Il diritto a non emigrare
È significativo che il messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale 2013, rivolta a quanti per diverse ragioni vivono l’esperienza migratoria, definisca il fenomeno come un «pellegrinaggio di fede e di speranza». Anche se la disoccupazione sta coinvolgendo alcuni Paesi europei e il percorso per la realizzazione degli obiettivi annunciati dal rieletto presidente degli Stati Uniti (riduzione del deficit, riforma fiscale, regolazione dei flussi migratori e riforma sanitaria) si preannuncia in salita, è radicata la speranza che in alcuni settori – come quello delle migrazioni – si stia aprendo una fase nuova. Anche noi ci sentiamo coinvolti, certo a causa del patrimonio di memorie degli esodi del passato, ma poi soprattutto a motivo della globalità del fenomeno, che attende analisi e risposte tanto dalle società di partenza quanto da quelle di arrivo dei migranti. I milioni di italiani residenti nei cinque continenti, con lavoro e professionalità gratificanti, sono i migliori testimoni dei nuovi contesti multietnici e multiculturali in cui sono inseriti. In alcuni Stati persistono forti attese per l’approvazione di interventi sociali, per più celeri concessioni della cittadinanza e per la stipula di accordi bilaterali in materia previdenziale. Emergono inoltre le nuove problematiche legate alla fuga dei cervelli – a volte elementi di punta di un popolo – che obbligano anche Stato e aziende italiane a investire per, almeno, arginare il fenomeno.
Nel suo messaggio, papa Benedetto sollecita Stati e istituzioni a rivolgere attenzione anche a quanti intraprendono «viaggi di speranza» senza sicurezze e sospinti da aberranti e disumani traffici. Sono fughe motivate da situazioni di povertà endemiche; da violenze e guerre che tolgono libertà e prospettive di vita. E troppo spesso, raggiungendo un Paese che li accoglie, questi migranti trovano solo assistenze provvisorie senza programmi sociali che li aiutino a integrarsi nel territorio, ricostruendo con forza e tenacia la loro esistenza, pur a fronte delle inevitabili difficoltà. Gli oltre cinque milioni di migranti regolari presenti in Italia ci offrono dati positivi sul loro inserimento. Due milioni e mezzo hanno già una fissa occupazione in mansioni spesso rifiutate dagli italiani. Sono impegnati nei settori edile, marittimo, sanitario, agricolo, nell’assistenza familiare e nel mondo dello sport, ma sono anche (l’8 per cento) titolari d’azienda. «Oggi possiamo dire che cala il sipario su una stagione della nostra storia che troppo spesso ha guardato all’immigrazione come a una sorta di invasione barbarica», ha affermato di recente Andrea Riccardi, ministro italiano per la Cooperazione internazionale e l’integrazione.
«Il diritto a emigrare è iscritto tra i diritti umani fondamentali», sottolinea nel suo messaggio Benedetto XVI. Ma «nel contesto socio-politico attuale, prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare». Un obiettivo, questo, che dovrebbe coinvolgere i Paesi d’ogni continente con appropriati interventi di collaborazione e investendo sulla formazione e tutela dei cittadini più a rischio.
Il messaggio ci offre, dunque, una visione positiva sugli aspetti della mobilità e delle migrazioni; ma è anche un forte richiamo affinché il «pellegrinaggio di fede e di speranza» di quanti oggi emigrano non si trasformi in un «calvario per la sopravvivenza», a causa del disinteresse e dell’incapacità dei politici di rispondere alle loro emergenze.