida e sofferta critica della sua regione, colpevole d";aver tradito alcuni valori essenziali della cultura friulana. C";è, dunque, anche in Friuli qualcosa che sta morendo?

La tentazione di molti contadini è stata quella di vendere i campi e guadagnare velocemente quello che sarebbe stato il frutto soltanto di fatiche di molti e molti anni. In Friuli ha prevalso l";amore per la terra. Il friulano, poi, è diffidente verso le novità  e verso una fortuna troppo favorevole: egli crede che se uno vuol migliorare la sua condizione economica deve lavorare molto sodo. Per questo non si fida molto dei miracoli economici facili e veloci.

Tuttavia, pur essendo molto attaccato al passato, è attirato dalla tecnologia e dai suoi ritrovati, non tanto per acquisire maggiori comodità , ma per dominare quelle innovazioni che evidenziano la laboriosità  e l";ingegnosità  umana. Ecco, il mito ritorna!

       
Scrittore di razza      

   Carlo Sgorlon è nato a Cassacco, in Friuli, il 26 luglio 1930. Ha al suo attivo una ventina di titoli tra romanzi e volumi di racconti. Ha ottenuto parecchi riconoscimenti: il premio 'Supercampiello' (due volte, con Il trono di legno e con La conchiglia di Anataj), lo 'Strega' (con L";armata dei fiumi perduti) e il 'Napoli' (con Il Caldèras). Narratore epico e controcorrente, con l";insieme dei suoi libri ha scritto una vera e propria epopea della terra friulana, oltre che di popoli sfortunati e senza patria: l";istriano, il cosacco, lo zingaro e l";ebreo.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017