Il dialogo oltre la diversità

La parrocchia della comunità italiana di Ludwigshafen am Rhein celebra mezzo secolo di vita tra fede, cultura e crescita sociale.
11 Settembre 2012 | di
Il 20 maggio 1962 il vescovo di Speyer, Isidor Markus Emanuel, inaugurò la missione cattolica italiana di Ludwigshafen. La cerimonia si tenne in un edificio sacro d’emergenza che, per anni, avrebbe sostituito il tempio dedicato alla St. Dreifaltigkeit distrutto dai bombardamenti aerei durante il secondo conflitto mondiale. Fu così che germogliò la prima «parrocchia per emigranti» del Palatinato e della diocesi di Speyer, nel quartiere di Hemshof che, già sul finire degli anni Sessanta, contava diverse migliaia di Gastarbeiter («lavoratori ospiti», come venivano chiamati i lavoratori stranieri che, dal 1950 al 1970, si recavano in una Germania alle prese col boom economico, ma priva di manodopera) provenienti dall’Italia.


Mezzo secolo dopo, la comunità italiana della «città della chimica» – in cui oggi risiedono circa 6 mila cittadini di origine italiana – si è ritrovata per festeggiare un avvenimento che è memoria di fede, cultura e sviluppo sociale per quanti, nelle fabbriche e nei cantieri di questa città, hanno trovato concrete prospettive di vita e di speranza. Il vicario generale Franz Jung ha ribadito che «la prima generazione di emigranti ha provato, in prima persona, quale sostegno possa dare la fede quando si è lontani dalla patria, immersi in una diversa cultura». Don Luciano Donatelli, giunto a Ludwigshafen nel 1973 e responsabile della locale Comunità cattolica italiana San Giovanni Bosco, ha aggiunto: «Questo giubileo rammenta la continua e assidua ricerca del dialogo».
 
Chimica targata Italia
Ludwigshafen sorge sulla riva sinistra del fiume Reno, di fronte a Mannheim. Fondata verso la metà del 1800, con 160 mila abitanti è il secondo centro del Land Renania–Palatinato. Mannheim invece, con i suoi oltre 300 mila residenti è la seconda città del Baden–Württemberg. L’antica presenza italiana in quest’area, documentata in ogni epoca, risalta in modo particolare tra il Seicento e l’Ottocento. A Ludwigshafen si segnala la famiglia Giulini, originaria di Torno (Como). Essa si afferma per il dinamismo nel settore chimico. A metà del XIX secolo, i fratelli Giulini avviano con successo l’avventura dell’ancora giovane industria chimica tedesca, una realtà che caratterizza ancora oggi il territorio di Ludwigshafen e Man­nheim. Basti citare la multinazionale Basf, una delle maggiori industrie chimiche mondiali che impiega, a partire dagli accordi bilaterali del 1955, centinaia di Gastarbeiter provenienti dall’Italia e da altre nazioni del Mediterraneo. Nel 1960 vi lavoravano 639 italiani, nel 1975 erano il doppio.

Le comunità italiane di Mannheim (diocesi di Friburgo) e di Ludwigshafen (diocesi di Speyer), con i relativi centri sparsi nella regione, vengono assistite, anche se non regolarmente, da padre Casadei e padre Ridolfi sino alla fine degli anni Cinquanta. Il 12 aprile 1960, a Mannheim giunge l’infaticabile don Antonio Mattalia, originario del cuneese. La sua attività si svolge da Mannheim a Ludwigshafen, da una riva all’altra del Reno. L’instancabile don Mattalia fonda anche, proprio a Mannheim, la sede locale della missione cattolica italiana, le cui attività pastorali e assistenziali per migliaia di italiani delle due diocesi proseguono fino al 1962, quando giunge don Francesco Jacono, da Forio (Napoli), con l’incarico di seguire i quasi 7 mila immigrati italiani del Palatinato. A quegli anni risale il centro di Helmshof, dove vennero creati spazi per il tempo libero, la lettura e i corsi serali, la proiezione di film in 16 mm in lingua italiana, l’assistenza religiosa e sociale.
 
Anni Sessanta, boom di presenze
La presenza italiana, a Ludwigshafen, nel 1964 tocca le 3.341 persone, arrivando due anni dopo a quasi 5 mila. È il periodo in cui molti nuclei familiari si ricongiungono e viene avviata un’attività di sostegno a famiglie, bambini e giovani. Dopo la partenza di don Jacono per la Francia, le attività della missione vengono condotte da don Giordani, don Cavenati e don Marcianò.
Dal 1973, è don Luciano Donatelli il responsabile della Comunità cattolica italiana San Giovanni Bosco, ubicata nella Hemshofstrasse, e dei 14 mila italiani sparsi nel Palatinato e nella diocesi di Speyer. Don Luciano è un’«istituzione» nel quartiere e nella città, una qualifica che gli viene riconosciuta dai media e dalle istituzioni laiche e religiose.

Il sacerdote veronese è una miniera di ricordi per il cinquantesimo anno di vita della parrocchia, «piccolo universo» sorto nel 1962 per la «cura pastorale, caritativa e sociale» degli immigrati giunti dall’Italia, occupati per la maggior parte presso la Basf. Se questo stabilimento offriva una sicurezza economica, la missione italiana divenne un indirizzo di riferimento non solo religioso e culturale, ma anche di grande utilità per risolvere problemi come la ricerca di un alloggio, il ricongiungimento famigliare e i rapporti con le istituzioni locali. Si trovarono, inoltre, soluzioni per superare difficoltà legate alla frequenza scolastica, con la creazione di due scuole materne e di un doposcuola per facilitare il percorso scolastico e l’apprendimento dell’idioma tedesco, superando così il gap linguistico e riconoscendo alla lingua la funzione di «grimaldello» per l’integrazione.
Era l’epoca in cui nella missione cattolica italiana «si offriva, oltre all’assistenza religiosa, un servizio culturale e sociale, anche con consigli di carattere giuridico», completa don Luciano.
Il gruppo etnico italiano di Ludwigshafen è diventato, nei decenni, una «comunità nella comunità», come suggerisce don Luciano. I festeggiamenti per il cinquantenario sottolineano l’importanza dell’Associazione famiglie italiane, fondata più di trent’anni fa, il cui presidente, Giuseppe Rofrano, ha sempre cercato la collaborazione con le associazioni tedesche, in particolare con il Kab (Movimento lavoratori cattolici).

Don Luciano sottolinea la continuità di una pastorale che si è sviluppata senza interruzioni per mezzo secolo. «Oggi – racconta – ritrovo i bambini che battezzai molti anni fa o che preparai alla comunione. Sono loro adesso ad accompagnare i figli ai sacramenti». E puntualizza che «la collaborazione tra sacerdoti di lingua tedesca e italiana è eccellente, come tra i credenti delle due culture». La testimonianza proveniente dalla comunità italiana di Ludwigshafen documenta, inoltre, che «l’unità nella diversità», sia nel sociale che nella fede, è un lungo cammino da percorrere insieme.
Oggi la presenza italiana a Ludwigshafen è tra gli elementi economici e culturali più importanti per la città e la regione. Non solo «memoria» di un’epoca che ha portato a straordinari cambiamenti, ma testimonianza, conclude don Luciano, di «una comunità che mai si è isolata e sempre ha cercato il dialogo».
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017