Il Duomo che ha sfidato i terremoti. L’orgoglio di Gemona

03 Marzo 1999 | di

Il Duomo dedicato a Santa Maria Assunta mostra l' intensità  della fede che ha sempre animato i gemonesi del Friuli e quelli emigrati, che si sono ritrovati uniti nella salvaguardia del proprio patrimonio artistico.

Gemona
La storia della terra friulana è stata segnata da ricorrenti disastri e calamità  naturali che hanno ferito il cuore e la vita di gente sobria di parole, ma alacre e solidale nei fatti. L' ultimo terremoto del 1976, poi, aveva gravemente compromesso gran parte del patrimonio artistico e culturale di molte città  friulane. Tra queste, particolarmente colpita fu Gemona del Friuli. Accoccolata alle pendici del Glemine, la città , posta a 270 metri circa sul livello del mare, ha sempre dovuto misurarsi con la minaccia di frane e con le devastazioni provocate dai terremoti. All' opera della ricostruzione, oggi completamente realizzata, hanno concorso tutti i friulani, anche quelli emigrati all' estero. Già  nei primi giorni dopo la catastrofe del 1976, infatti, si assistette a una esemplare e capillare gara di generosità  da parte dei concittadini residenti all' estero; tutti vollero concorrere direttamente - con l' offerta di manodopera o con l' invio di fondi - al recupero e alla ricostruzione non solamente di fabbriche e case, ma anche di edifici sacri e di monumenti artistici.

Ai primi soccorritori, il paese si presentò drammaticamente compromesso. Il campanile del Trecento era stato completamente raso al suolo; il duomo, il pi? insigne monumento artistico gemonese, era gravemente danneggiato: molte delle cappelle laterali alla navata centrale erano crollate, i dipinti e gli affreschi rimasti al loro posto erano stati feriti da brecce e incrinature, il       timpano del protiro non c' era pi?, e dei quattro angeli posti in facciata, solamente uno era rimasto al proprio posto. Anche delle case circostanti era rimasto poco.

Oggi, invece, al visitatore che incontra la città , appare evidente la cura e l' affetto verso luoghi sacri e opere artistiche che sono diventate patrimonio inscindibile dell' identità  culturale gemonese.

Un' antica presenza cristiana
La fede cristiana giunse in queste terre fin dai primi secoli della nuova era, quando la città  doveva essere certamente un importante ganglio di collegamento tra l' Impero romano e le genti nordiche. Prova essenziale di questo atavico radicamento della tradizione cristiana è certamente la vasca battesimale, oggi divenuta un altare, che fu ricavata da un' ara funeraria romana. Altro elemento importante che testimonia la presenza cristiana in terra gemonese, è dato dalla croce longobarda che a tutt' oggi è incastonata sopra il portale maggiore della facciata della chiesa. L' attuale dimensione del Duomo non rispecchia l' originale costruzione, che doveva essere certamente pi? modesta e corrispondente, verosimilmente, a una parte dell' attuale area della navata centrale.

Fu verso la fine del XII secolo che maestro Giovanni apportò significativi interventi di ampliamento e di abbellimento. A testimonianza dell' epoca romanica, rimangono degli affreschi raffiguranti un santo monaco, un vescovo e due oranti e un san Cristoforo. Maestro Giovanni, intervenendo per un sostanziale restauro dopo il terremoto del 1278, realizzò sulla facciata, sopra il portale centrale, una lunetta che riproduce la scena del Giudizio universale, dove il Cristo misericordioso è affiancato dalla Vergine e dal Battista in atteggiamento supplice. Egli aveva poi realizzato un Agnus Dei che ancora oggi si trova posto sul timpano del protiro, e altri bassorilievi (la figura di Abele e Caino, i simboli degli evangelisti sovrastati da un Cristo benedicente, la Crocifissione, la Madonna con il Bambino tra san Giovanni evangelista e sant' Antonio abate) che sono stati successivamente collocati sulle pareti laterali del Duomo. Una stupenda teoria degli apostoli, un tempo inserita nel presbiterio, si trova ora collocata sulla facciata, al di sotto della galleria dei Magi.

Sulla facciata del tempio sacro s' impone una gigantesca icona scultorea di san Cristoforo: il bassorilievo, opera di un altro famoso maestro, Giovanni Griglio, al quale fu affidato il restauro della chiesa nel 1327, voleva infondere sicurezza e protezione ai numerosi viandanti e mercenari che passavano per Gemona. Il Maestro Griglio rivide l' impostazione della facciata, inserendo un imponente gruppo scultoreo dell'Epifania, che illustra il corteo e l' adorazione dei Magi e il sogno premonitore dei Re, quando un angelo li esorta a non ripassare da Erode.

A sovrastare il bassorilievo s' impone il grande rosone del maestro Buzeta, realizzato nel 1334-36, completato da due rosoni minori laterali. L' opera, che nel suo rincorrersi di arditi ricami di pietra, sembra raccogliere ogni riflesso di luce, è giudicata dai gemonesi come «il pi? bel rosone del mondo». Anche l' interno della chiesa, che si sviluppa su tre navate collegate da archi gotici e concluse da volte a crociera, custodisce una infinità  di segni e di opere che parlano dell' alto senso religioso della città .

Oggi, a testimoniare emblematicamente l' indissolubile connubio tra fede e vita, rimangono il quattrocentesco Crocifisso, recuperato irrimediabilmente mutilato dalle macerie dell' ultimo terremoto, che viene custodito nella prima cappella della navata destra, e la tela dell'Assunta, opera di Eugenio Pini (XVII secolo), che si trova nella cappella della Pietà , che fu un tempo la cappella della SS. Trinità .

Il Giubileo per riscoprire la fede
La tenacia e la celerità  con cui da ogni parte ci si è mossi alla ricostruzione, testimoniano la consapevolezza, particolarmente vivace tra gli emigrati, che non vi è futuro se si dimenticano o semplicemente si trascurano le radici o le fonti da cui si proviene e, tra queste, il patrimonio artistico. Per questa ragione, in vista del Giubileo del 2000 la Chiesa friulana, e quella gemonese in particolare, si stanno accingendo ad intraprendere un nuovo cammino di recupero della fede. Nulla di straordinario o di eccezionale: semplicemente un impegno maggiormente consapevole per riscoprire la propria fede, che molte volte giace sommersa sotto le macerie delle nuove esigenze imposte dalla società  contemporanea.

«Noi vogliamo vivere il Giubileo - dice monsignor Lucio Soravito, vicario episcopale per la Pastorale della diocesi di Udine e collaboratore della nostra rivista - cercando di mettere il popolo in missione. Si stanno formando a questo scopo degli animatori che andranno di casa in casa, per creare gruppi biblici e centri di ascolto. Vorremmo raggiungere tutti, anche quanti si sono allontanati dalla fede. Vorremmo che si avesse pi? coraggio per parlare della propria fatica di credere. Vorremmo che il nuovo millennio ci trovasse pi? aperti al dialogo e al confronto, anche tra credenti e non credenti.».

Oltre a queste iniziative, la diocesi di Udine incoraggia la via del pellegrinaggio, quale percorso privilegiato per la riscoperta della fede. E Gemona è annoverata tra le mete particolarmente suggerite. La nuova sfida che aspetta la città  gemonese appare particolarmente esigente.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017