Il Fusionismo di David
È sempre difficile riuscire a interpretare la personalità di un poeta, di uno scrittore e, forse, ancor più, di un pittore o di un artista. Tentare di interpretare i segni, i colori che un pittore ha fissato su una tela, su una tavola, su una parete, significa accettare la sfida di lasciarsi mettere in discussione, di interrogarsi dentro, di cercare ciò che non è immediatamente evidente.
Significa, in altre parole, essere disposti a sognare con i suoi sogni, a viaggiare catturati e affascinati dalle tracce dei colori, delle luci e delle ombre che l'artista ha seminato, pronti a seguirlo nella sua ricerca dell'ineffabile. Per il pittore, ogni tratto di pennello, anche il più fragile, il più apparentemente trascurato, svela una superiore, profonda, intensa nostalgia d'assoluto.
La teoria del FusionismoIvo David, nato nel 1934 a San Leucio del Sannio (Benevento), ha vissuto la sua infanzia a San Nicola Manfredi dove il padre aveva un studio d'arte. Incoraggiato a seguire le orme paterne, frequentò l'Accademia di Belle Arti di Napoli, dove, alla scuola dei maestri Renato Bardone, Gustavo Lo Russo e Filippo Tintoretto, maturò una propria filosofia artistica.
Nel 1956 definà il suo «Manifesto del Fusionismo» che condivise esclusivamente con pochi amici. Ma fu proprio sull'onda di questa originaria intuizione che si andò definendo e caratterizzando tutta la sua produzione pittorica. Prima di trasferirsi negli Stati Uniti, nel 1962, per riunirsi con la sua famiglia, si dedicò all'insegnamento e lavorò come scenografo al Teatro San Carlo di Napoli, senza trascurare di coltivare la sua vena artistica. In questi anni partecipò anche a numerose mostre pittoriche nella sua Campania e a Parigi. Nel 1964 realizzò la sua prima mostra in America, presso la Galleria Crespi di New York. A questa ne seguirono altre non solo nello Stato di New York, ma anche nel New Jersey, dove aveva fissato, nella città di Union, la propria residenza. Oltre all'insegnamento, egli coltivò numerose collaborazioni con diverse riviste, soprattutto con La Follia di New York.
La sua identità pittorica si alimenta e si caratterizza intorno alla sua iniziale intuizione artistica: il Fusionismo. Non si tratta di un'eclettica teoria, quanto, più semplicemente, di un'attenta ed elaborata ricerca di impasti cromatici e di immagini metaforiche che consentono di inseguire esigenti ideali di libertà e di verità . Egli tenta di leggere la condizione umana e sociale percependone l'ineludibile dimensione escatologica e la profonda tensione al superamento del contingente.
David, partendo da una descrizione del reale che esprime spesso con colori forti e impulsivi, punta a far emergere la dimensione trascendente che la realtà stessa custodisce. Egli ama comporre insieme dimensioni apparentemente contrastanti, volendo far percepire i loro punti d'incontro e di coesistenza. Sogno e realtà , surreale e biologico, moderno e classico, sacro e profano, nella sua pittura, non sono mai lontani o disgiunti.
Libertà con ragione
Per Ivo David l'arte è quasi al di sopra del reale, e la vita stessa diventa, quasi per assurdo - e come ebbe a dire il poeta Jorge Luis Borges - «una metafora della letteratura». Senza il colore dell'arte, per il pittore italo-americano, la vita rischierebbe di appiattirsi sul banale, perderebbe mordente, smarrirebbe l'orizzonte e verrebbe meno la sua dimensione trascendente.
La ricerca dell'artista non punta solo a scoprire nuove forme o inediti impasti di colori, ma soprattutto persegue la «libertà con la ragione», s'impegna nell'interpretazione dell'universo e del quotidiano vissuto. Il Fusionismo di David vuol essere un inno alla libertà , un fermento vivace capace di far fermentare l'idealità e la dimensione onirica dell'uomo.
Ideale e reale, classico e moderno, sogno e ragione sono chiamati a fondersi insieme sotto la forza evocativa dei giochi cromatici tracciati dall'artista beneventano. Le sue immagini, i suoi soggetti subiscono frequentemente delle contorsioni somatiche, che servono all'artista per esprimere la sofferenza della condizione umana e, al contempo, per esaltare la gioia di vivere o la magia inafferrabile dei paesaggi e degli elementi naturali.
La realtà viene scomposta nei suoi elementi primordiali per essere poi ricomposta e trasportata in una più ampia dimensione onirica, sino a raggiungere spazi capaci di dilatare questa «aiuola - come scrisse Dante - che ci fa tanto feroci» e più favorevolmente adatti a collocare le aspirazioni umanistiche e artistiche a livelli universali.
Nell'ammirare la forza rappresentativa ed espressiva dei suoi colori, l'abilità con la quale compone i suoi giochi di chiaroscuro, le espressioni vitali e dinamiche dei suoi personaggi, l'energia potente e armoniosa delle luci e delle ombre lasciano intuire le fonti e i punti di riferimento cui ha attinto Ivo David: Rembrandt, Chagall, Gauguin, Dalà, Modigliani, De Chirico, Guttuso e, in modo assai evidente, Van Gogh sono i suoi maestri. Da questi artisti il pittore italo-americano ha assimilato la purezza tradizionale delle linee, la consapevole e curata teatralità dei movimenti, la capacità di utilizzare in modo sobrio e preciso la varietà dei colori.
I soggetti preferiti
È certamente sintomatico che l'artista beneventano trovi i suoi riferimenti ispiratori proprio nei libri sacri e nelle più importanti opere della nostra letteratura italiana. «Nelle mie opere - dice David - il sacro gode di uno spazio davvero ampio. La Bibbia offre innumerevoli spunti e al loro richiamo non ho saputo resistere. Specie a quelli del Vangelo. E ho dipinto Il buon samaritano, La crocifissione, La deposizione della croce, Le pie donne, Il cireneo. I soggetti religiosi formano l'anima della mia arte».
Non a caso, infatti, Ivo David si è concentrato sulla Divina Commedia e, in particolare, sui principali soggetti religiosi presenti nell'opera dantesca. Grazie a Dante, che il nostro pittore ha studiato attentamente avvalendosi dei più esperti critici letterari (Croce, Gentile, De Sanctis, Paratore, Momigliano), egli ha imparato a trovare la via che lo ha accompagnato progressivamente all'incontro con Dio e con l'uomo - il prossimo - immagine del Creatore.
Nei quadri dove vengono rappresentati personaggi danteschi, David affronta, con pennellate e colori impulsivi e passionali, i temi etico-filosofici trattati dal poeta fiorentino nelle sue cantiche. La sua poesia imprime alla pittura di Ivo David un carattere cromatico forte, icastico e, al tempo stesso drammatico.
«Nulla di più sfolgorante può accadere - scrive Rosanna Masone Beltrame, commentando il dipinto La preghiera di san Bernardo alla Vergine , - se un poeta sa calarsi totalmente dentro la parola di un altro poeta, fino a raggiungere la sua anima, fino a cogliere il suo vissuto, a percepire gli incredibili contorni del suo mondo spirituale». Ivo David, con le sue opere, con i suoi cromatismi, con i suoi personaggi sembra riuscire ancora a parlare all'uomo contemporaneo cosà troppo frettoloso e distratto per vedere, per sentire, per entrare in se stesso.