Il Concilio apre all’ecumenismo

Con il decreto conciliare Unitatis redintegratio i cattolici si associavano con entusiasmo a quanti da anni si adoperavano per ottenere quell’unità di tutti i cristiani invocata da Gesù. Con il teologo Luigi Sartori ripercorriamo i tratti salienti di quel
05 Maggio 2002 | di

Che cos`€™è l`€™ecumenismo? Che ruolo ha avuto il decreto conciliare Unitatis redintegratio (1964), nel promuoverlo? Lo abbiamo chiesto a monsignor Luigi Sartori, uno dei maggiori esperti di ecumenismo.

Msa: Monsignore, che cosa ha significato il decreto Unitatis Redintegratio per il cammino ecumenico?

Sartori. Il decreto è giunto al termine di una lunga stagione di chiusura e di reticenze della Chiesa cattolica nei confronti del movimento ecumenico. Non c`€™era chiusura assoluta, ma riserve e diffidenza sì. Il dialogo con i non cattolici era considerato talmente delicato che solo alcune persone, rappresentative, erano deputate a intraprenderlo. Il testo conciliare spalancò la porta all`€™ecumenismo, offrendo criteri precisi sui quali fondare il dialogo. Il merito maggiore, però, va a papa Giovanni XXIII che, indicendo il Concilio, già  mostrava un fine ecumenico.

Il documento conciliare come definisce, nei suoi tratti essenziali, l`€™ecumenismo? Rappresenta qualche novità  significativa?

L`€™incidenza maggiore di questo testo sta nell`€™attribuire all`€™azione dello Spirito Santo tutto il movimento ecumenico, che viene addirittura definito un grande segno dei tempi, testimonianza della presenza dello Spirito.

Questo aspetto è fondamentale, perché da esso consegue che lavorare per l`€™unione tra le Chiese che credono in Cristo (è questa la definizione che il Concilio dà  di ecumenismo) non significa rinunciare alla propria identità , anzi. All`€™azione dello Spirito, infatti, bisogna rispondere con la propria personalità . Non si rischiano capitolazioni né conversioni reciproche alla causa o alle idee dell`€™altro: l`€™unica conversione richiesta è quella allo Spirito Santo, cioè al progetto di Dio. Purtroppo, c`€™è ancora chi crede che l`€™ecumenismo sia altro: che i cattolici diventando ecumenici abbraccino il protestantesimo o viceversa. E, infine, la grande novità  di questo decreto è che fornisce esempi concreti di come deve essere l`€™ecumenismo.

Dove, secondo il decreto Unitatis redintegratio, affonda le radici l`€™aspirazione all`€™unità , tesa a far sì che «tutti, nel modo da Cristo stabilito, pacificamente si uniscano in un solo gregge sotto un solo Pastore»?

La radice si situa nell`€™appello fatto da Gesù nell`€™ultima cena, Ut unum sint (perché siano una cosa sola). È un imperativo che viene da Cristo, però sotto forma di preghiera al Padre. Quindi l`€™aspirazione all`€™unità  è una volontà  che è insieme preghiera e le radici stanno nella volontà  e preghiera di Gesù. Cercando l`€™unità , in realtà  noi obbediamo a una volontà  di Cristo.

Non è sufficiente, però, obbedire al comando: bisogna aspettare da lui le indicazioni sul modo per realizzare l`€™unità . Un pioniere dell`€™ecumenismo, l`€™abate Paul Couturier in una sua preghiera diceva: «Chiediamo, Signore, da te l`€™unità , quando tu la vuoi e come tu la vuoi». Quindi anche l`€™ecumenismo attende indicazioni da parte di Dio sul quando e sul come; non siamo di fronte a un progetto umano il cui successo debba essere misurato sulla base di presupposti e prospettive umane.

Il documento non entra nel merito delle questioni storiche e teologiche che dividono la Chiesa cattolica dalle altre chiese e confessioni cristiane, indica piuttosto quali caratteristiche debba avere e come si debba perseguire l`€™ecumenismo: ce ne vuole indicare i punti essenziali?

È vero: il decreto non entra direttamente nelle questioni storiche e teologiche, però valorizza l`€™attenzione alla storia e alla teologia, suggerendo di affrontarle con una nuova mentalità . Mi spiego: nel documento si raccomanda non solo di tener conto di ciò che dicono le altre Chiese, ma anche di come esse hanno vissuto nei secoli che ci hanno visti separati. Per capire una persona ed entrare in un vero dialogo con essa, non basta capire le parole che dice, ma è necessario tenere presente come le ha maturate e attraverso quali eventi.

Per quanto riguarda i punti essenziali dell`€™ecumenismo, invece, il documento apre a quattro orientamenti differenti che hanno condotto oggi a precisi filoni ecumenici: l`€™ecumenismo ufficiale, l`€™ecumenismo dei teologi, l`€™ecumenismo spirituale e, infine, l`€™ecumenismo sociale.

L`€™ecumenismo ufficiale, che si attua, per esempio, quando il Papa incontra i pastori delle altre Chiese, indica anche un preciso orientamento: chi lavora per l`€™ecumenismo deve farlo a nome di tutta la Chiesa, non di sé soltanto. Per quanto riguarda l`€™ecumenismo teologico, che si concretizza nelle discussioni sui problemi dottrinali, è bene tener presente che il decreto ha posto l`€™accento sulla differenza tra teologia e fede, sottolineando come nel corso dei secoli le divisioni siano state per lo più divisioni sull`€™interpretazione della fede. Questa è un`€™indicazione importante: la distinzione tra fede e teologia è la stessa che sussiste tra la sostanza del nostro essere cristiani e l`€™interpretazione storica.

Terzo aspetto: l`€™ecumenismo spirituale, ovvero l`€™unità  nella preghiera. L`€™obiettivo è il raggiungimento dell`€™unità  nel momento pieno e culminante della preghiera, che è la celebrazione eucaristica. Quando questo sarà  possibile non ci è dato di saperlo; per il momento, abbiamo cominciato a pregare. Unirsi per pregare è una cosa e pregare uniti è un`€™altra. Unirsi per pregare è ecumenismo, ma dovremmo arrivare a pregare insieme.

E, infine, l`€™ecumenismo sociale cioè la cooperazione delle Chiese sul piano umano, sociale e politico per il bene dell`€™uomo. Questo orientamento oggi è vincente. Ne abbiamo avuto un esempio di recente ad Assisi, con l`€™incontro interreligioso per la pace: le religioni non si sono unite per trovare un Dio comune, ma per dichiarare di essere unite nella ricerca della pace, della giustizia, contro il terrorismo, contro la violenza.

Il decreto pur non entrando nel merito delle controversie, pone alcuni «paletti» quando, ad esempio, afferma che Gesù «scelse Pietro sopra il quale decise di edificare la sua Chiesa e gli affidò le pecorelle perché le confortasse nella fede». O quando sostiene che «i fratelli da noi separati, sia singoli sia le loro Comunità  e Chiese, non godono di quella unità  che Gesù Cristo ha voluto elargire a tutti quelli che ha rigenerato e vivificato insieme per un solo corpo`€¦ Infatti solo per mezzo della cattolica Chiesa di Cristo, che è lo strumento generale di salvezza, si può ottenere tutta la pienezza dei mezzi di salute`€¦». I fratelli separati visti come pecorelle indisciplinate che devono tornare all`€™ovile: non può spiazzare chiunque intenda fare dialogo?

Io ho esordito dicendo che l`€™ecumenismo implica un affidarsi alla volontà  di Dio, rispettando la propria personalità . Non si può allora discutere sui paletti, perché ognuno procede con la propria identità . Vorrei però sottolineare che il documento non usa mai il termine «Papa», ma «Pietro», vale a dire che non dà  per scontata l`€™identificazione di Pietro con il papato storico. Il Pontefice stesso, nell`€™enciclica ecumenica Ut unum sint del 1995, ha invitato a discutere sul papato, distinguendo la sostanza biblica dall`€™esercizio storico. In questo modo ha offerto un criterio che invita a cercare una forma storica del primato del Papa, che corrisponda alla volontà  di Cristo per tutte le Chiese.

In merito alla pienezza, la Chiesa cattolica non ritiene di essere la sola unica vera Chiesa, ma la sola in pienezza: vale a dire che le altre Chiese non vengono giudicate false, ma perfettibili. 

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Ecumenismo oggi

Vento di crisi

Come sta andando l`€™ecumenismo oggi, soprattutto dopo il gelo sceso nel dialogo tra Vaticano e Chiesa ortodossa russa? Lo abbiamo chiesto al teologo cattolico don Bruno Forte, al pastore valdese Paolo Ricca e al sacerdote ortodosso russo Vladimir Zelinskij. Ecco le loro risposte.

Aquasi un secolo dalla nascita dell`€™ecumenismo moderno, proviamo a tracciare un bilancio della stagione attuale, grazie all`€™aiuto di tre teologi, protagonisti del cammino ecumenico anche a livello internazionale: monsignor Bruno Forte, membro della Pontificia commissione teologica internazionale, il pastore valdese e storico Paolo Ricca e il sacerdote ortodosso russo Vladimir Zelinskij, docente di Lingua e civiltà  russa all`€™Università  cattolica e consulente del Segretariato per le attività  ecumeniche.

Msa. Quali sono oggi le ombre e le luci del cammino ecumenico, a suo parere?

Forte. L`€™ecumenismo ha conosciuto tre grandi fasi: la prima è stata quella dei pionieri. Inizia con la Conferenza delle società  protestanti a Edimburgo, nel 1910, dove si partì dalla necessità  di non annunciare divisi il Vangelo dell`€™unità . Questa fase raggiunge la Chiesa cattolica, che entra in pieno nel dialogo ecumenico con il Vaticano II e la costituzione dell`€™allora Segretariato per l`€™unità  dei cristiani.

Si inaugura così la seconda fase, quella delle grandi speranze: sembrava la stagione dei frutti, ma non è stato così. Le tre decadi seguite al Vaticano II sono state di grande dialogo teologico ma anche di constatazione, a volte amara, a volte pessimista, delle effettive difficoltà  di ritrovarsi su temi fondamentali. La fase attuale la chiamerei dell`€™effettiva maturità  del cammino ecumenico: la passione degli inizi non è spenta, ma c`€™è anche una maggiore consapevolezza di quelli che sono i nodi ancora non sciolti. E i nodi non riguardano la fede fondamentale in Gesù Cristo, come dimostra la dichiarazione comune luterano-cattolica sulla giustificazione. La vera questione è l`€™ecclesiologia: la differenza nel modo di concepire la Chiesa, la struttura di mediazione, che Cristo stesso ha voluto tra l`€™umano e il divino. Su questo punto il dialogo dovrà  continuare, andando alle fonti comuni.

Questa fase in alcuni porta delusione, sembra che le grandi speranze siano state tradite e che le incomprensioni siano più forti dei tentativi di incontro. L`€™ecumenismo, a quasi un secolo dalla sua nascita, si dimostra sempre più un frutto della speranza teologale, più grande di tutte le delusioni e le lentezze della storia.

Zelinskij. Dal mio punto di vista, di ortodosso russo che abita in Italia, l`€™ecumenismo si trova a un bivio in un doppio senso: dopo il cammino fatto dalle comunità  cristiane nel XX secolo, soprattutto dopo il Vaticano II, siamo arrivati al riconoscimento reciproco come cristiani e a quello del sacramento del battesimo. Questo processo è rallentato per due motivi diversi: per il processo della secolarizzazione, che si svolge in modo più spontaneo e quasi naturale nel cristianesimo occidentale, e per la tentazione dell`€™integrismo e del nazionalismo che minaccia le Chiese ortodosse soprattutto dopo la liberazione dal comunismo.

Se le Chiese ortodosse a volte rifiutano il dialogo per l`€™intransigenza della loro fede e vedono nel cammino occidentale una deviazione dalla vera tradizione, le Chiese in Occidente accettano il dialogo piuttosto come manifestazione del rispetto del diritto di ciascuno ad avere le proprie convinzioni. È una cosa bellissima per la vita civile ma un po`€™ superficiale per quella religiosa.

Il vero dialogo, a mio parere, deve tornare alla sorgente della fede comune, non solo alle sue formule dogmatiche, ma al mistero di Cristo, vissuto insieme prima nello spirito comune, nell`€™azione comune, poi nei sacramenti e nella realtà  ecclesiale.

Ricca. Ci sono segnali contrastanti: laddove l`€™ecumenismo viene promosso, trova eco, avanza e convince, diventa una parola d`€™ordine e non ci sono obiezioni di peso. In generale, direi che a livello di popolo cristiano, di comunità  di base, c`€™è un`€™apertura maggiore di quanto ci sia in alto. La salute è buona laddove è moneta spesa, ma di fatto resta ancora un discorso di minoranza. A parte le proclamazioni ufficiali e la settimana di preghiera per l`€™unità  dei cristiani, che sono in calendario, non so fino a che punto l`€™ecumenismo sia praticato.

È un po`€™ come il Natale, l`€™eccezione che conferma la regola. E la regola è che non è una pratica quotidiana. Se penso alla realtà  italiana mi sembra che manchino delle iniziative comuni che durino nel tempo, penso a delle evangelizzazioni comuni, delle azioni bibliche. Bisognerebbe abituarsi a fare insieme ciò che tradizionalmente si fa da soli. Adesso ciascuno è sufficiente a se stesso, e questo è il limite maggiore: pensare che possa essere cristiano senza l`€™altro.

Dopo le speranze suscitate dalla Carta ecumenica lo scorso anno, la recente vicenda delle diocesi cattoliche in Russia ha creato un nuovo gelo nel dialogo ecumenico. E Mosca ha accusato Roma di proselitismo. Cosa ne pensate?

Zelinskij. Sono appena tornato da Mosca. Ho visitato le piccole librerie di tante chiese e dappertutto ho trovato gli opuscoli o gli articoli polemici verso i cattolici. Per dire la verità , questa polemica fa parte della reazione antiliberale e antioccidentale, abbastanza forte a Est, perché una parte della Russia si sente vittima dell`€™invasione venuta dall`€™Occidente. Invasione economica, culturale, ecc., ma anche ecclesiale. La situazione è veramente grave, non è un`€™influenza destinata a passare, ma una malattia cronica che avrà  le sue ricadute.

Per capire la crisi dell`€™ecumenismo attuale, oltre i problemi storici o politici, bisogna anche ricordare che la Chiesa cattolica e quella ortodossa hanno due ecclesiologie diverse: la Chiesa cattolica si sente a casa sua dappertutto sul pianeta terra, invece la Chiesa ortodossa è legata al principio antico e apostolico del territorio. Questa potrebbe essere la vera base per il dialogo teologico, ma per ora serve solo all`€™incomprensione reciproca. Le due Chiese non si capiscono davvero.

L`€™Occidente non capisce questo sentimento e non lo sente. Invece noi, ortodossi, non abbiamo ancora ben capito che la libertà  e la mondializzazione distruggono i confini, che gli spazi sacri o confessionali spariscono e il matrimonio «territorio-fede», concluso tanti secoli fa, non è più indissolubile.

Non mi stupisco che ci siano tanti cattolici russi, come non trovo niente di strano che gli ortodossi americani, francesi, inglesi, italiani siano in crescita. Siamo davanti alla grande sfida del nuovo universalismo cristiano che porta in sé l`€™appello all`€™unità , ma anche alla libera competizione.

Quanto al proselitismo, io, francamente, non credo a quel discorso sul «furto delle anime». Prima di tutto, perché le anime sono già  adulte e possono decidere da sole se vogliono essere rubate o no. La Chiesa ortodossa ha risorse spirituali, liturgiche, culturali enormi, ricchissime per fare dei «pescatori di uomini» e se siamo pescatori pigri, il problema è tutto nostro. Certo, la Chiesa cattolica ha più esperienza nella missione, di quella ortodossa. Possiamo, però, imparare anche noi questo mestiere. E un giorno la predicazione del Vangelo e l`€™azione comune potrebbe essere l`€™oggetto principale del dialogo. Per ora, invece, anche se la Chiesa cattolica ne parla sempre, alla fine cura i suoi interessi. E gli ortodossi fanno la figura un po`€™infantile di sentirsi offesi.

Forte. Anche se ortodossia e cattolicesimo sono più vicini da una punto di vista dottrinale, le difficoltà  emergono con punte molto forti proprio con l`€™ortodossia. Questo si spiega con il fatto che in Oriente storicamente l`€™ortodossia è stata segnata da una sorta di relazione-identificazione con la cultura e le sue espressioni storico istituzionali. In altre parole, come in Grecia l`€™ortodossia ritiene che essere greco significhi essere ortodosso, così è in Russia. È l`€™idea dell`€™autocefalia che viene spinta fino a una sorta di identificazione anche con la cultura e l`€™espressione politica di questi Paesi.

I processi di secolarizzazione che investono il mondo intero porteranno a ritenere come naturali le distinzioni tra un potere politico-istituzionale e l`€™espressione religiosa di una società . Ma oggi sono un grande ostacolo. Da questo punto di vista, mi sembra sia importante che la Chiesa cattolica, con una presenza onesta e discreta, fedele alle necessità  che le circostanze richiedono, aiuti i fratelli ortodossi ad affrontare le sfide della secolarizzazione che inevitabilmente il cambiamento epocale in atto porterà  anche per essi.

La Chiesa cattolica ha un bagaglio di esperienza che potrà  essere di aiuto. E, dunque, paradossalmente proprio la presenza istituzionale della Chiesa cattolica in Paesi di antica fede ortodossa, potrebbe costituire un ponte di dialogo per maturare una collaborazione e affrontare insieme la vera grande sfida che per entrambi è la secolarizzazione e l`€™ateismo pratico.

Ricca. La Carta ecumenica è importante per la sua stessa esistenza: anche se non è vincolante, non importa. Le Chiese si sono impegnate di fronte a testimoni a rispettare 26 impegni. Il problema è che bisognerebbe evitare le brutta abitudine della retorica, il dire e non fare, che era l`€™accusa che Gesù faceva ai farisei.

In Italia mi sarei aspettato che dopo la firma nascesse una Commissione mista che facesse delle proposte concrete alle Chiese, dando loro dei compiti. E invece nulla. Quanto al gelo tra il Vaticano e Mosca mi sembra che questa vicenda riveli le difficoltà  ad abbandonare la linea confessionale a vantaggio di quella ecumenica. Due realtà  hanno affrontato la cosa in modo diverso dal Vaticano: il cardinale Martini ha mandato una delegazione a Mosca e ha chiesto in che modo potevano dare una mano al patriarcato. Lo stesso ha fatto la Chiesa evangelica tedesca. Due Chiese cristiane, diverse, che hanno seguito la stessa procedura prendendo sul serio la Chiesa sorella.                                             

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017